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martedì 3 novembre 2015

Viaggio in Siria (2): Homs, ya Rabb!



    "Ya Rabb! = mio Dio!"
Davanti ai mozziconi di palazzi testimoni verso il Cielo di mesi e mesi di bombardamenti incrociati, atti terroristici e sofferenze immani, non trovo che questa parola, delle dieci che ho imparato: 'mio Dio!'
I due terzi di Homs sono ridotti così.



    Ci rechiamo alla casa dei Gesuiti dove riposa il caro padre Frans per pregare sulla sua tomba, affidargli l'intercessione per la pace in Siria e salutare i suoi confratelli. E qui comprendo un po' meglio le parole del Vangelo  "era necessario che il Figlio dell'uomo soffrisse molte cose ..." .
  Grata di raccogliere la testimonianza di padre Nouras Sammour, questo è il suo racconto:

    “Tutto è cominciato nel giugno 2012 con l'assedio, c'erano persone che volevano andarsene e altre che volevano restare; sono rimasti circa 90 cristiani, tra questi nel corso dei mesi diversi sono morti a causa di malattie, non direttamente per la guerra. Poi, nel febbraio 2014 ci fu un accordo tra lo Stato siriano e gli uomini armati che stavano qui, infine si concluse che quelli che volevano uscire potevano farlo.
Dunque molti della comunità cristiana sono usciti ma un piccolo resto di cristiani si è fermato, padre Frans ha voluto restare con loro, perché non c'era nessun altro che potesse prendersene cura.
Ne sono rimasti una ventina; era il 7 aprile 2014; un mese dopo Frans è morto.
Durante questo tempo egli era diventato un simbolo; era lui che teneva insieme questa gente.
Egli aveva delle provviste, farina, cibo, mentre in generale approvvigionarsi qui era assai difficile. Frans aveva qualcosa, ma soprattutto era il pastore: visitava i malati, portava conforto, faceva i funerali e celebrava la messa la domenica; nei pomeriggi si riunivano per la preghiera e la cena. La domenica dopo la messa si radunavano qui.  Ci sono video e registrazioni di questo, perché con il 3G riuscivano a inviare le comunicazioni. C'è chi ha trascritto le sue omelie, le sue riflessioni, e ce le ha comunicate. Di tanto in tanto riuscivamo a sentirci al telefono, l'ultima comunicazione che avremmo fu due giorni prima del suo assassinio. Ogni tanto io venivo a Homs ma dalla parte della nostra residenza;  ma pur essendo a 1 km di distanza non si riusciva a giungere fin qui.

   La ragione del suo assassinio?
Sì, lui era un simbolo, tutta la sua vita è stata per l'incontro e la riconciliazione, questo è chiaro,
Che lui sia stato assassinato proprio perché egli era questo simbolo, può essere, non lo so, né so chi lo ha ucciso, non lo conosco personalmente. Ma senza dubbio è qualcuno che ha fatto un atto di male contro il bene, semplicemente IL MALE: questo è certo. Non si tratta di condannare la persona, non spetta a me giudicarla. Ma l'atto in sé è un atto di male contro una figura di bene, contro una testimonianza del Vangelo.
E oggi la sua presenza continua. Certo, noi vorremmo vederlo ancora in mezzo a noi , così come allora avremmo voluto avere il suo corpo, per fare i funerali … Ma in quel momento era molto difficile, questo quartiere che era sotto assedio: mi ero messo in contatto con alcuni ufficiali che mi dissero che erano pronti a inviare l'ambulanza per recuperare il suo corpo se l'altra parte che stava qui avesse accettato. Allora quando interpellai questa parte dissero: “Si, ma noi ci dobbiamo sentire anche con altri...“. E allora io ho detto: “ se non c'è risposta io lo seppellirò lì".  
Non arrivando risposta, io ho sentito che bisognava seppellirlo qui, dove lui aveva donato la sua vita.
E dunque lo abbiamo seppellito qui, e questa ora è una consolazione: è qui il suo posto. È una consolazione, la comunicazione misteriosa della fede che continua.
carboncino di Layla Orfali

Può essere un mio pensiero personale, ma forse il ritorno delle persone che sono rientrate nel quartiere, nelle loro case, non sarebbe stato così facile se Frans non avesse donato la sua vita.
È il chicco di grano che dona la sua vita perché la moltitudine possa vivere.
Questa è la mia lettura.

Nella città di Homs c'erano circa 150,000 cristiani. Oggi ne sono rientrati la metà."


    Poco distante, la chiesa della Santa Cintura: la ricordo bene prima della guerra,  santuario di devozione alla reliquia della Madonna: oggi è il simbolo della devastazione ma anche  della volontà ostinata dei cristiani di ricostruire, di riprendere la vita, la presenza, la speranza che 2000 anni di storia hanno radicato qui.  Qui è passata la Vergine Maria : 2000 anni fa, alla radice della storia cristiana.

    Allo stesso modo, negli scantinati della parrocchia greco-ortodossa della Madonna dell'Annunciazione ammiro le preziose antichissime icone del Monastero di san Georges qui custodite, salvate per l'amore dei fedeli consapevoli di un patrimonio molto più grande del valore economico di queste opere d'arte:
 'una questione di vita o di morte' , come mi dicono con semplicità.

Nella via di fronte alla chiesa rimbalzano i richiami dei bambini che escono a frotte dalla scuola, voci di un popolo che domanda solamente di poter avere un futuro nella propria terra.


  Fiorenza 
  (segue)




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il documentario di Anastasia Popova: