Traduci

martedì 4 ottobre 2016

Pace per Aleppo, nella giustizia e nella verità

 Aleppo muore!”. Accendi la TV, ascolti un TG qualsiasi, anche TG2000, e sei investito da servizi che il fantomatico "Osservatorio per i diritti umani siriano" (ONDUS) con sede in Inghilterra ha puntualmente preparato per raccontarti l'orrore che i 100.000 bambini, sì proprio centomila su una popolazione totale di 250.000 persone rimaste ad Aleppo est, stanno patendo per colpa dell' "assedio" e dei bombardamenti di Russi e Siriani.
 Save the Children  addirittura dichiara: “I bambini di Aleppo orientale sono esposti a un tale livello di pericolo a causa delle cosiddette “bombe terremoto” o bombe anti-bunker che non possono nemmeno frequentare le scuole sotterranee”.

Anzitutto dico: fosse anche una sola persona a morire (bambino, vecchio, donna o soldato) per me non fa differenza. Il dolore è lo stesso perché ogni persona ha una famiglia e un valore immenso per chi la ama; ogni persona è una ricchezza anche per la propria gente e la propria nazione.
  Posto questo, bisogna che si dica che non da adesso Aleppo sta soffrendo e in buona misura morendo, nè i suoi guai sono iniziati con i bombardamenti siriani e russi. Il calvario di Aleppo è iniziato da più di 4 anni e cioè da quando i tagliagole jihadisti e takfiri salafiti di tutte le provenienze l'hanno invasa e ne hanno preso possesso per buona parte. Molti Cristiani hanno pagato con la vita la coerenza con la loro fede.  
  Hanno terrorizzato la popolazione con esecuzioni terribili ed esemplari, costringendo tutti ad assistere.  Da ormai 4 anni quotidianamente costoro scaricano su Aleppo ovest (in mano ai governativi) immani quantità di bombole piene di esplosivo, i cosiddetti "cannoni dell'inferno" che hanno causato migliaia di vittime civili intenzionali! 

Tutto questo calvario è stato continuamente accompagnato da innumerevoli appelli da parte dei Vescovi delle varie confessioni religiose presenti in Siria e ad Aleppo in particolare, perché la comunità internazionale facesse qualcosa di concreto per fermare il terrore.
Le richieste sono state sempre le stesse: bloccare i flussi di armi ai Jihadisti ed eliminare le sanzioni. Sanzioni che la comunità internazionale  ha comminato alla Siria per punire Assad della repressione attuata nel 2011 verso i manifestanti “pacifici” che, assieme allo slogan “Cristiani a Beirut, Alawiti nella tomba”, chiedevano “maggiore democrazia” e riforme. 
Leggete qua:  Vescovo maronita di Aleppo al Senato italiano: assediati dai terroristi, noi vittime dei ribelli

Quanto sopra, per dire chiaramente che:
1° I morti quotidiani nella parte occidentale valgono almeno quanto quelli della parte orientale, tenendo anche conto che la popolazione rimasta ad Aleppo est (da alcune fonti stimata ormai a poco più di 150mila) in  buona parte viene usata come scudo umano dai miliziani.
2° Occorre riconoscere chi sono gli aggrediti e chi sono gli aggressori. Distinzione che sembra obliata dalla totalità dei mezzi di informazione, ma dalla quale discendono conseguenze in ordine al diritto internazionale, non di poco conto (in primis il diritto a difendersi e a scegliersi alleati per combattere l’invasore).

Questa guerra deve finire al più presto, ma non è un cessate il fuoco unilaterale che la fermerà: ormai è chiaro che i “ribelli moderati” sono tali solo nella mente degli USA, nella realtà sono alleati o organici alle altre varie fazioni terroriste; dal momento che a queste milizie è stato offerta dai Russi e da parte governativa, in più occasioni, la scappatoia del salvacondotto per loro e le proprie famiglie (cosa accettata in almeno 700 altre località della Siria), il rifiuto è da considerarsi uno stratagemma: chiedere attenzione umanitaria alla comunità internazionale denunciando le crudeltà di chi legittimamente li vuole sloggiare.

Esistono altri modi per uscirne?
Una speranza, seppure flebile, arriva anche dalla richiesta alle Nazioni Unite da parte dei Francescani della Custodia di Terrasanta, per l’invio di una forza d’interposizione (caschi blu) ad Aleppo ed in altre parti della Siria per fermare i combattimenti e per arrivare a una pace duratura.
Su questa possibilità ho qualche riserva in quanto l’ONU ha dimostrato spesso di non essere affatto un organismo super partes e anche in altre occasioni (Africa e Balcani) non ha dato il meglio di sé.

Cosa possiamo fare noi? Innanzitutto pregare perché il popolo siriano abbia presto giustizia e pace. Rosari e Sante Messe non andranno sprecati.
 Insieme a questo dobbiamo parlare, facendo anche la fatica di cercare di capire sempre a chi giova la notizia: il vero e il falso sono spesso nascosti ad arte e a noi tocca la responsabilità di discernere al meglio.
 Pace ad Aleppo! Pace alla Siria! Pace al mondo intero nella giustizia e nella Verità.

  Gb. P.


Aleppo insanguinata

di Charlotte d’Ornellas -
29 settembre 2016
Il calvario di Aleppo è molto reale, da una parte e dall'altra dell'assurda frontiera creata dalla guerra.
Questo mercoledì mattina, da uno dei quartieri attualmente sotto il controllo dell'esercito siriano, Pierre le Corf mi dice:
Scusa, ora non posso parlarti, è appena caduta una bomba . Pierre è un giovane francese che, da oltre sei mesi, ha scelto di vivere tra gli Aleppini.
Dopo qualche minuto, posta una fotografia delle sue mani insanguinate, ma non è il suo sangue. E' di un uomo a cui un secondo proiettile ha strappato il braccio, mentre a pochi metri di distanza cercava di fuggire. L'uomo viene caricato in una macchina, e muore dopo pochi istanti.

Immaginate di essere pesci rossi in un vaso con il collo stretto, da cui è impossibile uscire, con acqua non sufficientemente torbida per nascondere il mondo che continua a girarvi intorno, ma abbastanza perchè il mondo non si accorga di voi”, scrive sulla sua pagina Facebook, dove è supportato da decine di commenti di Aleppini grati per le testimonianze che trasmette ai Francesi che scelgono di leggerle.

Ancora un'altra giornata molto dura per gli estenuati abitanti di Aleppo. Sul lato occidentale della linea del fronte, le bombe provocano esattamente gli stessi danni, e molti Siriani che vivono nell'area governativa sono amareggiati per la minore attenzione che i giornalisti occidentali riservano loro: come se le loro vite valessero meno di quelle dei compatrioti che vivono nelle zone "ribelli".

Tu non sei un giornalista, Pierre, racconti la verità priva di qualsiasi artificio”, commenta una giovanissima Aleppina.
Ma contrariamente a chi ha una visione semplicistica della realtà e vede la città divisa tra buoni e cattivi, gli Aleppini che affollano la zona lealista si preoccupano per i civili, loro fratelli, che muoiono dall'altra parte del fronte.

"Stasera, la mia preghiera è un grido al Cielo per i nostri fedeli ed anche per i civili che muoiono dall' altra parte"  confida fratel Georges Sabe, un fratello marista che si adopera da anni per la popolazione, e in particolare dagli inizi di questa orribile guerra.

Oggi, mercoledì sera, si trova al capezzale di Pamela: una bimba di sei anni in attesa di essere operata, perchè durante il pranzo una granata l'ha colpita alla colonna vertebrale, in un attentato che ha ucciso due persone.
Ancora un giorno di dolore”, commenta timidamente Padre Georges. Un'altra ancora, da quando i 'ribelli' penetrarono nella zona est della città nel luglio 2012.
Stasera, terrò una lampada accesa davanti all'icona della Santa Vergine” conclude, invocando tutte le persone di buona volontà a fare altrettanto ovunque sulla Terra.

Il calvario di Aleppo è palese da una parte e dall'altra di questa assurda frontiera creata dalla guerra. Anche da quella parte centinaia di migliaia di persone soffrono il martirio: sono gli abitanti dei quartieri ovest o gli sfollati dai quartieri est, fuggiti all'arrivo di 'ribelli' subito temuti come la peste. Altri provengono dai villaggi circostanti, abbandonati per lo stesso motivo.

Tutti hanno un unico e insopprimibile desiderio ormai: la pace. E come le sofferenze, anche questa aspirazione è sicuramente la stessa nei cuori dei civili dell'altro lato della città insanguinata.

Trad. Maria Antonietta Carta


I Francescani: fare di Aleppo una “Zona di Sicurezza” sotto il controllo dei Caschi Blu

Agenzia Fides 4/10/2016

 La comunità internazionale deve adoperarsi concretamente “per fare di Aleppo una Zona di Sicurezza” da porre sotto il controllo diretto “delle Forze di pace dell'Onu”, applicando alla tragica situazione siriana “le migliori soluzioni apprese in precedenti esperienze per garantire la massima collaborazione e la riuscita dell’iniziativa”.
Nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa di San Francesco di Assisi, i Frati Minori – componente della Famiglia francescana di cui fa parte anche la Custodia di Terra Santa – lanciano un appello urgente e pieno di implicazioni operative per chiamare la comunità internazionale a fermare la carneficina in atto nella città martire e in altre aree della Siria. 

L'appello, co-firmato dal Ministro generale Fr. Michael A. Perry OFM e dal Custode di Terra Santa Fr. Francesco Patton OFM, richiama l'attenzione sul fatto che anche “altre zone di Sicurezza dovrebbero essere create in Siria, come parte integrante di un piano completo per garantire l’incolumità di tutti e raggiungere definitivamente la pace. Queste Zone – si legge nel testo dell'appello, pervenuto all'Agenzia Fides - dovrebbero essere poste sotto il controllo delle Forze di Pace dell’ONU, che opererebbero su mandato del Consiglio di Sicurezza e con la totale cooperazione delle diverse parti coinvolte nella guerra”. 
I superiori dell’ordine dei Frati Minori e della Custodia di Terra Santa chiedono a ”tutte le forze in campo e a tutti coloro che hanno responsabilità politiche, di mettere al primo posto il bene della popolazione inerme della Siria, di far immediatamente tacere le armi e di porre fine all’odio e a qualsiasi tipo di violenza, in modo tale che si possa davvero trovare e percorrere la via della pace, della riconciliazione e del perdono”. 
In particolare – fanno notare p. Perry e p. Patton - l'istituzione di una Zona di Sicurezza attorno ad Aleppo “permetterebbe alla popolazione tutta, provata dalle immani conseguenze del conflitto, senza discriminazione alcuna, di poter ricevere i necessari aiuti umanitari, ritrovare sicurezza e protezione e riscoprire la fiducia e la speranza in un futuro immediato abitato e animato solamente dalla pace”.
Un pensiero è rivolto dai due Superiori religiosi anche “ai nostri confratelli che con coraggio continuano a vivere in Siria e a testimoniare, come veri “buoni samaritani”, la loro vicinanza di servizio concreto a tutta la popolazione gravata dalle strazianti conseguenze del conflitto”.

Attualmente sono circa quindici i Frati Minori presenti in Siria. Tra loro – confermano a Fides fonti locali -, oltre ai religiosi dislocati a Damasco, Aleppo e Latakia, ci sono due frati che continuano a svolgere la loro opera pastorale a Knayeh, Yacoubieh e Jdeideh, i paesini della Valle dell’Oronte, sottoposti al dominio delle forze jihadiste, dove alcune centinaia di battezzati continuano a vivere, pregare e partecipare alle Messe celebrate nelle tre parrocchie cattoliche spogliate delle campane, delle croci e delle statue dei Santi. I due frati che stanno con loro sono gli unici sacerdoti e religiosi cristiani rimasti nelle terre dove dettano legge le milizie jihadiste.