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giovedì 21 marzo 2024

Grotte del Qalamoun. La storia di una civiltà raccontata dalle rocce.

 


Agenzia siriana SANA 03/12/2024


Traduzione di Maria Antonietta Carta




Nella regione montuosa del Qalamoun e in particolare nella città di Yabroud, a nord di Damasco, si trovano numerose grotte che conservano testimonianze di diverse epoche e che hanno svolto un ruolo importante nella storia della civiltà siriana. Habitat per gli uomini e rifugio sicuro per gli animali in altri tempi, esse sono oggi siti importanti per il grande valore culturale, ma anche attrazione turistica per il loro fascino.

Il direttore delle Antichità della provincia di Damasco, Jihad Abu Kahla, ha dichiarato al corrispondente dell’Agenzia SANA che le ricerche e gli studi effettuati dagli archeologi dimostrano che le grotte e i rifugi di Yabroud e la grotta di Qarnet Gharra a Saydnaya contenevano tutti i fattori della vita, compresi acqua e cibo.


Abu Kahla ha riferito inoltre che in epoca proto bizantina altre grotte divennero luogo di culto e rifugio per i perseguitati seguaci della nuova religione (i cristiani): la grotta di Santa Tecla a Maaloula, le grotte di Saydnaya, Ras al-Maara e le grotte di Darbol e Hina situate ai piedi del monte Hermon.

Mer'i al-Barade'i, ricercatore del patrimonio e degli affari storici e culturali di Yabroud, ha sottolineato che la maggior parte delle grotte naturali di Yabroud, nelle valli di Eskfta, Haraya, Machkouna e Qarina, con ingressi ampi e poco profonde, apparvero dopo il ritiro delle acque da quella regione, che era rimasta sommersa per più di un milione di anni.


Barbarah (1) Una leggenda siriana

Da "Fiabe Siriane" a cura di Maria Antonietta Carta, ed. Mondadori, 1997

La montagna gessosa su cui si aggrappano le case del villaggio di Maaloula (2) è spaccata da uno strettissimo canyon molto suggestivo. Chi lo percorre ha la sensazione che esso stia per richiudersi senza lasciare traccia del sentiero. A questo luogo è legata una leggenda.

Dopo la morte di Cristo, alcuni dei suoi apostoli giunsero ad Antiochia e la nuova fede cominciò a diffondersi in Siria. Intere colonie di monaci anacoreti stabilirono la loro sede nelle grotte che traforano il Qalamoun. In quel tempo, il governatore di Yabrud aveva una figlia che colpita da questa nuova dottrina si convertì e cominciò a propagarla. La famiglia, che adorava le divinità pagane (3), cercò invano di distoglierla da quelle pratiche e non riuscendoci finì per imprigionarla. La fanciulla trascorreva il tempo a pregare nella sua prigione, che aveva riempito di graffiti sacri, e non poteva più parlare con nessuno. C'era, però, un giovane che l'amava. Egli, un giorno, l'aiutò a evadere. Quando il governatore si accorse della fuga della figlia, ordinò all'esercito di inseguirla: «Bruciate la foresta e i campi di grano, se vi è nascosta morirà» disse. Era infatti estate e le alte spighe avevano offerto protezione ai due fuggiaschi. Inseguiti dal fuoco, essi si diressero verso Maaloula. Ma, all'improvviso, furono fermati da un ostacolo insormontabile. La montagna si ergeva, inaccessibile, davanti a loro! Allora, accadde il prodigio: il monte, miracolosamente, si aprì! I due giovani fuggiaschi poterono salvarsi attraverso quel varco che gli abitanti del luogo chiamano "Grano".

Ogni anno, a Maaloula si celebra una festa e per ricordare Barbàrah, la fanciulla cristiana, si cuociono grandi quantità di grano da offrire in suo onore.

Alla venerazione della santa sono legate alcune pratiche profane (tra cui cortei di giovani questuanti che accompagnano uno di loro mascherato, a personificare spesso un leone).

Esse suggeriscono un intento magico-rituale propiziatorio, e fanno pensare a un'origine precristiana del culto a Barbàrah. Tanto più che la vigilia della sua festa portava, fino a qualche decennio fa, uno strano nome: "notte della gatta", (Leila al bisseh in dialetto siriano) e in Siria sono state ritrovate iscrizioni che attestano l'antico culto a Bast, dea-gatta egizia identificata con Astarte, divinità fenicia della fertilità.

NOTE

1. Santa Barbara. 

2. In siriaco significa "ingresso". Era in origine un villaggio rupestre. Sorge nel Qalamun, propaggine orientale dell'Antilibano. Vi si trova una chiesetta del IV secolo, dedicata a San Sergio ex legionario romano martirizzato, dove (prima della devastazione delle orde jihadiste di AlNusra nel 2013) erano custodite preziose icone del XVII-XVIII secolo con figure sacre dai volti arabi. I suoi abitanti parlano ancora oggi la lingua di Cristo, l'aramaico.

3. Un cantico in onore di Barbàrah dice: «Suo padre il pagano che adorava le pietre».

mercoledì 19 giugno 2019

La sfida dei cristiani di Maaloula, che provano a rinascere dopo la devastazione

di Daniele Rocchi
S.I.R.  18 giugno 2019

Un villaggio gemellato con le sue rocce rossastre, quelle del massiccio al Qalamoun, mimetizzato come se ne avesse rubato i colori. Ti si apre davanti man mano che la strada sale fino a toccare i 1500 metri di altezza. Buche e crateri disseminati ovunque ti obbligano a una sorta di gimkana con la polvere che si alza ad ogni manovra di guida. Damasco è lontana solo 60 km, il confine con il Libano anche meno. 
È Maaloula roccaforte cristiana della Siria dove si parla ancora l’aramaico, la lingua di Gesù Cristo. Uno dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco, abitato da poche migliaia di cristiani che vegliano sulle sue chiese e monasteri come quello greco ortodosso di santa Tecla, discepola di san Paolo, e quello melkita del VI secolo Mar Sarkis, dei santi Sergio e Bacco. I due santuari rupestri sono uniti da una gola scavata nel corso di millenni da pioggia e vento. È qui, secondo la leggenda, che Santa Tecla avrebbe trovato rifugio dai suoi persecutori. Prima della guerra Maaloula era una meta di tanti pellegrini che da ogni parte del mondo ogni anno venivano a pregare tra queste montagne, in una delle culle del cristianesimo siriano.


Ferite ancora aperte. Oggi Maaloula è un villaggio che porta ancora addosso, chiari, i segni della guerra, ferite profonde inferte contro la comunità locale, sfregiata come le sue chiese, le sue icone, i suoi quadri, le sue statue. Qui si è combattuto per circa nove mesi, da settembre del 2013 a maggio del 2014. A ricordare quei lunghi giorni è padre Toufic Eid, parroco melkita della chiesa di san Giorgio. E lo fa dall’alto della grande roccia che sovrasta il villaggio, a ridosso del monastero dei santi Sergio e Bacco, dove non manca di pregare il Padre Nostro in aramaico:
“Maaloula era lo specchio della convivenza siriana – ricorda il sacerdote indicando il villaggio e le sue macerie -. Lo hanno voluto mandare in frantumi per dare un segnale forte. Militarmente e strategicamente Maaloula non aveva particolare importanza. Ma hanno attaccato un simbolo della cristianità, il luogo dove gli abitanti parlano ancora l’aramaico, la lingua di Gesù”.
La notizia della caduta di Maaloula in mano ai jihadisti fece il giro del mondo. Il villaggio fu conquistato e preso come base militare dai miliziani dell’allora Jabhat al Nusra (oggi Hay’at Tahrir al-Sham, ndr.), vicini ad Al Qaeda. Con loro, all’inizio, anche membri dell’opposizione armata del Free Syrian Army, che si erano accreditati come difensori dei cristiani locali. “Controllavano il villaggio dall’alto – spiega il sacerdote –. I terroristi, infatti, avevano occupato l’hotel al-Safir, divenuto il loro quartier generale arrivando a distruggere anche una statua della Vergine Maria, Signora della Pace, messa dai cristiani locali a protezione del villaggio”. L’hotel non esiste più, delle stanze nessuna traccia, solo una giostra piegata dalle bombe, piena di ruggine. Fu l’inizio della devastazione.  “Da quel momento in poi – aggiunge il parroco – furono solo distruzioni di case e di chiese, profanazioni, incendi, saccheggi, esecuzioni sommarie. Le suore di santa Tecla furono prese in ostaggio per circa 4 mesi. Lo stesso destino toccò a 6 giovani cristiani, cinque dei quali ritrovati poi morti. Del sesto, invece, non abbiamo più notizie. Non sono stati gli unici martiri di Maaloula”. 
Ma i ricordi del sacerdote non si fermano qui. Emerge anche un particolare “l’accanimento dei terroristi verso le immagini sacre: Le icone sono state tutte sfregiate, avevano paura di guardarle. Hanno sfregiato i volti dei santi, del Cristo, mandato in frantumi le statue. Hanno fatto a pezzi gli altari, le iconostasi, il fonte battesimale”. “Ma la cosa che mi ha colpito di più è stato il rogo dei registri dei battesimi. È come se avessero voluto azzerare la nostra fede, ma non ci sono riusciti, perché siamo ancora qui”, afferma con orgoglio padre Toufic.  Poco distanti i resti di una statua di san Giorgio posta nel cortile della chiesa omonima dove da poco è stata rimessa una statua di santa Rita da Cascia, “restaurata da uno dei nostri giovani purtroppo morto in guerra”. Arrivano dei bambini che sfidando una pioggia inattesa si mettono a giocare nel piazzale. Il parroco li guarda e sorride: “sono un segno di vita da preservare. Il futuro di Maaloula passa per loro”. È anche per questi piccoli che si danna l’anima per riparare i danni della guerra.  Cinque anni dopo essere stata ripresa dall’esercito regolare siriano, Maaloula oggi si presenta quasi disabitata: “la popolazione è fuggita e ancora non ha fatto ritorno. Le case hanno bisogno di essere rimesse in piedi velocemente. La comunità cristiana – dice il parroco – è composta adesso da circa 800 persone, poche rispetto alle oltre 3mila di qualche anno fa.  Abbiamo restaurato la chiesa e, grazie anche alla Chiesa cattolica italiana, rimesso in piedi 190 abitazioni. All’appello ne mancano ancora 130, per una spesa totale di un milione di dollari. Stiamo ricominciando da zero grazie all’aiuto di tanti benefattori sparsi nel mondo.  La priorità è dare un tetto a chi non ce l’ha più e trovare il modo di continuare a vivere.  Quest’anno ho celebrato solo un matrimonio, nessuno nel 2018. I battesimi si contano sulla dita di una mano. La vita qui è una grande sfida, sperare è una sfida. La ricostruzione delle abitazioni sta favorendo la ripresa del lavoro”.  Ne è un esempio “un piccolo ristorante che ha riaperto i battenti da poco”. Un buon viatico per qualche pellegrino “che timidamente si sta riaffacciando da queste zone ora pacificate. Lo scorso marzo – rivela padre Toufic – sono arrivati qui sei occidentali. Sono stati accolti da alcune famiglie che per pochi dollari hanno offerto loro un letto e del cibo. Era accaduto anche in passato ma poi la guerra ha impedito di proseguire nell’accoglienza. Ma speriamo di riprendere”.

Una speranza condivisa con l’archimandrita Matta Reza, priore della comunità delle suore ortodosse di Santa Tecla. I mesi passati nelle mani dei jihadisti che le avevano prese in ostaggio non hanno tolto il sorriso alle religiose che continuano la loro missione nel monastero “ripulito dal sangue dei combattenti, rimesso in piedi e reso di nuovo agibile”. “Si sono lasciate il passato alle spalle per avere pace nel cuore e per aiutare la gente a superare il momento. Guardano avanti nonostante tutto” afferma il priore che non esita a citare il passo evangelico di Luca, “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”. Non c’è tempo a Maaloula per guardare indietro. “Nonostante tutta la distruzione la luce del Sepolcro ci ha illuminato. Le porte degli inferi non si sono aperte. Per questo incoraggiamo le famiglie, le pietre vive di questa terra, a restare saldi nella fede”  ribadisce l’archimandrita Reza. Un attimo di pausa prima di riprendere il discorso per dire quello che non ti aspetti: "anche tra i jihadisti vi era gente buona, il bene è dappertutto":  “I nostri cristiani in fuga da Maaloula sono stati salvati dai musulmani dei villaggi confinanti. Ricostruire è possibile, lo stiamo già facendo. Siamo figli della vita e chi crede nella vita può farlo. Ogni parola buona, ogni gesto di pace contiene un germe di Dio”.  È quasi sera quando, uscendo da Maaloula in direzione Homs, sale il desiderio di lanciare un ultimo sguardo alla cima più alta, a quella roccia dove è tornata la statua di Maria, Signora della pace. A riportarla lassù sono stati cristiani e musulmani, insieme. 
Maaloula è tornata in buone mani.

giovedì 7 dicembre 2017

Ave Maria per le figlie di Homs

Dedichiamo l'Ave Maria in arabo alle vittime del vile attentato del 5 dicembre a Homs: l'esplosivo era sistemato sul pulmino del trasporto degli studenti! Qui alcune giovani cristiane, tra le 13 vittime: 


Assalamu alaiki, ya Mariam ya moumtalika neema al Rabbu maaki
Moubaraka anti bayna al nissaa wa Moubaraka samrat batniki Yassuah.
Ya eddissa Mariam ya walidat Allah
salli li aglina nahnou al khataa
alaan wa fi saat maoutina.
Ameen.


nelle immagini del video di RT la città di Homs dopo la battaglia, e la Vergine di Maaloula :
che Dio riceva in Cielo con la Sua Santa Madre le vittime ed abbia pietà dei persecutori

mercoledì 22 novembre 2017

Parla il parroco della città martire Maloula, padre Eid Tawfik: «Noi cristiani dobbiamo perdonare ma se i musulmani non riconoscono gli errori commessi non ci potrà essere riconciliazione»

di Leone Grotti

«Noi cristiani di Maloula dobbiamo perdonare, perché il perdono è il cuore della nostra fede. Ma per la riconciliazione questo non basta». Non c’è traccia di odio nelle parole di padre Tawfik Eid e non è scontato. Il parroco di Maloula, città martire siriana, si trova in Francia per un ciclo di conferenze e ha rilasciato una lunga intervista video a Tv Libertés. Padre Eid ricorda i giorni del settembre 2013, quando i jihadisti di Al-Nusra entrarono nella città, vicina a Damasco, e la conquistarono uccidendo tre cristiani (dichiarati martiri), sequestrandone altri sei (cinque sono stati ritrovati morti), distruggendo case, chiese e rubando preziose icone di santi. In quei giorni i musulmani si unirono ai jihadisti, rivoltandosi contro i vicini di casa cristiani e partecipando alle sevizie.

«VENUTI PER UCCIDERVI». La vicenda è drammatica. All’inizio delle proteste antigovernative, due terzi dei musulmani di Maloula hanno preso le parti del Free Syrian Army e si sono presentati come protettori dei residenti cristiani di fronte ai jihadisti di Al Nusra a condizione che i cristiani non si organizzassero in una milizia di difesa locale e facessero pressioni sui militari per rimuovere il posto di blocco che era stato istituito nei pressi del monastero dei Santi Sergio e Bacco. Cosa che poi è avvenuta, col risultato di consegnare alture e monastero a Jabhat al Nusra sin dal marzo 2013. In seguito i musulmani antigovernativi di Maloula hanno appoggiato le operazioni militari dei jihadisti o addirittura si sono uniti a loro. Su una parete del salone polifunzionale della parrocchia di San Giorgio, accuratamente razziato, si legge una grande scritta verniciata su di una parete: «Cristiani, alawiti, sciiti, drusi: siamo venuti per uccidervi».

LA RICONCILIAZIONE. Dopo che Maloula è stata riconquistata dall’esercito nel 2014, la vita in città sta lentamente tornando alla normalità. Tutto è da ricostruire, soprattutto i rapporti e la fiducia reciproca. «Per tornare a vivere come prima i musulmani devono prima riconoscere i loro errori. I cristiani non possono coltivare l’odio nel loro cuore, altrimenti saremmo uguali ai terroristi. Però non può esserci riconciliazione senza il pentimento da parte loro». Dalle parole e dai silenzi di padre Eid si capisce che il processo è in corso ma è ancora lontano dalla conclusione.

«COME GESÙ SULLA CROCE». Tra i cristiani rapiti e ritrovati sgozzati c’era anche il sagrestano di padre Eid, che però ha perdonato. Ma il sacerdote è il primo a imparare la fede dai suoi parrocchiani, che come tutta la popolazione del villaggio parla ancora un dialetto aramaico molto simile a quello di Gesù: «Come Gesù sulla croce, anche noi abbiamo gradito: “Dio, perché ci hai abbandonato?”. Ma poi abbiamo scoperto che non ci aveva affatto lasciati soli e la dimostrazione sono le poche perdite che abbiamo subito. La città, pur avendo passato dei mesi terribili, non è stata distrutta e oggi siamo tornati. La nostra fede oggi non solo non è stata minata, ma è più forte e sono i miei parrocchiani a dirmelo per primi».

«CRISTIANI, IMPEGNATEVI IN POLITICA». Il sacerdote, invitato in Europa dall’associazione francese SOS Chrétien d’Orient, che sta aiutando a ricostruire Maloula, ha rivolto al termine dell’intervista un appello alla Francia e all’Occidente: «Prima di tutto devo ringraziare di cuore chi ci sta aiutando a tornare a vivere. Ma voglio anche dire una cosa a tutti i cristiani, a tutti i cattolici e agli uomini di buona volontà: voi dovete affrontare una sfida più dura della nostra. Noi abbiamo subìto l’offensiva dei terroristi, voi dovete combattere contro ateismo e laicismo. Per farlo non potete limitarvi a lamentarvi delle cattive leggi che vengono approvate in Europa, dovete impegnarvi di più in prima persona nella vita pubblica e innervarla con la vostra esperienza di fede. Non basta dire che gli altri sono cattivi. Se non lo fate, se non vi impegnate in politica, nessuno lo farà al posto vostro».

domenica 23 aprile 2017

Maaloula piange i suoi cinque nuovi martiri

Papa Francesco si è recato sabato nella basilica di san Bartolomeo all’Isola Tiberina, divenuta, dopo il Giubileo del 2000, 'Memoriale dei testimoni della fede del XX e del XXI secolo'.  Durante  la liturgia ha dichiarato:
 “Se guardiamo bene, la causa di ogni persecuzione è l’odio del principe di questo mondo verso quanti sono stati salvati e redenti da Gesù con la sua morte e con la sua risurrezione. Nel Vangelo Gesù usa una parola forte e spaventosa: la parola ‘odio’. Lui, che è il maestro dell’amore, al quale piaceva tanto parlare di amore, parla di odio. Ma Lui voleva sempre chiamare le cose con il loro nome. E ci dice: ‘Non spaventatevi! Il mondo vi odierà; ma sappiate che prima di voi ha odiato me’. Gesù ci ha scelti e ci ha riscattati, per un dono gratuito del suo amore. Con la sua morte e risurrezione ci ha riscattati dal potere del mondo, dal potere del diavolo, dal potere del principe di questo mondo. E l’origine dell’odio è questa: poiché noi siamo salvati da Gesù, e il principe del mondo questo non lo vuole, egli ci odia e suscita la persecuzione, che dai tempi di Gesù e della Chiesa nascente continua fino ai nostri giorni. Quante comunità cristiane oggi sono oggetto di persecuzione! Perché? A causa dell’odio dello spirito del mondo”.
Da venerdì 21 aprile, l'annuncio è ufficiale: i cinque Cristiani rapiti dal villaggio di Maloula sono stati ritrovati uccisi [I loro resti rinvenuti in una grotta a Arsal, cittadina libanese al confine siriano]. Erano ostaggi di Al-Nusra dal settembre 2013.
Il giorno in cui la notte si abbattè su Maaloula è il 7 settembre 2013: il villaggio è circondato, i colpi risuonano e gli obici colpiscono ovunque. I combattimenti sono di una violenza inaudita! Il gruppo terroristico al-Nusra (branca siriana di Al Qaeda) penetra in Maaloula. Sono Siriani, Tunisini, Marocchini, Giordani ma anche qualche abitante di Maalula e si infiltrano come una scia di polvere tra le abitazioni.
Mikhail, Antoun e Sarkis, tre abitanti cristiani, vengono giustiziati sommariamente con una pallottola in testa, traditi dai loro vicini abituali. Questo è il prezzo da pagare per chi vuole restare fedele alla propria patria e a Cristo. Nella stessa giornata Ghassan, Jihad, 'Taef, Shadi, Daoud e Moussa vengono prelevati.
Con la liberazione di Maaloula da parte dell'esercito arabo siriano, il Fronte al-Nusra si ritira sulle montagne libanesi con gli ostaggi. Agli abitanti viene poi ingiunto di permettere che i musulmani tornino nel villaggio. Senza condizione, accettano. Ma le richieste di Al Nusra non finiscono qui: 100 milioni di sterline siriane, l'equivalente di 200.000 dollari, sono da versare come riscatto. Ancora una volta, accettano e pagano. Poi, per due anni, dei rapiti non si ha più alcuna notizia.
Tutti i volontari di  SOS Chrétiens d’Orient  , in Siria conoscono questa storia. I ritratti dei tre martiri da tempo campeggiano sulla piazza del paese. Ma gli altri, i sei ostaggi, che fine hanno fatto? Una questione rimasta in sospeso da oltre 3 anni e mezzo, per le famiglie ferite, in attesa di un possibile ritorno, che non arriverà mai!
Infine, su sei, cinque corpi sono stati trovati... sgozzati. La loro morte risalirebbe a più di un anno fa. Questi eroi cristiani avevano un nome e un volto, una storia, un futuro. Per tutti, erano dei padri, dei fratelli, degli amici e sono andati via per sempre.
Ghassan 48 anni, lavorava nella fabbrica di Debess che stiamo aiutando a ricostruire, aveva tre figli. Suo fratello Moussa 43 anni il cui corpo non è stato ritrovato, possedeva un negozio di spezie. Jihad, 48 anni, era un muratore, suo nipote Shadi (il cui padre è uno dei tre martiri) era uno studente all'università di Damasco. Taef, 43 anni, era pasticciere. Daoud, 31 anni, era l'autista del taxi.
Vi invitiamo a unire le vostre preghiere alle nostre, soprattutto martedì in occasione del ritorno dei corpi nel villaggio per i funerali.
 SOS Chrétiens d’Orient en Syrie

giovedì 20 agosto 2015

Maloula, perla cristiana della Siria, ancora ferita dall’invasione jihadista


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TEMPI, 22 luglio
reportage dell'inviato  Rodolfo Casadei

La rinascita di Maloula, la perla aramaica delle montagne del Qalamoun, è ancora lontana. Occupata dai jihadisti di Jabhat al Nusra e da elementi di altre brigate di ribelli inizialmente affiliati al Free Syrian Army fra il settembre 2013 e l’aprile 2014, quindici mesi dopo la liberazione per mano delle truppe governative è ancora semidisabitata e semidistrutta, a immagine dei suoi preziosi edifici storici cristiani.

Tutte le strutture presenti – otto chiese e due santuari – sono state saccheggiate e devastate durante l’occupazione ribelle e hanno subìto offese causate dai combattimenti. Attualmente solo tre di esse sono in via di restauro: la parrocchia greco cattolica di San Giorgio e i due storici monasteri del IV secolo, cioè quello greco ortodosso di Santa Tecla (le cui monache furono 
sequestrate per tre mesi) e quello greco cattolico dei Santi Sergio e Bacco.
Il paese, che si apre a semicerchio contro la parete di una montagna ed è sormontato dai due monasteri posti sulla sommità uno in faccia all’altro sull’asse nord-sud, è nelle stesse condizioni: delle 120 case distrutte o gravemente degradate durante l’occupazione, un terzo delle quali concentrate nel centro storico, solo 20 sono state restaurate. Alcune famiglie vivono ammassate in un singolo locale recuperato della propria casa per il resto inagibile. Le condizioni di sicurezza sono ottime (il fronte si è spostato al confine col Libano, a 30 chilometri da qui), ma l’economia è ancora azzoppata: Maloula viveva di turismo, agricoltura e allevamento.

La prima fonte di reddito è completamente disseccata per ovvie ragioni, e i residenti che sono tornati sono occupati nella ricostruzione delle proprie case, pertanto hanno poche risorse e forze da dedicare alla coltivazione dei campi e alla pastorizia come accadeva in passato. Prima della crisi, la cittadina contava 12 mila abitanti nella stagione estiva, cristiani per due terzi e musulmani per il restante terzo. Oggi risultano rientrati il 45 per cento degli abitanti cristiani e 15 famiglie appena fra quelle musulmane. «Non abbiamo preclusioni circa il loro ritorno, ma la questione riguarda in parte anche la magistratura e i servizi di sicurezza: gli omicidi, le razzie, il terrorismo di cui si sono macchiati un certo numero di appartenenti alla comunità musulmana sono materia giudiziaria». A parlare così è Naji Elian Wahbe, cristiano, da tre anni sindaco della località.

Nell’agosto di due anni fa questo giovane padre ha perso un figlioletto di 6 anni, falciato dalle schegge di un colpo di mortaio sparato dai ribelli sul quartiere cristiano di Baab el Touma a Damasco, dove il bambino era temporaneamente ospite dei nonni. «Non fraintendetemi: Maaloula non aveva nessuna importanza strategica per le forze ribelli, l’hanno attaccata e occupata nel settembre 2013 soltanto per sfregio al cristianesimo, e al Papa che stava 
pregando e digiunando perché la Siria non fosse bombardata dagli occidentali. Grazie a complicità interne».
L’attacco di Jabhat al Nusra all’abitato di Maloula, dopo che già in marzo le alture col monastero dei Santi Sergio e Bacco e un grande albergo nelle vicinanze erano state occupate dai ribelli, iniziò con l’attentato di un kamikaze palestinese di Giordania entrato dal Libano che fece esplodere un camion imbottito di quintali di esplosivo contro il posto di blocco all’ingresso della cittadina uccidendo molti militari.
Padre Tawfik, parroco melkita di San Giorgio che grazie all’aiuto di “SOS Chrètiens d’Orient” ha quasi finito di restaurare la sua chiesa e ora sta cominciando a riabilitare le altre strutture parrocchiali (1 milione e mezzo di dollari i danni stimati), non è meno amaro: «A parte la sofferenza per le distruzioni materiali, ciò che ci ha più rattristato è stato scoprire che persone che credevamo amiche si sono poi unite a coloro che hanno saccheggiato tutte le case della città, anche quelle che non sono state distrutte, e le nostre chiese, devastate dopo le razzie».

La vicenda è amaramente istruttiva. All’inizio delle proteste antigovernative, due terzi dei musulmani di Maloula hanno preso le parti del Free Syrian Army e si sono presentati come protettori dei residenti cristiani di fronte ai jihadisti di Jabhat al Nusra a condizione che i cristiani non si organizzassero in una milizia di difesa locale e facessero pressioni sui militari per rimuovere il posto di blocco che era stato istituito nei pressi del monastero dei Santi Sergio e Bacco. Cosa che poi è avvenuta, col risultato di consegnare alture e monastero a Jabhat al Nusra sin dal marzo 2013. In seguito i musulmani antigovernativi di Maloula hanno appoggiato le operazioni militari dei jihadisti o addirittura si sono uniti a loro. Su una parete del salone polifunzionale della parrocchia di San Giorgio, accuratamente razziato, si legge una grande scritta verniciata su di una parete: «Cristiani, alawiti, sciiti, drusi: siamo venuti per uccidervi».
E su al monastero di Santa Tecla, dove la splendida chiesa dedicata alla santa è stata derubata della dozzina di icone dell’iconostasi, privata dell’altare fatto saltare con una carica di esplosivo, martoriata nelle tavole lignee dipinte più grandi, fatte a pezzi o carbonizzate, sulle pareti si leggono i nomi di brigate ribelli che non coincidono con gli alqaedisti di Jabhat al Nusra, ma con formazioni formalmente affiliate al moderato Free Syrian Army, riconosciuto e appoggiato da Europa e Stati Uniti. Uno strato caliginoso copre le volte dipinte e un tempo luminose delle cupole sfuggite all’incendio, dietro all’altare figure di santi su tela incollata alla parete come una carta da parati sono state rozzamente asportate con un taglierino che non ha saputo seguire i contorni delle immagini. Sulla parte superiore di un frammento di tavola lignea ottocentesca di scuola russa è vergato un insulto in lingua araba subito sopra la testa di san Giorgio.

Non è andata meglio al monastero melkita dei Santi Sergio e Bacco: sparite l’icona dei due santi e quelle dipinte da Michele di Creta che ritraevano la Madre di Dio e un Cristo Pantocratore. Il trafugamento dell’altare del IV secolo, il più antico altare marmoreo cristiano di cui si abbia notizia, non è andato a buon fine: era troppo pesante, è caduto a terra e si è spezzato, e i jihadisti lo hanno abbandonato lì. 
È stato perfettamente restaurato e rimesso al suo posto, unica eredità sopravvissuta dentro alla chiesa del santuario.

Altra piccola rivincita: su tutte le chiese, in gran parte inagibili, è stata rimessa la croce che i jihadisti avevano rimosso, ed è stata innalzata una nuova statua della Vergine Maria bianca e azzurra che benedice Maloula dall’alto, dopo che quella originale è stata distrutta dai ribelli.

Costantin, il custode greco ortodosso di Santa Tecla, è scatenato: «Per quattro secoli gli ottomani hanno cercato di rimuovere quelle croci senza riuscirci, ma ci sono riusciti i ribelli che avete aiutato voi cristiani europei. Dopo che avranno finito con noi, toccherà a voi, statene certi». Anche Costantin era uno di quelli che all’inizio si erano fidati delle promesse dell’opposizione e si erano mantenuti neutrali. Nella sua invettiva e nel suo monito vibra anche un po’ di senso di colpa.


martedì 23 giugno 2015

Tre segni di speranza di Maria per i cristiani d'Oriente

Un Paese intero, una città storica e perfino una moschea rendono omaggio alla Vergine Madre di Gesù

Alateia

Il 13 giugno 2013, il Libano si è consacrato al Cuore Immacolato di Maria. Questa settimana, oltre a celebrare i due anni di questo atto di consacrazione, il patriarca maronita Bechara Boutros Raï lo ha esteso a tutto il Medio Oriente.

In un'omelia coraggiosa e incisiva pronunciata alla presenza di più di 5.000 fedeli nella basilica libanese di Harissa, il patriarca ha denunciato i “mercenari che ricevono sostegno finanziario, politico e militare da Paesi orientali e occidentali”.

Come risposta ai “poteri del terrore”, Raï ha affermato: “Rinnoviamo la consacrazione del nostro popolo e della nostra patria libanese, come di tutti i Paesi del Medio Oriente, al Cuore Immacolato della Vergine Maria, pieno di tenerezza e di amore per gli uomini, fratelli del suo unico Figlio”.

Raccomandando che tutti i fedeli “recitino quotidianamente il rosario per ottenere la pace nel mondo”, il cardinale ha ricordato che da 1.400 anni i cristiani cercano di costruire insieme ai musulmani “una civiltà modello per tutte le società multiculturali e plurireligiose”, e ha chiesto che questo sforzo per la concordia non venga abbandonato tra i conflitti che insanguinano attualmente la regione.

Dopo Beirut, l'immagine pellegrina di Nostra Signora di Fatima passerà anche per il Patriarcato greco-cattolico, per un monastero siro-cattolico e per la sede del Patriarcato armeno-cattolico.


Nel frattempo, anche nella vicina Siria Maria ha dato un segno di speranza ai cristiani: la statua mariana sulla sommità di una collina della località di Maaloula è appena stata ricollocata dopo che l'originale era stata distrutta nel 2013 dagli jihadisti del Fronte Nusra.

Maaloula è una piccola città di 4.000 abitanti, per la maggior parte cristiani, che parlano ancora aramaico, la lingua che parlava Gesù. Si tratta di una delle pochissime comunità del Medio Oriente che mantengono questa lingua destinata all'estinzione. Oltre all'aramaico, Maaloula ha anche conservato per secoli alcuni monasteri e alcune chiese costruiti nei primi tempi della storia del cristianesimo.

Il 6 giugno in Siria è stato inaugurato anche qualcosa di inedito nel mondo islamico: una moschea nella città litoranea di Tartous dedicata alla Vergine Maria, madre di Gesù (cfr. Aleteia). Maria è riconosciuta dall'islam come la madre del profeta Gesù.

Maria interceda per tutti i cristiani provati da un'infinità di sofferenze e persecuzioni in quelle terre in cui il cristianesimo è nato e ha iniziato a diffondersi tra i popoli!

http://www.aleteia.org/it/religione/articolo/tre-segni-di-speranza-di-maria-per-i-cristiani-doriente-5251715037134848



Piccole Note, 18 giugno 2015 

«Una nuova statua della Vergine Maria è stata inaugurata sulla montagna che domina Maalula, l’antica cittadina cristiana nell’ovest della Siria, andando a sostituire quella distrutta dai ribelli nel 2013. Le forze del regime di Assad hanno portato la statua su una macchina e diffuso le immagini su Twitter». Così sul sito del Corriere della sera.

La nota del Corriere stigmatizza come propaganda il gesto compiuto dalle autorità di Damasco. Un’aggiunta alquanto inane: al di là delle intenzioni, di fatto una statua della Madonna torna dopo anni in uno dei pochissimi luoghi al mondo dove ancora si parla l’aramaico, la lingua di Gesù. E non si può che registrare con gratitudine il dato. 
Detto questo, mentre Damasco ha compiuto tale gesto, al di là degli scopi più o meno presunti, non si registra dalla parte opposta, ovvero le varie nazioni che sostengono le forze anti-Assad (dagli Stati Uniti all’Arabia Saudita), una vaga idea similare, nonostante la situazione di Maalula sia ben nota da tempo.
Anzi esse continuano a sostenere con armi, soldi e altro i vari tagliagole che insanguinano la regione, siano essi appartenenti alle presunte forze ribelli o alle varie formazioni jihadiste, che poi sono la stessa cosa.
Questo episodio, tra l’altro, avviene pochi giorni dopo l’erezione di una moschea dedicata alla Vergine Maria a Tartus, segno che non si tratta di gesto estemporaneo ma che risponde a una sollecitazione specifica.
Al di là della propaganda (siriana o nostrana), le autorità di Damasco vogliono riaffermare di fronte al mondo quanto ripetuto dall’inizio della guerra da tutta la comunità cristiana locale e dai loro vescovi e patriarchi: in Siria la convivenza tra cristianesimo e islam diverse appartiene alla storia.
Una storia di destini incrociati che lo tsunami del radicalismo islamico (grazie ai suoi sponsor esterni) vuole e rischia di sommergere.
Possibile anche che il motivo del gesto sia da ricercare nel fatto le forze scatenate in Siria contro Assad (Isis, al Nusra etc.) abbiano chiari riferimenti satanici – tanti i simboli di tal segno usati da questi movimenti -, e che la spiritualità cristiana (o, meglio, anche la spiritualità cristiana) sia vista come un argine, anche a livello simbolico, da quanti vi si oppongono.
Propaganda o meno, resta che la Madonna non è usa a rimanere indifferente a gesti compiuti in suo onore…. Vuoi vedere che fa il miracolo? Almeno è questo quello che si augura e per cui prega il martoriato popolo siriano e quanti, di lontano, partecipano del loro dramma senza fine. 
http://piccolenote.ilgiornale.it/23928/la-madonna-torna-a-maalula

IN MEMORIAM : due anni fa a Ghassaniè padre François Murad veniva ucciso in odium fidei 


mercoledì 18 febbraio 2015

PER RESTARE: a Maaloula arriva 'un piccolo gregge italiano' ; ad Aleppo microcredito per sostenere il coraggio di chi resta

CONCLUSA LA PRIMA PARTE DEL PROGETTO 'UN PICCOLO GREGGE PER MALOULA' 

Maloula è un luogo di speranza per il mondo intero e per la sua gente. Per questo, proprio in quel luogo, il Coordinamento Nazionale per la Siria ha lanciato alcuni mesi fa una raccolta finalizzata a realizzare un piccolo progetto.
L'idea era intervenire con qualcosa che rimanesse nel tempo. E' nato così il progetto 'un piccolo gregge per Maloula', iniziativa realizzata con l'appoggio di una piccola associazione di giovani locali, l'associazione 'Mar Sarkis'.
Le difficoltà sono state molte. E' difficile anche fare del bene. I paesi occidentali, Italia compresa, hanno azzerato i contatti diplomatici ed hanno reso con l'embargo più difficile anche soccorrere le popolazioni siriane stremate.
Ciononostante, siamo riusciti a raccogliere quanto ci eravamo prefissati e siamo arrivati finalmente a consegnare le pecore a Maloula.
Di seguito pubblichiamo i documenti che attestano l'avvenuta donazione e  alcune foto dell'avvenuta consegna dei capi di bestiame.
Vi ringraziamo tutti e vi esortiamo a continuare a seguirci e a sostenerci anche tramite l'adesione personale al Coordinamento Nazionale per la pace in Siria.
Le foto che seguono sono state eseguite il 4 febbraio 2015 a Maloula: mostrano il gregge acquistato e affidato al sig. Ibrahim  le varie fasi della consegna da parte del Sig. Musa dell'associazione Mar Sarkis.

Vi racconteremo nei prossimi mesi come cresce il nostro gregge e come sarà possibile continuare a sostenere la speranza della gente di Maloula : grazie a tutti quelli che hanno contribuito con grandi e piccole offerte, ogni goccia è confluita nel mare della solidarietà!






 http://www.siriapax.org/?p=2621


'made in Aleppo'


Il Coordinamento Nazionale per la Siria lancia un nuovo progetto per la Siria, secondo le consuete modalità.   Vogliamo incontrare il bisogno, quello contingente ma anche sostenere quello vero, quello che viene dal profondo, la dignità, la legittima aspettativa di ogni uomo: per questo è necessario sostenere chi, nonostante tutto, vuole cercare di rialzarsi, di ricominciare. Vorremmo, con il vostro aiuto, ridare una possibilità di speranza che parte dalla vita concreta e ricrea solidarietà e coesione sociale, rispettando la tradizione del posto.Questo è il progetto che con il vostro sostegno vorremmo provare a finanziare, così come presentato dai diretti interessati:

PER RESTARE!

Noi siamo alcuni di quelli che sono rimasti, ognuno di noi avrebbe i suoi motivi, ma non vorremmo che queste partenze continuassero! Perché Per Restare è un progetto che nasce grazie all’intraprendenza e all’attaccamento alla propria terra di donne e uomini di buona volontà, decisi a resistere e restare con le proprie famiglie ad Aleppo, nonostante che  tanti di loro, a causa della guerra, abbiano perso il lavoro, ed siano rimasti senza occupazione, e senza redditto.

Bisognava reagire! Cosi è nata l’idea, di una piccola impresa artigianale, ispirata all’antica tradizione degli aleppini, di preparare in casa le proprie conserve alimentari, una pratica resa antieconomica per decenni dalla commercializzazione industriale, colpita fortemente negli ultimi anni, con gravi conseguenze per la popolazione, sia per la carenza di prodotti e i prezzi altissimi, sia per l’impoverimento delle famiglie, l’alto costo della vita e la dilagante disoccupazione. 

Cos’è
 Per Restare è un progetto ideato e realizzato per creare occupazione famigliare, attraverso la produzione e commercializzazione artigianale, di alcuni tipi di prodotti alimentari.
La realizzazione del progetto è stata possibile solo con i mezzi propri, e grazie all’impegno e alla generosità della Biblioteca Spirituale di Aleppo,  della Chiesa Greco Melkita Cattolica, che ha concesso al gruppo l’utilizzo di suoi locali dove avviene la lavorazione e la produzione.

Cosa fa 
Per Restare seleziona, prepara, produce, e confeziona con infinita cura, alcuni tipi di prodotti alimentari artigianali e li distribuisce sui mercati locali e privati: Aceto, marmellate e confetture, senza conservanti, attraverso l’utilizzo di materie prime di qualità, provenienti da coltivazioni locali, sostenendo in questo modo anche l’agricoltura siriana. Tutti i prodotti vengono contraddistinti con etichette specifiche con il logo e il nome del progetto.


avete mai assaggiato la marmellata di rose di Aleppo? 
Obiettivi
 Per Restare ha come finalità di dare lavoro ad alcune donne siriane, attraverso la produzione artigianale basata sull’utilizzo delle proprie conoscenze e abilità, e trasformata in reddito famigliare. Inoltre intende offrire ai propri concittadini la possibilità di acquistare buoni prodotti locali, sani e sicuri, a prezzi bassi.

Cosa serve 
Per Restare ha bisogno di ampliare la produzione per contenere i costi, coinvolgere più famiglie e garantire più reddito, ma soprattutto acquistare attrezzature adatte, più sicure e più igieniche. 

I risultati raggiunti saranno documentati attraverso foto e aggiornamenti per dare la più ampia informazione degli obiettivi progettuali e la massima diffusione degli esiti conseguiti.


PER RESTARE! Siamo nati per restare, per vivere e continuare

Contatti
Sig. George Jebran Maktabeh Ruhiyeh, Aleppo, Azizieh, via Fares Khoury, P.O.Box 146.  Email: geo_jem@hotmail.com   
Cel: +963 944 274214+963 944 274214   Tel: +963 21 2123758, +963 21 2123752


Potete effettuare un'offerta al progetto dall'Italia attraverso il 'Coordinamento Nazionale per la pace in Siria'  cliccando sul pulsante ‘donazione':

martedì 17 febbraio 2015

Intervista a Padre Toufik Eid (Maaloula): "Questa chiaramente non è una rivoluzione interna."

"Contro la barbarie, non sento la voce dei musulmani innalzarsi ..."

Parroco di Maaloula, villaggio cristiano martire, il padre Toufik si trova in Francia fino al 12 febbraio. 
Per testimoniare la catastrofe attualmente in corso.

Bd Voltaire, SOS Chrétiens d'Orient

  
 Ci può raccontare il dramma che ha vissuto Maaloula?
Prima di Natale 2012, l'esercito siriano si è ritirato dal villaggio. Maaloula è diventata una sorta di terra di nessuno tra i terroristi islamici e le forze governative. Nel febbraio 2013, per la prima volta, alcuni individui di Maaloula hanno cominciato a manifestare contro il governo. Erano armati. Non erano ancora apertamente pro-islamisti, anche se si sentiva qual'era la loro motivazione. Hanno finito per prendere la parte superiore del villaggio dove si trovava il monastero in cui io sono anche un monaco. Non vi sono ritornato. E poi delle persone sono state rapite, si stava mutando in qualcosa d'altro. Tuttavia, io percepivo che, nel campo dei terroristi, non c'era un vero capo.

   Come ha reagito la popolazione?
Speravamo una mediazione, un ritorno alla calma. Il leader musulmano locale (1/3 della popolazione, ndr) ha cercato di dialogare con i terroristi, ma non lo hanno voluto ascoltare. Il 4 settembre, hanno attaccato con un kamikaze su un pick-up, un checkpoint dell'esercito all'ingresso di Maaloula. Diversi soldati sono stati uccisi. Il giorno dopo, ho preso la decisione di far evacuare la popolazione, ma la gente mi aveva preceduto. Durante l'attacco finale, tre dei nostri giovani parrocchiani, tra cui il mio sacrestano, sono stati uccisi in uno scontro con i ribelli ... E' stato necessario aspettare fino ad aprile perchè l'esercito riprendesse il villaggio. Si tratta di una lotta puramente ideologica perché Maaloula non ha un interesse strategico o militare. Gli islamisti hanno chiaramente voluto distruggere questo villaggio simbolo, dove si parla ancora l'aramaico, la lingua di Cristo!


  Cosa hai trovato quando è tornato al villaggio?
Sono tornato il 20 aprile. Era una città fantasma ... rovine, una tristezza immensa. Più di 300 case erano state distrutte, bruciate. Alcune persone si sono reinsediate negli edifici abitabili. Abbiamo dovuto aspettare diversi giorni prima di riprendere il culto. Ma esso è ricominciato!

  Alla luce di tutti questi massacri ripetuti, c'è un futuro per i cristiani in Oriente?
E' nostro dovere di rimanere, di vivere anche con coloro che ci stanno uccidendo. Il Signore deciderà. In Siria, è speciale, perché nonostante la nostra condizione di minoranza, non abbiamo mai vissuto con un senso di insicurezza. In Maaloula, non c'erano state rivolte anti-cristiane dal 1925, dal tempo della rivolta contro i francesi. Devo precisare che qui c'è una forma avanzata di cittadinanza. Ma dobbiamo ammettere che, negli ultimi anni, c'è un vero cambiamento, qualcosa di palpabile, che è difficile definire nel comportamento dei musulmani ... Essi hanno cominciato ad avere dei soldi, molto più di prima. Non sappiamo da dove arriva questo denaro. Hanno cambiato il loro atteggiamento. Era strano ...

  Pensa che la manipolazione viene da altrove?
Sì. Questa chiaramente non è una rivoluzione interna. I terroristi non propongono nient'altro che la loro sharia. Questa non è una scelta locale, una potenza manipola dall'esterno. C'è un comandante nell' ombra. È molto complesso. E non capisco la politica della Francia. Essa è completamente paradossale: in Mali, voi lottate contro gli islamisti, a casa nostra, voi li armate. I siriani sono profondamente delusi da questo atteggiamento. Ma voi iniziate a pagarne le conseguenze a casa vostra.

   Lei dice anche di essere deluso dell'atteggiamento dei musulmani.
Sì, lo sono. I buoni musulmani sono incapaci di dire a voce alta la loro opposizione a questa barbarie che si estende in tutto il mondo. Lasciano che si diffonda il caos. Da parte mia, come cristiano, credo che non possiamo vivere bene se non nell' ordine e nella disciplina. Senza questo, la cosiddetta "convivenza" non è che una chimera.

 (traduzione dal francese di FMG)

http://www.soschretiensdorient.fr/2015/02/bd-voltaire-entretien-avec-pere-toufic-eid-contre-la-barbarie-je-nentends-pas-la-voix-des-musulmans-selever/



Video di Samaan Daoud: testimonianze sul martirio di Antonio, Michail e Sarkis , uccisi per Cristo a Maaloula. Intervista a padre Toufik e al vescovo Kawak