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mercoledì 4 maggio 2016

"L'ultimo pediatra"?? I Cristiani di Aleppo e l’informazione unilaterale

Aleppo - La disinformazione continua. 

da Nabil Antaki, dei fratelli Maristi



Abbiamo chiesto al Dr. Nabil Antaki se le informazioni riportate da una settimana sulla situazione in Aleppo corrispondono a quello che accade lì.  Ecco la sua risposta:

A tal proposito, ultimamente mi rendo conto che i media continuano a mentire per omissione. Dall'inizio della guerra in Aleppo 4 anni fa, essi non riportano tutti i fatti nel loro complesso.
 Aleppo è bombardata quotidianamente dal 2012 da parte di gruppi terroristici che provocano morti e feriti. Nessuno se ne è mai curato; se non per felicitarsi per il "buon lavoro che fanno" [riferendosi alla dichiarazione di Laurent Fabius].  E' tempo che l'Occidente si svegli e smetta di sostenere i terroristi.
 Noi in Aleppo siamo disgustati dalla mancanza di imparzialità e obiettività dei mezzi di comunicazione.  Parlano solo di sofferenza e perdita di vite umane nella parte orientale della città, controllata da al-Nosra, gruppo terrorista affiliato ad al-Qaeda, che hanno sempre chiamano "ribelle", il che è un modo per renderlo più rispettabile. E passano sotto silenzio le perdite e la sofferenza quotidiana nei nostri distretti occidentali di Aleppo dovuti ai bombardamenti lanciati da questi terroristi. Non parlano neanche circa il blocco e i tagli totali di acqua ed elettricità che quelli infliggono a noi ...
 I media non dicono nulla dei bombardamenti continui e della carneficina che ha avuto luogo la scorsa settimana, nella parte occidentale della città [dove il dottor Nabil vive], dove nessun quartiere è stato risparmiato e dove ci sono ogni giorno decine di morti. Queste omissioni sono tanto più scioccanti in quanto questi nostri distretti rappresentano il 75% della superficie di Aleppo e hanno 1,5 milioni di persone - contro 300.000 nella parte orientale occupata dai gruppi terroristici.
 Questa informazione monca insinua che i terroristi che ci attaccano sono le vittime. Peggio ancora, i media hanno sviato la nostra richiesta "SAVE ALEPPO" suggerendo che questo appello chiedeva la cessazione delle ostilità da parte delle "forze di Assad". Il che è falso. Inoltre, non ci sono "forze di Assad": ci sono le forze dell'esercito regolare siriano a difesa dello Stato siriano.
Essi [i media tradizionali] potrebbero almeno avere la decenza di parlare della carneficina causata dagli attentati terroristici che hanno mietuto molte vittime. Come è successo di nuovo venerdì scorso, quando uno dei loro colpi ha colpito una moschea nell'ora della preghiera causando 15 morti e 50 feriti tra i civili. Gli attacchi e le perdite che soffriamo vengono presentati [dai media] in modo da lasciare il pubblico nell'incertezza su chi è il vero responsabile di questi crimini.
 Da tre giorni i media stanno accusando il "regime di Assad" e i russi di aver bombardato e distrutto un ospedale sostenuto dalla ONG Medici senza frontiere  ad est della città.  Essi sostengono che "l'ultimo pediatra di Aleppo" è stato ucciso nel bombardamento. Abbiamo ancora molti pediatri in Aleppo.  Ciò dimostra molto bene che, per i media, conta solo la parte orientale occupata dai ribelli, e che i tre quarti della città di Aleppo amministrati dallo stato siriano, dove praticano ancora molti pediatri, non contano.
 L'ospedale MSF menzionato non è nella lista degli ospedali siriani stabilita prima della guerra da parte del Dipartimento della Salute. Quindi, se c'è, è stato installato in un edificio dopo la guerra.  Io non credo che le forze governative o un aereo russo abbiano deliberatamente bombardato un ospedale. Non è nel loro interesse.
 Abbiamo constatato la stessa parzialità, quando il più grande ospedale di Aleppo  Al-Kindi , è stato colpito dai missili terroristici di al-Nosra e intenzionalmente bruciato nel 2013. I media non hanno prestato attenzione a questo atto criminale. Siamo disgustati e rivoltati da questa disinformazione in corso.
Nabil Antaki, 30 aprile 2016 

http://arretsurinfo.ch/alep-linformation-mensongere-continue-par-nabil-antaki/


  Il Vescovo di Aleppo Monsignor Jeanbart :
L’ULTIMO PEDIATRA? ...  Monsignor Jeanbart ha anche criticato l’informazione unilaterale: «Il governo sta cercando di liberare la città dopo che per mesi gli aleppini sono stati bombardati [dai ribelli]. Ovviamente è triste che un ospedale sia stato distrutto. Ma Medici senza frontiere ha dichiarato che l’ultimo pediatra è stato ucciso. Non è vero, ce ne sono molti altri dove più di un milione di persone vivono. Quando sentite parlare delle sofferenze di Aleppo, spesso si parla del regime che attacca i civili controllati dai ribelli. Ma è quasi sempre vero l’opposto. Non sto scusando il regime di Assad, ma non posso permettere che le menzogne continuino a informare il mondo. (…) Noi abbiamo più libertà di coloro che vivono nell’altra [metà di Aleppo]. Fino a quando non attacchi i soldati del governo, puoi anche criticare il governo e non ti succede niente. Ma se fossimo dall’altra parte, verremmo obbligati a convertirci all’islam e saremmo cittadini di serie B, senza diritti».

Missili e razzi lanciati dalla zona sotto il controllo dei ribelli ieri hanno colpito l’ospedale di Dabbi’t, centrando il reparto di ostetricia e uccidendo 17 bambini, oltre che donne e uomini.
    Padre Ibrahim, francescano:
BOMBE SUI CIVILI. ... «È il momento peggiore di Aleppo da sempre», spiega padre Ibrahim. «Abbiamo appena avuto la notizia che un ospedale è stato bombardato: si parla già di 17 vittime. Ma da mercoledì scorso a oggi le bombe cadono sulle moschee, sulle chiese, sulle case, in tutte le zone di Aleppo ovest».
È da anni che la situazione è questa, spiega il francescano, ma ora l’intensità degli attacchi è aumentata. Chi spara? «Sicuramente qui nella parte ovest, chi ci colpisce non è l’esercito, che ci difende, ma sono le milizie che non hanno accettato la pace». Si tratta «sicuramente» di un «bombardamento fondamentalista e terrorista: sono bombardamenti non contro obiettivi militari, protetti, ma contro obiettivi civili indifesi come scuole, chiese, ospedali. Un modo di terrorizzare la gente e usare questo terrore come carta da giocare nelle trattative».
STRUMENTALIZZAZIONI. Sui media internazionali è stata data la notizia che è stato colpito un ospedale pediatrico da missili russi o dell’esercito di Assad. È vera questa notizia? Cosa è accaduto? Padre Ibrahim ammette di non avere certezze sull’accaduto, di certo, sottolinea, «quando viene colpito un ospedale con bambini e donne ricoverate, questo non può essere che un crimine di guerra a cui siamo al cento per cento contrari». Quel che può dire il francescano è che si tratta di quella parte della città «dove ci sono i miliziani di al-Nusra (il nome locale di al Qaeda, ndr): si è detto che era un ospedale da campo dove curavano i terroristi feriti in azione di guerra». La Chiesa, prosegue, è contro ogni tipo di bombardamento su civili innocenti, «ma sappiamo che ci sono diverse strumentalizzazioni delle informazioni».

i Salesiani di Damasco donano il sangue per Aleppo
   Il vescovo di Aleppo, monsignor Audo:
... Eccellenza, qual è la situazione ad Aleppo? La settimana scorsa il bombardamento degli ospedali, ogni giorno nuovi attacchi...  «La situazione è drammatica: la città divisa in due, a ovest i governativi e a est i ribelli asserragliati nella città vecchia. L'80% della popolazione è senza lavoro. E i bombardamenti durano da mesi. Ma sull'ospedale vorrei dire una cosa: bisogna fare attenzione, i media occidentali parlano di Siria solo quando attacca l'esercito di Assad. Quando sparano i ribelli non ne parla nessuno. Venerdì scorso i gruppi armati dell'opposizione hanno bombardato una moschea facendo 250 fra morti e feriti. Ne avete sentito parlare?» 
Ci sono due pesi e due misure? «Certo: per l'Occidente Assad uccide i bambini e i pediatri, mentre i ribelli islamisti sono degli angeli» 
Chi paga per tutto questo? «I soldi vengono dall'Arabia Saudita, i miliziani sono armati e addestrati in Turchia».
Quindi la coalizione che combatte Isis in realtà finanzia la jihad?   «Esattamente. Questa guerra è organizzata per interessi economici e strategici ad alti livelli da Usa e Israele, secondo un accordo ben orchestrato. Ma sono loro dietro tutto: hanno i loro interessi, che difendono tramite intermediari come la Turchia, l'Arabia, il Qatar»
Sono parole molto pesanti.  «Eppure sono rapporti geopolitici chiari. I nodi sono due: la volontà di Israele di sopravvivere e quella statunitense di imporre la propria supremazia economica. Questi obiettivi sono intrecciati e per raggiungerli si punta a dividere gli avversari. Guardi cosa hanno fatto con Saddam e cosa hanno provato a fare con Assad».

sabato 3 gennaio 2015

Samaan Daoud: le Festività in Siria tra paura e speranza


I cristiani in Siria si sentono abbandonati e rischiano la vita ogni giorno, tuttavia le loro poche chiese ancora attive sono piene di fedeli durante le messe

Lo ha raccontato a ZENIT Samaan Daoud, già guida turistica per italiani prima dello scoppio della guerra. Samaan è uno dei cattolici siriani che, coraggiosamente, ha scelto di rimanere nel suo paese.  

Zenit, 22 dicembre 2014

Ci può raccontare della sua attività di guida turistica in Siria?
Iniziai a fare la guida turistica con gruppi italiani nel 1994 ma purtroppo dal 12 maggio 2011 ho perso improvvisamente questo lavoro. Continuo a fare la guida ma non più turistica: nel 2012, dopo nove mesi di stop, ho cominciato a guidare i giornalisti nei campi di battaglia e nelle zone di conflitto. Ero a Maalula, quando nel settembre 2013 fu presa dai fondamentalisti Qaedisti del Fronte di Al-Nusra. Attualmente traduco anche libri dei Salesiani del Medio Oriente dall'italiano all'arabo: in totale ne ho tradotti sei.

Come è tradizione per i siriani trascorrere il Natale? Ci sono usanze particolari?
Il Natale è una festa nazionale a cui tutto il popolo partecipa: soltanto i cristiani fanno il presepe, tuttavia la maggior parte dei siriani allestisce l’albero del Natale in casa propria. Vi sono ancora cristiani che fanno il digiuno natalizio, che dura quaranta giorni e che rappresenta un’antica tradizione cristiana medio-orientale. In questo mese ci sono tanti concerti che si tengono sia nelle chiese che in grandi teatri. Le strade vengono abbellite con addobbi natalizi ma purtroppo nei ultimi tre anni, molti di questi addobbi non si vedono più, perché tante famiglie hanno perso dei loro cari e il paese è mezzo distrutto (in questi tre anni in Siria sono state distrutte 3 milioni di case).
Alla vigilia tutti i cristiani vanno in chiesa per la messa, poi nella tarda serata fanno la cena. Il giorno di Natale tutte le famiglie si incontrano dal capo famiglia ed ogni zona della Siria ha il suo piatto particolare; ad esempio, il piatto natalizio più noto a Damasco si chiama kibbeh (grano macinato fino con carne di montone): questa pasta viene riempita di carne fritta, pistacchi, cipolle e poi messa nello yogurt cotto. Nella tradizione damascena si serve un piatto bianco, sempre a base di yogurt.

Che tipo di Natale trascorreranno i cristiani in Siria? Hanno paura?
I cristiani in Siria hanno paura e vivono in uno stato di grande preoccupazione, siamo nel mirino del fanatismo e del radicalismo islamico. Siamo un obiettivo facile da colpire e abbiamo avuto molti martiri cristiani in questa assurda guerra. Quasi il 50% dei cristiani sono fuggiti dal paese, la maggior parte della comunità cristiana, che si trova ad Aleppo, è in grandissimo pericolo perche sia l’Isis che il fronte di Al-Nusra li minacciano in continuazione. I cristiani fuggono da Aleppo: ero lì un mese fa ed ho visto tanta sofferenza e tanta paura. Lo stesso discorso vale per i cristiani del Nord-Est della Siria, nella zona di Al-Qamishli, dove l’Isis circonda la zona e ha ucciso e rapito tanti cristiani, impossessandosi anche dei loro terreni.

In questa immane tragedia della guerra, si levano voci di speranza, come quella di papa Francesco che più di un anno fa, convocò una giornata di preghiera per fermare l'intervento militare internazionale che effettivamente non avvenne. Che speranze destano nei cristiani siriani la Chiesa Cattolica e il Papa?
I cristiani in Siria oltre a sentire la paura, soffrono della sindrome da abbandono. È difficile rimanere in Siria. Se non viene garantita pace, la sicurezza e la possibilità di lavorare, è impossibile chiedere ai cristiani di rimanere. Non bastano  parole ci vogliono degli atti più forti contro questo fanatismo che distrugge e minaccia la nostra esistenza… 
In Occidente taluni ci criticano perché siamo a favore del regime di Damasco, ma non hanno capito che l’opposizione al regime è più sanguinaria e disumana del regime stesso. 
Il miracolo è che, nonostante le enormi difficoltà gli sfollati e i rifugiati cristiani mantengono una forte fede in Gesù l’Emmanuele e le chiese sono piene di fedeli.

http://www.zenit.org/it/articles/il-natale-in-siria-tra-paura-e-speranza


"Il Natale sottoterra di noi cristiani. Il presepe unica gioia"

Padre, madre e due figli. A Damasco vivono con l'incubo delle bombe: "Quando esci di casa rischi la vita, il dono del Signore è un po' di sicurezza in più"

Il Giornale, 22/12/2014 , di Gian Micalessin -

«Stavamo facendo il presepe. Michael all'improvviso si è bloccato. Ci ha pensato un attimo... poi l'ha detto. “Papà perché non ci mettiamo le foto di chi non c'è più?”. Io e Riima siamo quasi scoppiati a piangere. Michael ha solo dodici anni, ma come tutti i bimbi è riuscito a ricordarci in quattro parole l'inferno a cui siamo sopravvissuti. L'inferno in cui ancora viviamo. In un attimo ci sono passati davanti questi quattro anni, con il loro carico di guerra, morte e tristezza. In un attimo abbiamo rivissuto lutti, paure e orrori».

L'amico Samaan è il solito fantasma squadrettato evocato da Skype. Riima, sua moglie, gli è accanto. Dietro nell'ombra digitale ed evanescente del piccolo appartamento giocano Philippe e Michael. Fuori, tredici gradini più su, ci sono piazza Khouri, il quartiere cristiano di Khassan, la Damasco in guerra. Quante volte abbiamo parcheggiato in fretta. Quante volte io e Samaan siamo corsi a testa bassa giù per quella scala mentre mortai e missili ribelli colpivano il quartiere cristiano di Damasco. Riima era sempre lì, oltre la porta socchiusa, oltre quei tredici gradini. A guardarci con quel misto di rimprovero e preoccupazione. A urlarci «veloci, veloci che vi fanno secchi». E nel piccolo soggiorno tra divano e televisione c'erano, come ora, gli occhioni di Philippe e Michael. Filippo ha 16 anni un piede in gesso. «No, mica per le bombe ... giocando a calcio dai salesiani», mi urla in fretta prima di tornare al presepe. «Vedi siamo ancora qui. Ancora vivi, ma ancora prigionieri di questa guerra, di questa casa. Pronti per un altro Natale in gabbia», sussurra Riima. Lei quell'appartamento nel seminterrato non l'ama proprio. Samaan l'ha affittato in fretta e furia quando le schegge spazzavano il balcone della loro grande casa di Jaramana, un quartiere diventato d'improvviso prima linea ribelle. «Non è spaziosa come quella, ma è sicura perché sta quasi sottoterra» - le ripete lui. «Ma quest'anno - s'arrabbia Riima - è pure gelida, faremo il Natale in frigorifero». Samaan scuote la testa. Sospira. «È vero abbiamo dovuto rinunciare alla stufa, ma che ci posso fare? Il diesel è scomparso. Se lo tiene tutto il Califfato. Da quando l'Isis ha conquistato gli ultimi pozzi nel nord est la situazione è drammatica. Il gasolio è introvabile. E quello venduto sottobanco ha un prezzo impossibile. Spero solo che non nevichi. Il problema dei prezzi è terribile. Chi come me faceva la guida turistica non lavora da tre anni.

A Damasco è pieno di cristiani nella mia situazione. Noi cristiani non lavoravamo per lo stato, preferivamo le attività individuali. E quindi la maggior parte di noi sopravvive con i risparmi di prima della guerra. L'altro giorno sono andato dal calzolaio. Una volta mi faceva i tacchi in dieci minuti, tra una chiacchiera e l'altra. Stavolta è scoppiato a ridere. "Butta le scarpe su quella montagna là dietro e se sei fortunato - m'ha detto - te le ridò tra dieci giorni". Mi son girato e ho capito. C'era una vera montagna di scarpe in attesa. Qui nessuno compra più niente. Tiriamo avanti tutti con quel che abbiamo. E più passa il tempo, più peggiora. I vestiti nuovi per i figli erano uno dei simboli del Natale. Quest'anno rinuncio anche a quelli. E Riima mi ha detto di scordarmi pure le castagne. L'odore delle caldarroste fatte saltare nella padella e servite prima del pranzo è il ricordo di tutti i miei Natali fin da quand'ero bimbo. Ora chi le trova più. Le poche che arrivano costano un occhio della testa. Sono un ricordo impossibile». Riima sorride. «Eppure una piccola speranza io quest'anno ce l'ho. Oggi il tuo amico Samaan mi ha portato a fare una passeggiata. Era una settimana che non mettevo il naso fuori. Ma è bastato. Per un attimo, per la prima volta dopo tre lunghi anni ho respirato l'atmosfera di Natale. No, non pensare, non quella di un tempo quando dalle cucine arrivava l'odore del kahak al minad del biscotto di Natale messo a cucinare con latte burro e cannella. Non il clima spensierato di un tempo quando le famiglie correvano da un negozio all'altro tirandosi dietro pacchi e pacchetti. No, scordatelo, tutto quello non c'era. Le famiglie camminavano e basta. Qualcuno neppure parlava. Ma era già qualcosa. Li ho guardati e, d'improvviso, ho capito. Anche Daoud e io, per la prima volta dopo tanti mesi, passeggiavamo tranquilli. Senza chiederci se saremmo tornati a casa vivi. Un mese fa non era così. Uscivi e ti facevi il segno della croce. Poteva succedere in qualsiasi momento. Una granata o un missile ti cadevano accanto, ti facevano a pezzi. Da un anno e mezzo i ribelli di Al Nousra, quelli di Al Qaida erano a due chilometri da qui. Ci tenevano sotto tiro. L'esercito adesso è riuscito a respingerli un po' più in là. E noi ora, grazie a Dio, respiriamo. L'ho letto negli occhi degli altri cristiani del quartiere. Ho capito che quel po' di sicurezza in più era il vero regalo del Signore per Natale. Per questo sono tornata a casa e ho urlato... dài facciamo il presepe».

Samaan sorride. «Dovessimo fare come dice Philippe dovremmo metterci almeno quindici foto, le foto di quelli che se ne sono andati in questi dodici mesi. Uccisi anche dalle malattie. Perché la guerra non ti uccide solo con le bombe e i proiettili. Il tumore s'è appena portato via Dahsan il fratello di Riima. Se non fosse per l'embargo, per la mancanza di medicine, per i cecchini ribelli che battono la zona di Harasta attorno all'ospedale di Berroumi sarebbe ancora qui. Berrouni è l'unico ospedale per i malati di cancro. Eppure tante volte abbiamo dovuto rinunciare alle terapie, girare l'auto, tornare a casa.... altrimenti rischiavi di morire in strada con una pallottola in testa». Riima scosta Saaman, occupa l'obbiettivo. «Abbiamo fatto il presepe, ma non l'albero. Quando sei in lutto qui in Siria non fai l'albero. L'albero è simbolo di gioia, ma se la tua vita è nera, l'albero non la può riaccendere. Qui nel quartiere ci sono tanti presepi, ma pochi alberi. George Kalash il figlio dei vicini, quelli dell'appartamento due piani sopra, è morto a marzo. Il colpo di mortaio è caduto all'entrata del palazzo. L'ha fatto a pezzi. Michael lo conosceva bene. Non è stato facile spiegarglielo. È difficile spiegare la morte a un bimbo di dodici anni. Per questo forse ha detto quella frase. Un Natale tranquillo non basterà a rimarginare tutte le ferite. Non ne possiamo più di stragi, autobombe, corpi mutilati. Non ne possiamo più del terrore che c'infliggono quei fanatici ribelli. Philippe e Michael cresceranno segnati da questi orrori. Noi già lo siamo».

Samaan annuisce. Lui nell'ultimo anno li ha vissuti tutti. «A febbraio un colpo di mortaio ha centrato lo scuola bus armeno qui alla porta orientale. Ho visto l'autista e quei quattro scolari dilaniati. Poi i colpi sono caduti davanti alla scuola di Michael. Quella mattina c'era sangue dappertutto. Ho riaccompagnato a casa Philippe e Michael e sono corso all'ospedale, cercavo la figlia di un mio amico. Al reparto lui non c'era... però sentivo le urla della figlia. Ho riconosciuto la sua voce. Gridava «papà, papà dove sono le mie gambe...». Se ci ripenso mi vengono i brividi. Ogni volta che Philippe e Michael sono in giro da soli risento quella voce. E fino a quando continuerò a sentirla non riassaporerò né la gioia della vita né quella del Natale».

http://www.ilgiornale.it/news/natale-sottoterra-noi-cristiani-presepe-unica-gioia-1077716.html

lunedì 3 novembre 2014

La Siria é ancora viva. Aiutiamola...

E' l'appello di Naman Tarcha, giornalista siriano e Segretario del Coordinamento per la Pace in Siria. Il neonato Coordinamento, costituito a luglio di quest'anno, nasce dalla volontà di ridare voce ai siriani.


 Quali sono gli obiettivi del Coordinamento per la pace in Siria?
Vogliamo ritornare a fare luce sulla Siria: per anni la situazione nel Paese è stata raccontata secondo il punto di vista di una sola parte, quella degli interessi dell'Occidente. Vogliamo creare uno spazio alternativo di informazione che attraverso tutti i canali sostenga i siriani ridando loro voce.

Come è possibile, al di là di un'informazione alternativa, sostenere il popolo siriano?
Partendo da progetti, anche piccoli, ma concreti. Purtroppo accade spesso che i fondi destinati a popoli sofferenti non arrivino mai: in guerra, forse più che in pace, c'è sempre qualcuno che cerca di lucrare sulle sofferenze altrui. Il Coordinamento per la pace in Siria non crea progetti ad hoc bensì segue e sostiene i progetti siriani che già esistono. La Siria infatti, a differenza di quanto credono in molti, non è affatto un Paese morto: certo, una parte del Paese è stata completamente distrutta ma ve ne è un'altra che sta lottando con tutte le forze per rialzarsi, per tornare a vivere. A noi piace molto la definizione della Siria come La Fenice che rinasce dalle proprie ceneri. Il Coordinamento per la pace in Siria vuole fare da ponte tra i numerosi enti, associazioni siriani impegnati in progetti di ricostruzione ed enti, associazioni italiani che si occupano di aiutare il prossimo in diversi campi.
Per esempio, in Siria un interlocutore importante è rappresentato dai frati francescani nella figura del vicario apostolico di Aleppo George Abu Khazen. Per questo cerchiamo di promuovere anche gemellaggi tra diocesi siriane e diocesi italiane, o tra quanti in Siria cercano di valorizzare i beni culturali e quanti lo fanno in Italia. Scopo del Coordinamento è di individuare partner italiani che entrino in contatto con realtà siriane che stanno concretamente cercando di ricostruire il Paese. Inoltre, prima c'era una cooperazione con l'Italia molto significativa nel campo medico che vogliamo ripristinare, ma anche nei settori industria e commercio, essendo la Siria da sempre primo partner con l'Italia, attraverso piccoli progetti per creare occupazione. Vogliamo essere un vero e proprio call center, una voce per quelle associazioni della società civile che vogliono aiutare dando così vita ad un circolo virtuoso per ridare speranza al popolo siriano.

Può farci qualche esempio di questi progetti?
Crediamo che per ricostruire un Paese provato come la Siria, è fondamentale il ruolo della scuola. Solo educando le generazioni più giovani si può restituire speranza al Paese tutto. Per questo il Coordinamento fa da ponte tra scuole siriane che a causa della guerra sono state trasformate in centri di accoglienza e scuole italiane che vogliono aiutarle a tornare a essere centri di educazione.

 Inoltre, Le accennavo prima alla promozione del patrimonio artistico: la Siria ha un patrimonio culturale e architettonico ricchissimo che è stato in parte distrutto dalla guerra ma che i siriani stanno tenacemente cercando di ricostruire, come i resti romani vicino ad Aleppo o quelli di Damasco.
I segnali della volontà del popolo siriano di tornare a vivere sono numerosi: a Homs i muri della città sono stati ripuliti e ridisegnati con immagini di fiori, sole, insomma di vita.
 A Latakia i cittadini si sono organizzati per ridipingere i muri delle scuole, a Tartus un gruppo di volontari ha ridato vita ad un parco giochi, a Damasco sono stati rimessi in ordine numerosi spazi verdi, ad Aleppo, che, molti non sanno è una città di 4 milioni di abitanti, giovani volontari si sono organizzati per pulire le strade.
Una parte della città, quella a nord, è in mano ai terroristi, ma ve ne è un'altra che vuole risollevarsi e sta usando tutte le sue forze per farlo.

 Oltre alla cura del patrimonio e dell'ambiente, i siriani hanno anche dato vita a progetti di occupazione femminile e stanno rimettendo in piedi imprese storiche che sono state costrette a chiudere a causa della guerra.
Non mancano poi iniziative curiose come il flashmob promosso da giovani musicisti siriani del Conservatorio di Musica nelle strade di Damasco. 
Tutti segnali questi di come la Siria non sia affatto un Paese morto: sotto le ceneri della guerra, c'è una fiamma che attende solo di riaccendersi. Per farlo ha bisogno del sostegno di enti e associazioni che per loro stessa vocazione aiutano il prossimo. 

Il Coordinamento fa appello alla società civile. Crede che la politica debba fare pubblica ammenda rispetto a scelte sbagliate nei confronti del popolo siriano?
Credo che ci sia una indubbia responsabilità politica che va denunciata, sia che questa responsabilità sia causata da ignoranza o da malafede. Ora, per esempio, si parla tanto dei profughi siriani: benissimo purché si parli anche della popolazione siriana che deve convivere a fianco dei terroristi e che, come dicevo sopra, sta lottando per rimettersi in piedi. Dal momento poi che i canali politici tra la Siria e l'Italia sono chiusi a causa dell'embargo e delle sanzioni europee che colpiscono i siriani, non ci resta che fare appello alla società civile.


Crede che il governo italiano debba riaprire il dialogo con il governo siriano?
E' necessario riaprire i canali ufficiali altrimenti ci troviamo di fronte alla classica situazione del cane che si morde la coda. Le faccio un esempio: il più grande ospedale della Siria per la cura dei tumori si trovava ad Aleppo. E' stato completamente distrutto. Il Coordinamento sta cercando di portare dei medici ad Aleppo dal momento che la città è stata letteralmente abbandonata dai medici che non possono più lavorare ma a causa dell'embargo non ci sono né medicinali né attrezzature. Come le dicevo, fin quando i canali ufficiali rimarranno chiusi, l'unica strada percorribile è quella della società civile.

Come si può aiutare il Coordinamento per la Pace in Siria?
Chi volesse aiutare può dare un sostegno diretto al Coordinamento attraverso una donazione sul nostro sito www.siriapax.org o può segnalarci enti o associazioni che hanno voglia di aiutare indicando il campo di azione di tali realtà. Sarà poi nostro compito mettere in comunicazione queste realtà italiane con quelle siriane.

lunedì 27 ottobre 2014

Le voci dei pastori della Chiesa di Aleppo : perchè non fate niente per evitare lo sterminio di queste comunità cristiane?

 "Questa guerra ci sta dissanguando. Ma senza cristiani il Medio Oriente non sarà più come prima"


Il Giornale 21/10/2014 
di Gian Micalessin 

Aleppo (Siria)
«Guai a un Medio Oriente senza i cristiani. Senza di noi qui nulla sarà più come prima. Diventerà come l'Afghanistan, la Somalia o qualche altro Paese di quelli. E non sarà una perdita solo per il Medio Oriente o per i cristiani sarà una perdita soprattutto per l'Europa e per il resto del mondo». Il vescovo cattolico George Abu Khazen è arrivato ad Aleppo da meno di 12 mesi, ma quest'anno vissuto pericolosamente gli è bastato per capire le insidie e i pericoli che minacciano la sua comunità. 
«Tempo fa abbiamo perso una suora a due passi dall'arcivescovado. Stava attraversando la strada e un missile l'ha centrata in pieno. Di lei non abbiamo trovato più nulla. È letteralmente scomparsa. Quel che è successo a quella suora  succede ogni giorno a tanti cristiani della nostra comunità. I loro appartamenti qui nel centro di Aleppo vengono colpiti dai colpi di mortaio e dai missili dei ribelli».

Vi sentite perseguitati?
«Ad Aleppo soffriamo le conseguenze della guerra. Oltre all'insicurezza fisica dobbiamo fare i conti con le difficoltà economiche. Qui industrie e attività commerciali sono andate tutte distrutte. Gli unici che possono contare su un'entrata fissa sono i funzionari del governo e i pensionati. Per questo almeno il 60% dei 200mila cristiani di Aleppo ha abbandonato la città.
 Questa guerra ci sta dissanguando».

Altrove è anche peggio...
«Certo nelle zone controllate dallo Stato Islamico come Raqqa o Deir Ez Zor i cristiani sono scappati tutti. Lì un cristiano rischia di venir scannato o di venir venduto schiavo al mercato come è capitato alle minoranze Yazidi in Iraq. Quando l'Isis ha occupato le nostre tre parrocchie lungo il fiume Oronte, nella provincia di Idlib, i nostri fedeli sono stati costretti a togliere la croce da tutti gli edifici, a pregare solo dentro le chiese e a nascondere le statue e i simboli sacri. Praticamente sono tornati al tempo delle catacombe».

L'Occidente e l'Europa comprendono il vostro dramma?
«Incominciano ora. Fino ad oggi i nostri fedeli sono rimasti molto delusi dal vostro atteggiamento. Avete dimenticato comunità cristiane antiche migliaia di anni come gli Assiri e i Caldei. In Italia vi preoccupate molto per gli orsi e le specie in via di estinzione, ma non fate niente per evitare lo sterminio di queste comunità costrette a scavarsi la fossa».

Siete stati accusati di eccessiva simpatia per il regime di Bashar Assad
«Noi non stiamo con il regime in quanto regime, ma con l'ordine.
 Se il regime viene rimosso chi prende il potere al suo posto? Cos'è successo in Iraq? Cos'è successo in Libia? E cosa sarebbe successo in Egitto se non fosse intervenuto l'esercito? Questo regime non è come lo immaginano fuori dalla Siria. Con questo presidente la Siria ha fatto tanti passi avanti sia nel campo della liberalizzazione, sia della modernizzazione. Noi vogliamo soltanto che questo continui».

In Europa speravano che la rivolta portasse libertà e democrazia...
«La democrazia non arriva in una notte. E non arriva da chi cerca d'imporla con la forza e le armi. La democrazia è una questione d'educazione e l'Europa in questo poteva giocare un ruolo importante. Molti Paesi del Mediterraneo aspiravano ad associarsi all'Unione Europea e per farlo erano pronti ad accettare le sue condizioni. Anche in Siria qualcosa incominciava a muoversi. Con un po' di pazienza si poteva costruire una sorta di democrazia adattata alla mentalità e alla cultura mediorientale».

http://www.ilgiornale.it/news/politica/vescovo-litalia-pi-preoccupata-orsi-che-i-perseguitati-1061289.html

"L'Isis è una multinazionale con uffici di accoglienza per mercenari. L'Europa ha una responsabilità grandissima di non averne capito l'emergenza due anni fa": lo dice Monsignor Jean Jeanbart, vescovo melchita cattolico di Aleppo. 
  video qui: 



Padre Adel Daher Parroco della Chiesa Melchita Cattolica “Nostra Signora dell’Assunzione” di Aleppo ci mostra le bombe cadute sulla sua chiesa. Oltre a danneggiare il luogo di culto, le bombe sono costate a Padre Daher la perdita di un occhio e placche metalliche nel braccio
  video qui: 

Tra le macerie di Aleppo che il mondo non vuol vedere. 

Ecco le immagini dei suoi monumenti più celebri, prima  e dopo la distruzione della guerra. Il governatore: "È irriconoscibile"

martedì 7 ottobre 2014

Rapimento di padre Hanna Jallouf OFM: chiediamo la preghiera di tutti i cristiani!


A Maria, regina della vittoria di Lepanto, nostra Signora del Rosario , chiediamo la liberazione del Parroco e dei tanti cristiani del villaggio di Knayeh  rapiti dagli islamisti  e la protezione per i frati e delle suore che vivono nelle zone controllate dalle brigate di Al Nusra

Il Vescovo Khazen conferma: rapiti il parroco e una ventina di cristiani del villaggio di Knayeh

Agenzia Fides 7/10/2014

“Purtroppo devo confermare la notizia del rapimento di padre Hanna Jallouf OFM, parroco siriano nel villaggio di Knayeh, che è stato sequestrato insieme a una ventina di cristiani”. Così riferisce all'Agenzia Fides il Vescovo Georges Abou Khazen O.F.M., Vicario Apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino. 
“Il sequestro collettivo - aggiunge il Vescovo Khazen - è avvenuto nella notte tra domenica 5 e lunedì 6 ottobre. Al momento non sappiamo chi li abbia sequestrati, se sono stati gruppi di jihadisti o altri. Non riusciamo a contattare nessuno, e non siamo stati contattati da nessuno. Sappiamo soltanto che anche ieri il convento è stato saccheggiato, e altre persone del villaggio si sono nascoste. Tra i rapiti ci sono giovani, sia ragazzi che ragazze”.
Knayeh è un villaggio cristiano nella valle dell'Oronte, nella Siria settentrionale, vicino al confine con la Turchia. I frati minori della Custodia di Terra Santa sono presenti nella valle dell'Oronte da oltre 125 anni. Prima che iniziasse il conflitto, il convento, il centro giovanile, l'asilo e l'ambulatorio, gestito dalle suore francescane, erano, come lo sono anche oggi, il centro della vita del villaggio. Padre Jallouf animava con entusiasmo le attività parrocchiali, l'oratorio, le iniziative estive, le giornate di ritiro e di spiritualità.




In Siria un frate della Custodia rapito con una ventina di parrocchiani

Terrasanta.net | 7 ottobre 2014

Da Gerusalemme, dove ha sede la curia della Custodia di Terra Santa, giunge la conferma del rapimento in Siria di un frate della comunità: il siriano fra Hanna Jallouf (52 anni). 
Il religioso è parroco del villaggio cristiano di Knayeh, nella vallata del fiume Oronte vicino al confine con la Turchia, ed è stato prelevato nella notte tra il 5 e 6 ottobre con una ventina di altri ostaggi. Gli autori del sequestro sarebbero uomini armati vicini al movimento jihadista Jahbat Al-Nusra. Alcune suore francescane sono riuscite a scampare al sequestro trovando rifugio in alcune case private.

Nel 2008 quando la Siria non era ancora stata stravolta dal conflitto in atto, un servizio al lavoro di fra Hanna era stato pubblicato su Eco di Terra Santa. I frati minori della Custodia – riferivamo - sono presenti nella valle dell’Oronte da oltre 125 anni. Il convento, il centro giovanile, l’asilo e l’ambulatorio di Knayeh, gestito dalle suore francescane, sono anche oggi il centro della vita del villaggio, che conserva con orgoglio una forte identità cristiana e ha fornito alla Chiesa siriana molte vocazioni sacerdotali e religiose, sia maschili sia femminili. 
«Secondo la tradizione – spiegava fra Hanna al nostro direttore Giuseppe Caffulli - san Paolo dopo aver avuto la notizia e la gioia di poter convertire gli elleni al cristianesimo, si recò da Gerusalemme verso Antiochia. Allora c’erano tre strade che collegavano Apamea ad Antiochia. Una era la strada militare verso Aleppo, un’altra passava vicino al corso dell’Oronte, per sei mesi impraticabile a causa delle piene; una terza passava proprio dietro questa collina. Senz’altro san Paolo è passato di qua, evangelizzando queste terre. Insomma, siamo certamente i discendenti dei primi cristiani convertiti dall’apostolo missionario».
Abuna Hanna ad Amman (in Giordania) è stato direttore del prestigioso Collegio di Terra Santa, ma poi è tornato tra le montagne dell’Oronte. «La mia famiglia – spiegava ai lettori di Eco - proviene da queste valli e per me è stato un gradito ritorno a casa. Ma anche una nuova sfida, perché i villaggi dell’Oronte, un tempo il fiore all’occhiello del cattolicesimo di Siria, stanno conoscendo oggi una pesante diaspora… I giovani se ne vanno in cerca di lavoro e di fortuna. E questo indebolisce le comunità cristiane, mette in pericolo l’esistenza stessa delle nostre chiese. Di fronte a questa situazione, serve nuovamente scommettere sul futuro».

http://www.terrasanta.net/tsx/articolo.jsp?wi_number=6911&wi_codseq= &language=it

Syria: Statement of the Custody: 

http://fr.custodia.org/default.asp?id=1019&id_n=27828



Da due anni lui e i suoi fedeli vivevano sul filo del rasoio. Tollerati e sopportati, ma minacciati e controllati.

Il Giornale Mar, 07/10/2014 
Gian Micalessin

 Ora anche quell'incerto limbo è tramontato. Da domenica notte il padre francescano Hanna Jallouf e venti suoi parrocchiani sono prigionieri, ostaggi dei militanti Al Qaidisti di Al Nusra. E per duemila cristiani, stretti tra la frontiera turca e la turbolenta regione di Idlib roccaforte dei ribelli jihadisti di Al Nusra rischiano di aprirsi le porte dell'inferno.
Loro sono i cristiani di Knayem, Yacoubieh e Jdeideh, tre parrocchie del fiume Oronte dove la cristianità è di casa da duemila anni. Il primo ultimatum era arrivato un anno fa quando i capi jihadisti della zona avevano sancito le condizioni alle quali erano disposti a sopportar ela presenza cristiana sui propri territori. "Tutte le croci debbono sparire. È proibito suonare le campane. Le donne non debbono uscire di casa senza coprirsi la faccia e i capelli. Le statue devono sparire. In caso d'inadempienza, si applicherà la legge islamica". Come dire chi non si adegua o se ne va o verrà fatto fuori. Quell’ultimo terribile “aut aut” riassumeva le condizioni imposte non solo ai Cristiani dell’Oronte, ma a quelli di tutta la Siria. Padre Hanna Jallouf, il parroco di Knaye conosciuto dai fedeli come Abu Hanna, l’aveva capito da tempo. 
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continua la lettura qui: http://www.ilgiornale.it/news/mondo/siria-padre-francescano-rapito-dai-jihadisti-nusra-1057812.html

giovedì 4 settembre 2014

Una giornata di preghiera e un rosario di pallottole

Ad un anno dalla giornata di preghiera e digiuno indetta da Papa Francesco per la Siria, il Coordinamento Nazionale per la Pace in Siria propone un momento di preghiera e riflessione per questo martoriato Paese e per i suoi fedeli














Le foto di Samaan Daoud mostrano una Aleppo distrutta e Monsignor Georges Abu Khazen (successore di  Monsignor Nazzaro ed attuale Vicario Apostolico di Aleppo) con un rosario di pallottole fatto con i proiettili raccolti intorno alla sua sede di Aleppo


























LE INTENZIONI DI PREGHIERA DA NOI  PROPOSTE : 

A un anno dalla storica Giornata di Preghiera per la Pace in Siria proclamata da Papa Francesco,  rinnoviamo oggi con le parole del Papa il grido al Cielo per la Pace in Siria, da parte di tutto il popolo cristiano:
Per i nostri fratelli in Siria indifesi e perseguitati, ricordando che sono nel cuore della Chiesa e che la Chiesa soffre con loro ed è fiera di loro, fiera di avere tali figli, perché sono la sua forza e la testimonianza concreta e autentica del suo messaggio di salvezza, di perdono e di amore,  perché il Signore li benedica e li protegga sempre, preghiamo:

Ricordando le parole di Papa Francesco, che ci ha detto che la chiesa è Madre e, come tutte le madri, sa accompagnare il figlio bisognoso, sollevare il figlio caduto, curare il malato, cercare il perduto e scuotere quello addormentato e anche difendere i figli indifesi e perseguitati, preghiamo per i nostri fratelli cristiani che soffrono persecuzione in Siria, in Iraq e in molte parti del mondo. Perché il Signore li accompagni e sostenga il loro cammino, preghiamo:




Un anno fa ero a Damasco... Attorno a me si muoveva, in quei giorni, un'umanità sbigottita, spaventata, disorientata.  L'incontravo la mattina,  mi fermava per strada, mi chiedeva "Veramente Obama ci vuol bombardare? Veramente l'America e voi Europei non  capite quel che  succede  qui? Non lo  vedete? Siamo assediati....bombardandoci ci condannerete a morte... Dopo i vostri aerei arriveranno quelli con le bandiere nere, quelli che dicono di uccidere nel nome di Dio e ci spazzeranno via...Come potete permetterlo? Non siete Cristiani anche voi?"....
   leggi il racconto di Micalessin :  http://www.ilgiornale.it/news/mondo/siria-preghiera-pace-1049092.html


Noi con voi dal cuore della Siria .........

Papa Francesco ci chiama al digiuno e alla preghiera. Ci chiede di farlo per la situazione tragica della Siria, per trovare la strada del confronto, della mediazione e abbandonare l’ingiustizia e la follia di un intervento armato che porterebbe ancora più morte e distruzione. Ma non solo.
«C’è un giudizio di Dio». Non affrettiamoci a liquidare questa frase pensando a coloro che hanno usato le armi chimiche, chiunque essi siano. Anche chi ha fatto a pezzi i cadaveri, e ha gettato la carne dei morti ai cani ha passato la linea rossa. Anche chi stupra, chi uccide i bambini sulle ginocchia dei genitori, chi massacra con disprezzo, in Siria e altrove. Chi fa, con la guerra i propri interessi, chi la usa per affermare la sua politica… Ma anche chi fa a pezzi i bambini nelle nostre cliniche dell’aborto, chi elimina gli "inutili" e gli anziani, chi perseguita la libertà di coscienza. È la stessa logica: ne stiamo passando tante, di linee rosse. Su tutto questo, «c’è un giudizio di Dio»… Non affrettiamoci a far giustizia, se non siamo disposti a cominciare da noi stessi.

............ leggi il racconto delle Monache Trappiste:  http://oraprosiria.blogspot.it/2013/09/noi-con-voi-dal-cuore-della-siria.html

mercoledì 11 giugno 2014

«Aleppo, la guerra dell'acqua»




Un religioso racconta a ilGiornale.it i piani ribelli per assetare il popolo assediato

Gian Micalessin - Mar, 10/06/2014 - 17:14

È una guerra crudele e spietata. È la guerra dell'acqua. È scoppiata ai primi di maggio e da allora si riaccende a periodi alterni.
È l'ultima inutile e folle sofferenza imposta ai civili dai ribelli jihadisti che assediano Aleppo. "Ai primi di giugno l'acqua è incominciata a mancare di nuovo. Un mese fa, dopo lunghe trattative, i ribelli avevano accettato di riaprire tubature e stazioni di pompaggio, ma adesso è rincominciata. L'acqua manca già da otto giorni. E non sappiamo quanto ritornerà", racconta in questo colloquio telefonico con ilGiornale.it padre George, un religioso cristiano rimasto in questa città martoriata, abitata - un tempo - da quasi due milioni e mezzo di siriani.
L'assedio ribelle iniziato nell'agosto del 2012 ha trasformato Aleppo, un tempo il principale centro commerciale della Siria, nell'anticamera dell'inferno. Da allora un milione di aleppini ha dovuto dire addio alle proprie case minacciate da guerra e carestia. La periferia orientale, roccaforte delle milizie al qaidiste di Al Nusra, si è trasformata in una distesa macerie bersagliate dai bombardamenti dell'aviazione governativa. Sui quartieri occidentali cadono invece i colpi di mortaio di un'opposizione armata decisa a punire i civili rimasti nelle aree fedeli a Bashar Assad. Ai primi di maggio i comandanti di Al Nusra - frustati per le sconfitte subite ad Homs e in altre zone del paese - hanno progettato un'altra, più crudele, forma di punizione collettiva. Il piano del gruppo jihadista prevedeva il blocco selettivo di alcune stazioni di pompaggio in modo da mantenere il flusso idrico nei quartieri occupati dagli insorti e ridurre alla sete il versante governativo. Il progetto non teneva conto delle complesse regole dei vasi comunicanti che regolano la distribuzione idrica in un vasto centro urbano e così l'intera Aleppo, quartieri ribelli compresi, si è ritrovata a secco. Ma il problema maggiore, come spiega padre George, è il rischio di gravi epidemie. "Aleppo è una città antica e i vecchi pozzi garantiscono l'accesso alle faglie idriche. Da più di un anno la nostra comunità ha avviato un programma per la riapertura degli antichi pozzi dentro alle chiese e nelle moschee. Ma quell'acqua non sempre è potabile di solito viene usata per lavarsi e ripulire i vestiti. Quando un mese fa i ribelli hanno tagliato l'acqua potabile molti hanno incominciato a dissetarsi con l'acqua dei pozzi. E con quella stessa acqua stiamo sopravvivendo in questi ultimi otto giorni. Quest'acqua, però, non è potabile. Andrebbe bollita e purificata, ma non sappiamo se tutto lo stiano facendo. Il rischio è la diffusione di contagi ed epidemie".

Il blocco delle forniture, verificatosi alla vigilia delle elezioni presidenziali organizzate nei quartieri sotto controllo governativo, è, fa capire padre George - tutt'altro che casuale. "La sospensione delle forniture - racconta a ilGiornale.it - è stata causata anche stavolta dai ribelli che hanno fatto esplodere un ordigno in un tunnel vicino dalla stazione principale della città dove affluisce l'acqua dall'Eufrate". Come già a maggio anche stavolta la ripresa delle forniture dipende dalle delicate trattative intraprese dalla Mezzaluna Rossa con i capi ribelli. Spetterà ai delegati dell'organizzazione islamica, l'equivalente della nostra Croce Rossa, ristabilire il delicato equilibrio concordato nel corso di questi 22 mesi di assedio durante i quali il governo ha accettato di fornire carburante alle aree ribelli per mantenere in funzione le pompe che garantiscono le forniture idriche a tutta la popolazione civile.

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/esteri/aleppo-guerra-dellacqua-1026401.html 

giovedì 29 novembre 2012

“Non c'è una guerra civile in Siria, ci sono tentativi di renderla una guerra civile, c'è una pressione per trasformare il conflitto in un conflitto settario, abbiamo vissuto questa esperienza in Libano, si è visto in Iraq e ora lo vediamo in Siria. "

54 morti e 129 feriti causati da due autobombe e due ordigni arigianali, nel quartiere a prevalenza cristiano di Jaramana di Damasco , il 28/11/2012


Primavera siriana? No, grazie La rivolta è solo un'illusione

Buongiorno cari amici,
era tanto che non vi scrivevo. Avevo deciso di non farlo più. Sapete perché? Perché ormai l'Occidente, Italia compresa, non vuole più ascoltare la nostra storia, non vuole più guardare l'altra faccia della verità.
Ma quello che è successo oggi nella zona di Damasco in cui abito mi spinge a scrivervi un paio righe......
 
http://www.ilgiornale.it/news/esteri/primavera-siriana-no-grazie-rivolta-solo-unillusione-860249.html


Le auto-bombe di Jaramana spargono il terrore tra i cristiani

 
Agenzia Fides 29/11/2012  Tra le vittime dell'attentato perpetrato ieri mattina nel sobborgo damasceno di Jaramana ci sono otto cristiani, greco-cattolici e greco-ortodossi. Lo conferma all'Agenzia Fides padre Nicolas Haddad, del monastero greco cattolico di San Germano, appartenente alla Società missionaria di San Paolo. La strage, realizzata con due auto-bomba fatte esplodere di prima mattina, ha causato la morte di più di 50 persone, in maggioranza musulmani e drusi. “Tra di loro” racconta padre Nicolas “c'erano molti giovani e molti studenti. L'attentato era stato preparato per uccidere più gente possibile: quando è esplosa la prima auto-bomba, la gente si è avvicinata, e solo allora è esplosa la seconda. Tra i più di cento feriti, i cristiani sono almeno dieci”.----
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=40450&lan=ita





Saydnaya


Gridiamo: mussalaha!


"Dieci punti per la pace e la riconciliazione in Siria"

di Madre Agnès Mariam


1. Sostenere la risoluzione dei conflitti attraverso il negoziato e l'attuazione di un processo democratico.

2. Arrestare il flusso di armi in Siria.

3. Stigmatizzare metodi di guerra che sono contro la Convenzione di Ginevra.

4. Frenare le interferenze straniere nel conflitto siriano.

5. Fornire informazioni veritiere sul conflitto in Siria.

6. Supporto ai nuovi partiti politici che si moltiplicano e danno una forma nuova nel panorama politico in Siria.

7. Cessare le sanzioni che  stanno solo danneggiando  la popolazione civile.

8. Equa distribuzione degli aiuti umanitari.

9. Appello all' imparzialità tra le ONG che lavorano nel conflitto siriano.

10. Sostenere un nuovo stato che  garantirà parità di cittadinanza e la libertà religiosa per tutti i gruppi religiosi ed etnici.
 
Magazine Kairos cattolica Journal Vol. 23 N. 21 novembre 2012 www.cam.org.au / kairos