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venerdì 24 gennaio 2014

La croce: segno di condanna per i cristiani siriani
























25 gennaio- conversione di San Paolo sulla via di Damasco

Il segno della croce e’ stato sempre presente nella vita dei cristiani del Medio Oriente in particolare in Siria; e’ presente ovunque nei nostri quartieri; sopra i campanili  delle nostre chiese; nelle classi  delle nostre scuole parrocchiali; all’entrata delle case; ed in special modo al collo dei nostri fedeli.
I nostri parenti ci insegnavano sempre di non uscire dalla casa prima di aver fatto il segno della croce, e questa bella abitudine si è  conservata fino ad oggi.
La croce e’ il  fondamento della vita cristiana, anzi uno stile da vivere e da testimoniare ogni giorno alle altre confessioni in cui ci viviamo.
Essere cristiano vuol dire essere un progetto vivo di testimonianza ed anche in questi giorni neri nella vita dei siriani cristiani , mi dispiace dirlo, è un progetto odierno di martirio per il cristianesimo.

Vi racconto la triste storia vera del ragazzo cristiano Fadi Matanius Mattah (34 anni) che è stato proprio decapitato quando i jihadisti hanno visto che portava la croce al collo.
L’episodio è avvenuto l’8 gennaio scorso. I due, Firas Nader (29 anni) e Fadi Matanius Mattah (34 anni), stavano recandosi in automobile da Homs al villaggio cristiano di Marmarita. Un gruppo di cinque jihadisti armati ha intercettato il mezzo e ha aperto il fuoco sulla vettura. Raggiunta l’auto, i miliziani, notando che Fadi portava una croce al collo, lo hanno decapitato, piantando la croce nel suo petto. Hanno poi preso denaro e documenti, lasciando Firas per terra ferito, credendo fosse già morto. Firas, testimone oculare di quanto avvenuto, è invece riuscito a mettersi in salvo, raggiungendo a piedi la cittadina di Almshtaeih ed è stato poi trasferito all’ospedale di Tartous. Alcuni fedeli sono riusciti a recuperare il corpo di Fadi, portandolo a Marmarita, dove la comunità cristiana locale, nel lutto e nel dolore, ha espresso forte sdegno per l’orribile atto.”

Ecco: tutti sappiamo bene che il cristianesimo è fondato sull’amore dato gratis a noi nella persona di Gesù e la croce è il segno vivo del cristianesimo. I nostri concittadini siriani musulmani sanno bene questa realtà.
Proprio davanti alla croce c’è l’incontro inseparabile tra l’amore ed il dolore: è una scelta definitiva nella vita dei cristiani siriani in questi giorni; perchè rischiano la propria vita.
Non è nella cultura dei siriani veri di commettere questi atti brutali; il siriano non uccide  il suo fratello siriano e questo è il bello della Siria; anche se noi  siamo di diverse confessioni ci vogliamo bene.

 La gente che ha ammazzato Fadi sono stranieri; non sono della nostra cultura siriana!
Che cosa possiamo dire alla madre di Fadi,  davanti a questo atto barbarico che hanno commesso questi jihadisti?  ecco mi vengono in mente le parole indirizzate ai Romani del grande apostolo delle genti  San Paolo, cittadino siriano onorario, che dice: "chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? ” (Romani 8,35).
Gesù stesso disse a noi nel vangelo di Giovanni: “non vi scandalizzate; viene l’ora che chiunque vi uccide credera’ di rendere culto a Dio. e faranno questo perchè non hanno conosciuto nè il Padre nè me”. (Giovanni 16,1-2).
Ed ecco l’ora e’ gia’ presente; i cristiani siriani ogni giorno sono come le pecore portate al sacrificio per il nome di Gesu’.
Infine: questa nube nera che copre il cielo della Siria si sta allontanando  dal cielo blu della Siria con le preghiere  continue del Santo Padre e di tutta la comunita’ universale, e grazie agli sforzi internazionali per la pace in tutto il mondo.
Tutto il mondo sta pregando per l’amata Siria; e prima o poi  sara’ una voce di pace dall’alto che risuona gia’ nella coscienza di tutti gli uomini di buona volontà: “lasciate la Siria in pace”.

Concludo con la preghiera dal libro delle lamentazioni di Gregorio di Narek (951-1003), monaco e teologo armeno, intitolata “ Il suo sguardo mi salva”

Il tuo sguardo mi salva:


 “Fissa il tuo sguardo su di me,
 o Compassionevole,
 come un tempo su Pietro
 allorché ti rinnegò,
 perché sono del tutto annientato.

 Irradia su di me
 il raggio della tua misericordia,
 tu che sei tutto bontà,
 affinché, ricevuta la tua benedizione,
 Signore,
 io sia giustificato,
 io viva,
 e divenga puro dai miei errori
 che non sono le tue opere
 e che mi torturano.

Non ho l'audacia di tendere verso di te
 la mia mano colpevole,
 fino a che tu avvicini
 la tua destra benedetta,
 per rinnovarmi, io condannato.

Trionfa dunque ancora una volta
 della mia testardaggine
 grazie alla tua dolcezza
 venendo in mio soccorso,
 nella tua benignità.

E per la tua onnipotenza
 rimetti la somma totale dei miei peccati:
 i miei primi errori, con quelli
 della media età
 e quelli della fine della vita.
 O Cristo,
 ingegnoso nel realizzare l'impossibile,
 o Re, Luce dei giusti.!


La partecipazione del Pontificio Collegio Armeno di Roma alla Settimana di Preghiera per l’unita’ dei Cristiani.


Come tutti i riti orientali cattolici, anche noi abbiamo partecipato a questo evento celebrando la santa messa cantata in rito armeno nella chiesa di Santa Maria in via Lata, mercoledi 22-01-2014.
La Santa Messa e’ stata presieduta dal Rettore del Pontificio Collegio Armeno di Roma, Mons. Kevork Noradungian.
I canti sono stati eseguiti dal Coro di N. S. di Narek composto dai seminaristi del collegio armeno e dai membri laici del coro.
Nella sua omelia Mons. Kevork ha spiegato  :
Come ogni anno siamo riuniti per pregare per l’unita’ dei Cristiani, anzichè per l’unità delle chiese; perche’ i cristiani sono uniti nella persona unica di Gesu’, ma le  chiese sono diverse,
a- nell’interpretazione della fede, e questa va superata per arrivare all’unità della fede,
b-  si differenziano per i riti e liturgie, ciò che va conservato e non è argomento di discordia e di divisione. 
Anzitutto , si deve ritornare alle radici del vangelo; seguendo proprio la via dei discepoli di Gesù 'come abbiamo udito e visto questo trasmettiamo a voi', cioe’ cercare la persona di Gesù; vivere la fede trasmessa a noi anzichè cercare la diversita’ dei riti.
Secondo: ha presentato l’ecumenismo del martirio, cominciando dal primo martire nella chiesa Santo Stefano arrivando ai martiri della Siria, del sangue che si versa ogni giorno nella terra di Siria: i cristiani siriani sono il nuovo modello dell’ecumenismo del martirio.
E ha proseguito ricordando anche i due preti, i due vescovi e le suore di Maalula: tutti loro rapiti in Siria e fino ad oggi nessuna liberazione.


Mons. Noradungian si è posto la domanda: possiamo ancora permetterci il lusso di nutrire  le nostre paure dell’ "altro, diverso” da noi quando i semplici fedeli nelle loro differenze di rito ci hanno anticipato in cielo versando il loro sangue per testimoniare la loro ferma fede in Gesù Cristo Salvatore?
Terzo: ha sottolineato i punti importanti che ci uniscono nelle diverse chiese; la persona di Gesù come centro per il dialogo e per l’unita’; la fede trasmessa a noi dai discepoli ed il martirio e la vita esemplare dei santi.
Infine, abbiamo alzato una preghiera speciale per la pace in Siria ed abbiamo pregato anche per la conferenza sulla Siria di Ginevra2: affinche’ il Signore Gesu’ illumini la mente e lo spirito dei capi del mondo per arrivare a una uscita di pace per la Siria.

Padre KARNIK YOUSSEF