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domenica 13 aprile 2014

Primavere arabe, teocrazia e democrazia, laicità e libertà...: grandissima intervista al Patriarca maronita Bechara Raï. Appello per il Libano

I Cristiani d'Oriente non sono "una minoranza", siamo cittadini originari in una terra che è pienamente la nostra.


Vi invitiamo a leggere per intero l'ampia, ricchissima intervista (in francese) di Isabelle Dillmann
  della 'Revue des Deux Mondes' al Patriarca libanese - a questo link : http://www.oeuvre-orient.fr/2014/04/04/entretien-sur-les-chretiens-dorient/

  Traduciamo e pubblichiamo solamente alcuni dei passaggi inerenti la situazione siriana.



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Ecco perché abbiamo bisogno di stabilità. Non si può parlare di progetto di sopravvivenza quando la guerra distrugge tutto. "Primum vivere deinde philosophari." Dobbiamo prima vivere e poi filosofare. La sfida è di rimanere, trovare modi per vivere in solidarietà, per mantenere sul posto una popolazione moderata che  spesso non ha scelta tra l'esilio o scivolare nel fondamentalismo. Questo è ciò che minaccia la pace nel mondo.

Revue des Deux Mondes - Quale paese, quali governi mette in causa?
Bechara Boutros Rai:  Io ho detto - e io sono responsabile delle mie parole - che alcuni paesi dell' Occidente e dell'Oriente, compresi alcuni paesi arabi e potenze regionali che non mi permetterò di nominare, supportano con armi, denaro e sostegno politico dei gruppi ribelli e milizie islamiste venute da tutto il mondo. Alcuni paesi pagano questi mercenari stranieri, sia dal Maghreb, dall'Azerbaigian e l'Afghanistan. Si trovano combattenti ceceni, libici, yemeniti o europei  radicalizzati per distruggere, terrorizzare e uccidere. Possiamo ancora parlare di guerra civile in Siria con tante interferenze internazionali?
Un ambasciatore di uno stato "pro-opposizione", ha ammesso davanti a me che "purtroppo" alcuni stati occidentali, compreso il suo, sostengono e finanziano questi gruppi fondamentalisti in Siria. Si tratta di una ingerenza esterna che fomenta la guerra a tutti i costi, prendendo il pretesto di instaurare la democrazia! Se delle riforme sono indispensabili  in Siria come in altri paesi arabi, queste non si possono fare dall'esterno o col terrore. Noi non siamo stolti. Non si tratta in questo caso nè di volontà democratica nè di sostegno alle riforme sociali e politiche di cui il mondo arabo avrebbe grande bisogno, ma di interessi finanziari ed economici con un commercio di armi appetitoso e di mire geopolitiche sulla regione . La Siria è diventata il teatro di un conflitto armato al quale prendono parte degli stati esteri per il proprio interesse. Non abbiamo bisogno di questo. Permettetemi di essere chiaro.

Revue des Deux Mondes - All'inizio del conflitto in Siria, nel settembre 2011, voi avevate optato per una posizione di mezzo, siccome i maroniti sono divisi in due fazioni - pro-e anti-siriane. Voi invitavate alle riforme attraverso il dialogo, suggerendo di "dare il tempo al presidente siriano" ...
Bechara Boutros Rai: Ciò che mi preoccupa non è la divisione dei cristiani, è la divisione dei musulmani dei due rami opposti dell'Islam, sunniti e sciiti, e le sue ripercussioni regionali e internazionali. La grande domanda è: "Come riconciliarli e tagliare corto questo aumento fondamentalista?".  I maroniti sono divisi in due campi:. Pro-Assad e anti-Assad. Da un lato, i sunnito-cristiani che vogliono un cambio di regime in Siria, e dall'altro i sciito-cristiani che ritengono che l'asse Teheran-Damasco-Hezbollah fornisce maggiori garanzie di sopravvivenza ai  cristiani orientali che non un'alleanza con l'Occidente. Ma su tutti gli affari nazionali, i cristiani sono d'accordo tra di loro.

Revue des Deux Mondes - Siete stato frainteso o voi sostenete il regime di Bashar al-Assad?
Bechara Boutros Rai:  No, certo che non supporto il regime di Bashar al-Assad. Questa non è la funzione di un patriarca, sostenere questo o quel regime, contrariamente da quanto immaginato da chi costruisce questo. Io sono contro la guerra, contro la violenza, contro la tirannia e dittatura. Ma mi rifiuto di passare di male in peggio. Un capo di Stato occidentale mi ha detto rispetto a questo: "Non bisogna sacrificare la democrazia in nome della stabilità."
Voglio approfittare di questa conversazione per cercare di illuminare l'Occidente su ciò che non capisce dell'Oriente. Lei mi ha posto questa domanda come se fosse cosa ovvia. Ma l'Occidente non riesce a capire nè ad ammettere che i cristiani hanno sempre rispettato le autorità locali in carica. Paradossalmente, è finora la migliore garanzia di sopravvivenza.

Revue des Deux Mondes - Il mio amico lo storico Samir Kassir, assassinato nel giugno 2005, ha parlato di un doppio sentimento di persecuzione e di odio di sé che hanno gli arabi. Egli credeva anche che la democrazia nel mondo arabo sarebbe passata dalla "primavera araba" a Damasco. Cosa ne pensa lei delle rivoluzioni arabe?
Bechara Boutros Rai:  Abbiamo accolto con favore le proteste popolari della "Primavera araba" in Tunisia, Egitto, Siria. Ma cosa è successo tutto ad un tratto? Come un gioco di prestigio "magico", o meglio tragico, questi eventi popolari sono scomparsi. Movimenti fondamentalisti hanno preso il sopravvento e si è verificata la guerra civile. Questa è la situazione in Egitto e in Siria oggi, per non parlare della Libia!
Questi giovani, qualunque sia la loro religione, vogliono la pace e vogliono riforme eque e attese. Hanno avuto il coraggio di scendere in piazza e non vogliono consegnarsi consenzienti nelle mani retrograde dei fondamentalisti. Complimenti alla pressione della società civile egiziana che dice no all'instaurazione di una società islamica!
La "primavera araba" è ben altro da questa diversione grossolana  di una democrazia-trappola che ha cercato di stornare ciò che era acquisito come in Tunisia. Stiamo assistendo allo stesso fenomeno in Siria. Che i mass media trasmettano le bugie non significa che si possa nascondere la verità. Ciò che si auspica è una rivoluzione dell'uomo e della stima che egli deve avere per se stesso. E mi rivolgo a quelli dell' ombra, a quelli che provocano terrore collettivo, e sostengono  gruppi  estremisti per destabilizzare un po' di più il mondo arabo su tale scala snaturando le speranze della gente.

Revue des Deux Mondes - Lei crede, come Walid Jumblatt il leader druso, che il mondo arabo sta morendo e affonderà?
Bechara Boutros Rai:  No, questa non è la fine del mondo arabo o la morte di un popolo. Questo è una fortissima crisi storica della stessa portata della fine dell'impero ottomano e della divisione della regione che ne seguì  più di un secolo fa. Abbiamo bisogno di una riflessione unitaria all'interno. Io non sono un utopista, ma l'ultima parola non potrà mai essere la disperazione. Questa è una crisi molto grave che assomiglia a quella di un organismo vivente che cade gravemente malato. Fino a quando non è morto, egli può tornare in buona salute. Noi, cristiani e musulmani, ci siamo ammalati. Dobbiamo riprenderci.
Ricordate, nella sua esortazione alle nazioni, Papa Francesco ha chiesto al mondo di "rinunciare all'odio fratricida, alla menzogna, alla proliferazione e al commercio illegale di armi." Egli ha sollevato la questione di un'economia mafiosa.
Chiedo regolarmente, senza mai ricevere una risposta, agli ambasciatori dei paesi che sostengono i gruppi estremisti di rivedere la loro politica. Che dire del mercato delle armi? Per quale scopo così tanti soldi spesi, tanto supporto logistico per sostenere queste milizie? Tante città sistematicamente distrutte, tanta sofferenza, tanti rifugiati nel mondo ... Chi ha  interesse nel voler tornare al sogno del grande califfato internazionale? Ci ritroveremo questi "sponsor di guerra" che in seguito presenteranno la fattura per la ricostruzione? Ancora nessuna risposta. Non mi ricordo chi ha detto con una triste ironia che Dio ha creato il mondo, ma che l'economia lo gestisce.

http://www.oeuvre-orient.fr/2014/04/04/entretien-sur-les-chretiens-dorient/

Il card. Raï all'Onu: il fondamentalismo islamico, minaccia per la pace




dal sito Radio Vaticana

Il cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca d'Antiochia dei Maroniti, ha tenuto nella sede Onu di Ginevra, una conferenza sul tema dei cristiani, la pace e il futuro in Medio Oriente. 
Tre i punti toccati: la presenza dei cristiani nel mondo arabo, una ricchezza di tradizioni e iniziative sociali nei vari Paesi che ha promosso valori morali e umani, in una costante testimonianza di ricerca di convivialità tra le differenze. In secondo luogo la destabilizzazione attuale del Medio Oriente, dovuta ai tanti colpi di Stato, alle lotte ideologico-religiose, al trionfo di rivoluzioni come quella di Khomeini in Iran, alla deviazione fondamentalista che ha pressoché annullato i frutti iniziali della "primavera araba" e le ingerenze di Paesi occidentali che mantengono vivi i conflitti. Infine, il porporato si è soffermato sulle prospettive di futuro per la Siria, facendo suoi, da un lato, i richiami di Papa Francesco ad una soluzione politica, fatta di dialogo e di negoziazioni e, dall'altro, gli interventi di mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l'Ufficio Onu di Ginevra, che più volte ha ribadito analoghe vie di risoluzione del conflitto, nel rispetto reciproco, liberando fede e politica da strumentalizzazioni reciproche. 
Il milione e mezzo di rifugiati in Libano, vittime del conflitto siriano, non possono più attendere una soluzione al dramma che stanno vivendo. Il patriarca, al termine del suo intervento, ha ribadito che persistono numerosi elementi in comune e complementari tra cristiani e musulmani, vissuti da più di un millennio tra le due culture che costituiscono una base solida per il futuro. 
A margine della conferenza Gabriele Beltrami ha rivolto al cardinale Béchara Boutros Raï alcune domande a partire dalle parole di Papa Francesco all'udienza generale relative all’uccisione del padre gesuita Frans van der Lugt lunedì scorso in Siria.

R. - Ci rincresce molto l'assassinio del padre che conosciamo molto bene dal Libano. Penso che sia stato ammazzato da fondamentalisti i quali, perseguitano i cristiani dichiaratamente e anche i musulmani. Ogni fondamentalismo commette atrocità, violenza, terrorismo, morte, assassinio, lo fa a nome della religione, quindi danneggia la religione stessa. Certo questo non rappresenta l'Islam. L'Islam è un'altra cosa, ha i suoi valori. I moderati, che sono la maggioranza, dovrebbero condannare tutto ciò. Purtroppo non condannano apertamente e noi insistiamo affinché questa posizione sia presa chiaramente. Spesso non lo fanno perché hanno paura di essere perseguitati. Questo noi lo sappiamo e lo rispettiamo. Però voglio dire alla comunità internazionale e all'opinione pubblica che la maggioranza dei musulmani sono moderati. Mi dispiace che una scelta politica sta fomentando e promuovendo il fondamentalismo. Prendiamo il caso dell'Egitto: i Fratelli musulmani sono stati aiutati finanziariamente da grandi potenze per ottenere il potere. Questo cosa vuol dire? Vuol dire che questa scelta politica vuole fomentare i conflitti dentro l'Islam stesso, ma anche vuole mostrare, per il bene di qualcuno, che è impossibile la convivenza tra gli uomini e, socialmente, tra le diverse civiltà. Bene, vogliamo salutare il popolo egiziano che ha potuto fare questa rivolta, la stessa cosa in Siria. Mi dispiace molto, perchè la gente voleva le riforme: erano delle manifestazioni giuste e vere. Sono state soppiantate da questi gruppi fondamentalisti. Sia Paesi dell'Oriente che Paesi dell'Occidente volevano sempre mandare armi ai ribelli: ma a chi andavano? Ai fondamentalisti, ai mercenari. Vuol dire che c'è una scelta politica latente che vuole destabilizzare le società. Bisogna non solo che i moderati musulmani denuncino apertamente, ma bisogna anche che la comunità internazionale si renda conto che non può continuare a promuovere e sostenere e consolidare e fortificare i gruppi fondamentalisti, perché questi non sono un pericolo solo per la regione, per i cristiani: sono un pericolo per la pace mondiale. Quando uscissero fuori questi gruppi fondamentalisti che non promuovono che il terrorismo, chi li potrà domare? Bisogna che la comunità internazionale prenda coscienza e che dia ascolto al Santo Padre Francesco.

D. - In una recente intervista ha messo chiaramente in discussione che si possa ancora parlare di guerra civile in Siria dopo le tante ingerenze internazionali che, secondo lei, alimentano solo le ostilità. La sua è una denuncia forte: che reazioni ha ottenuto fino ad oggi?

R. - Quelli che non vogliono la pace e non vogliono soluzioni politiche rifiutano questo discorso. E io l'ho sperimentato personalmente già all'inizio della guerra in Siria, perché sono cosciente e lo dico dichiaratamente, pubblicamente: quando io facevo appello ad una soluzione pacifica e politica in Siria, allora dicevano che sostenevo il regime. Poi mi sono consolato perché fin dalla sua elezione, Papa Francesco non ha cessato mai di richiamare alla soluzione politica. Chi non vuole la pace, non accetta il tuo discorso; chi vuole la guerra non accetta il discorso per la pace; chi vuole l'oppressione non accetta il discorso della giustizia; chi vuole inimicizie non accetta il discorso della fratellanza. Però questo non vuol dire che dobbiamo tacere: dobbiamo sempre dire la verità, richiamare alla giustizia, all'amore - perché siamo tutti uomini - e anche alla libertà. Questi sono i quattro pilastri della pace di Papa Giovanni XXIII: verità, giustizia, libertà e amore. Se questi pilastri non esistono, allora la pace non può esistere. Ecco la voce profetica della Chiesa.

D. - Sembra che in Medio Oriente la ricerca di pace stabile e di riforme eque attese da tempo si sia arrestata o quantomeno rallentata. Lei parla di "fortissima crisi storica della stessa portata della fine dell'Impero ottomano e della divisione della regione che ne seguì più di un secolo fa": quali le piste per una risoluzione?

R. - All'origine di tutto quello che sta avvenendo nel Medio Oriente, ci sono il conflitto israelo-palestinese e israelo-arabo. Sono due conflitti. Quello israelo-palestinese riguarda il territorio palestinese: gente cacciata dalla terra, la propria terra, che vive miseramente nei campi. Quello israelo-arabo riguarda Israele che occupa Paesi arabi - Libano, Siria, Palestina - e le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza non vengono applicate. Bene: né i palestinesi hanno diritto di ritornare, né hanno diritto di formare il loro Stato, né l'esercito israeliano applica le risoluzioni per lasciare i territori occupati: vuol dire che non vogliono la pace. E da questo conflitto nascono, si alimentano, come da un fuoco, gli altri conflitti del Medio Oriente. Sono riusciti a creare il conflitto tra i musulmani, hanno cercato di farlo tra cristiani e musulmani, ovunque, specialmente in Libano, con la guerra del Libano: non sono riusciti perché la cultura libanese della convivialità ha prevalso. Sono riusciti a creare questo grande conflitto tra sunniti e sciiti, tra moderati e fondamentalisti e integralisti, il conflitto in Egitto tra moderati e fratelli musulmani che sono piuttosto integralisti. In Irak hanno acceso il conflitto sunniti-sciiti. Tutti i giorni si ammazzano a vicenda. In Siria la lotta non è tra siriani sunniti e sciiti, lì non ci sono sciiti: si tratta di una lotta di Paesi sunniti capeggiati dall'Arabia Saudita e Paesi sciiti capeggiati dall'Iran. Questi Stati fanno la guerra in Siria attraverso l'opposizione, da una parte, e attraverso i gruppi fondamentalisti e mercenari che vengono da diversi Paesi occidentali e orientali. Questa è la grande tragedia: se la comunità internazionale vuole veramente la pace nel Medio Oriente, deve cominciare a risolvere il conflitto israeliano-palestinese e israeliano-arabo.

D. - Il Libano ha accolto un milione e mezzo di profughi siriani, un terzo della popolazione libanese: qual è oggi la situazione e le prospettive per loro?

R. - Il Libano, differentemente da altri Paesi, non ha potuto chiudere le porte, non ha potuto mai dire basta, perché in Libano c'è una parola che dice: "Le mani che hanno conosciuto i chiodi, inchiodate dai chiodi, solo loro sanno toccare le ferite". Noi abbiamo sperimentato e noi sempre abbiamo detto, io ed altri: "Fossimo noi al loro posto! Fossero le nostre famiglie!". Quindi noi non possiamo chiudere la porta alla gente innocente. Questo non vuol dire che il Libano deve assumere da solo questo peso. Non si tratta solo di un grande peso economico-sociale - perché non hanno nulla per vivere, per vestirsi, per mangiare, per le scuole – ma anche niente sicurezza, perché entrano le armi. A lungo andare questo minaccia l'identità del Libano, la fisionomia sociale e la cultura libanesi e minaccia specialmente la sicurezza del Libano perché queste persone verranno strumentalizzate politicamente: è gente oppressa, gente ferita quindi può vendersi a tutte le correnti. Una volta il Beato Giovanni Paolo II disse all'Onu che non basta denunciare i fondamentalisti e integralisti, bisogna vedere perché esistono, dove stanno le cause perché se c'è oppressione e ingiustizia nel mondo ecco che nascono questi gruppi fondamentalisti. Bisogna aiutare i profughi, certo, ma bisogna anche salvare il Libano. Noi chiediamo oggi che siano stabiliti campi all'interno della Siria, dove hanno molto spazio di sicurezza sotto il controllo dello Stato, e se per caso fosse difficile far passare gli aiuti attraverso le frontiere siriane - dato che il regime ha paura che entrino anche i mercenari - noi proponiamo che siano sulla "no man's land", cioè tra le due frontiere. Però adesso lo stesso problema è che vivono in mezzo ai villaggi: non abbiamo spazio in Libano. Il Libano ci sono montagne e valli e qualche pianura.
Quindi faccio un appello alla comunità internazionale: non bisogna sacrificare un Paese che è democratico, un Paese dove c'è la convivialità tra musulmani e cristiani organizzata dalla Costituzione. Volete democrazia? Nel Medio Oriente la porta il Libano! Volete diritti umani e fondamentali? Li porta il Libano! Volete le libertà, tutte le libertà pubbliche? E' il Libano a portarle! Volete convivialità di religioni, culture? E' il Libano ... ! Per favore, non sacrificate il Libano perché con senso umanitario riceve gente disperata. Spero che questo appello arrivi a delle coscienze e a delle buone volontà per non creare un altro problema ancora: noi non vogliamo rinunciare a questa nostra cultura cristiana, però, per favore, che il mondo aiuti questo Paese di cui ha detto Giovanni Paolo II che è un messaggio e modello per l'Oriente e l'Occidente, per dire che è possibile vivere insieme essendo diversi.