Traduci

martedì 30 settembre 2014

Il Patriarca caldeo: dietro la guerra, giochi politici sporchi

«Se non ci aiuta il Signore, per noi non c’è futuro». Si avverte anche sofferenza e apprensione nel Patriarca di Babilonia dei caldei Louis Raphael I. L'apprensione del pastore che vede il gregge in pericolo. La sofferenza del figlio della Chiesa caldea che vede correre verso la dissipazione una lunga storia cristiana, quella che ha irrigato per millenni le terre tra i due fiumi della Mesopotamia. E a angustiarlo non sono soltanto i sanguinari jihadisti dello  Stato Islamico. 



Vaticaninsider - 29/09/2014
Intervista di Gianni Valente

Davanti alle sofferenze del suo popolo, cosa si può fare fare? Qual è, adesso, il vostro compito?

La prima cosa è consolare chi soffre e ha paura, aiutare tutti, e soprattutto incoraggiare la gente a perseverare e restare saldi nella loro fede e nella loro terra. A non andar via. A rimanere. Quelli che vogliono, certo. Senza forzare nessuno. Ma è nostro dovere orientare le persone con lo sguardo che ci suggerisce il Vangelo. Quelli che vanno via devono sapere che l'Occidente non è la terra promessa, tantomeno il Paradiso.

Ma tanti vogliono solo scappare.

Il momento che stiamo vivendo è anche una prova. Ognuno di noi è chiamato a guardare nel suo cuore, e può scoprire anche che la consolazione del Signore è l'unica forza e l'unico tesoro. Quello che abbiamo di più caro. Ma molti sono vittime di questa frenesia di fuggire. Non riescono nemmeno a pensare a quello che sta succedendo davvero alle loro vite. Cercano un futuro. Ma la speranza di un futuro migliore, per chi ha il dono della fede, non può ridursi solo alla ricerca di una vita più agevole.

Eppure un vescovo, negli Stati Uniti, sta trattando anche con la Casa Bianca per organizzare il trasferimento negli Usa di decine di migliaia di caldei.

Quel vescovo pensa sicuramente “all'americana”, ma non sembra pensare e agire secondo il Vangelo. E poi è fuori dalla situazione concreta in cui viviamo. In America hanno messo i cesti con le richieste di asilo sopra l'altare, durante la messa. Come se la migrazione di migliaia di cristiani iracheni negli Usa fosse qualcosa su cui invocare la benedizione di Dio. Una scena strana, che non fa che confondere la fede di tanti. Purtroppo alcuni ecclesiastici diventano  businessmen invece di rimanere pastori delle anime. Ragionano in termini di business e non di pastorale evangelica, anche riguardo ai fedeli. Per qualcuno sono soltanto numeri, con cui far crescere sulla carta la quota dei battezzati su cui hanno giurisdizione. Li fanno trasferire da una situazione brutta a un'altra che alla lunga può risultare ancora più miserabile. Lasciati a se stessi, senza una adeguata cura pastorale.

Lei cosa si sente di dire a chi vuole andar via?

Lo ripeto: ogni cristiano, nella sua coscienza, deve pensare a quale futuro cerca. Provare a sentire l'amore di Dio in questa situazione. Interrogarsi su cosa gli sta chiedendo il Signore in questo momento. E magari accorgersi che noi abbiamo un futuro qui, in questa nostra terra martoriata e benedetta. E che tutto il Paese rappresenta la nostra missione.
 Il Presidente curdo Barzani, quando è venuto a trovarci con Hollande, ci ha detto: voi dovete avere pazienza, dovete rimanere. Dovete imparare da noi curdi, che abbiamo sofferto ma adesso abbiamo i nostri diritti. Prendere lezioni di perseveranza. A noi cristiani può far bene anche questo.

Intanto, gruppi cristiani con base negli Usa cercano - e dicono di trovare – proseliti nei campi profughi. Anche tra i non cristiani.

È un guaio. Una cosa immorale. Approfittano delle difficoltà e delle sofferenze di un popolo. Anche loro ragionano in termini di business, da manager della religione in cerca di clienti.

Contro i jihadisti dello Stato Islamico si sono costituiti anche gruppi armati che si presentano come “milizie cristiane”. Cosa ne pensa?

Ai politici, anche cristiani, che me l'hanno chiesto, ho detto sempre: se alcuni cristiani vogliono partecipare alla difesa o alla lotta per liberare le terre conquistate dai jihadisti, che entrino nell'esercito curdo o in quello nazionale iracheno. Fare delle “milizie cristiane”, che si connotano in maniera etnico-religiosa, è una follia e un suicidio, oltre a essere illegale.

Gli Usa hanno iniziato l'intervento armato con la “coalizione”. In Iraq, qualcosa del genere lo avete già visto.

Tutto questo mi sembra un gioco politico sporco. Bombardare questi jihadisti non li farà certo sparire. C'è il pericolo di uccidere tanti innocenti. Si distruggono le infrastrutture, che rimarranno distrutte. Gli americani già lo hanno fatto: hanno distrutto il Paese e non lo hanno ricostruito. La cosa più grave è che adesso tutti ripetono: la guerra durerà anni. Così mandano un doppio messaggio, pericolosissimo. Ai jihadisti dicono: tranquilli, avete tempo per organizzarvi con calma, trovare altri soldi, arruolare altri militanti a pagamento. Agli altri, al popolo dei rifugiati dicono: ne avrete per anni, per voi il futuro è possibile solo altrove, lontano dalle vostre case. E' meglio che ve ne andiate, se ci riuscite. Se si vuole davvero farla finita con i gruppi estremisti, si deve lavorare sull’educazione e sulla formazione, con programmi che davvero facciano percepire la falsità e la mostruosità di quell’ideologia sanguinaria.

Intanto, in Occidente, qualcuno ha provato a ritirar fuori lo stereotipo dello scontro di civiltà e degli islamici nemici della civiltà occidentale.

La realtà è che l'Occidente non ha altri moventi oltre ai propri interessi economici e di potere. Anche quest'ultima entità che si fa chiamare Stato Islamico è stata nutrita per anni con soldi e armi che venivano da Paesi cosiddetti “amici” dell'Occidente. Coi servizi segreti, quando vogliono, possono sapere tutto di ognuno di noi. Come mai non sanno da dove passano le armi, o a chi vendono oggi il petrolio? Gli Usa si sono mossi quando hanno decapitato i 2 poveri americani. E tutti quelli - siriani, iracheni, cristiani e musulmani – che avevano ammazzato e sgozzato fino a allora?

In tutto questo, c'è qualcosa che la fa sperare?

La scorsa settimana, a Baghdad, noi sacerdoti abbiamo fatto tutti insieme gli esercizi spirituali. I nostri preti fanno miracoli, malgrado tutta questa situazione: liturgie, catechismo, attività sociali e di carità, teatro, tante cose belle. A questo ci chiama oggi il Signore: consolare le persone, aiutarle a avere pazienza, a non perdere la speranza. Adesso è la cosa più importante.

http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/iraq-iraq-irak-sako-36598/

L’Arcivescovo armeno di Aleppo: per il popolo, gli autori dei raid non sono certo dei “liberatori”


Agenzia Fides - 24/9/2014

I raid aerei contro le basi jihadiste in Siria, realizzati dagli Usa con il sostegno di alcuni Paesi arabi, non suscitano attese positive tra la popolazione siriana di Aleppo, timorosa “che questo tipo di intervento esterno possa peggiorare la situazione”. Lo riferisce all'Agenzia Fides l'Arcivescovo armeno cattolico di Aleppo, Boutros Marayati. “Qui la gente non ha una visione chiara di quello che sta succedendo - fa notare l'Arcivescovo - ma certo non vede gli autori dei bombardamenti come dei 'liberatori'. Il sentimento prevalente è che i raid non risolveranno i problemi, e potrebbero addirittura aumentarli. Aumenta ancora l'incertezza che tutti vivono ogni giorno. Quella con cui, ogni giorno, i padri e le madri di famiglia si chiedono se sia ancora possibile rimanere o se l'unica salvezza sia ormai da cercare nella fuga”.
Intanto le scuole nei quartieri di Aleppo controllati dal governo hanno riaperto. I capi delle Chiese e delle comunità cristiane si incontrano una volta al mese – la prossima riunione sarà sabato prossimo – per fare il punto della situazione e trovare forme condivise per alleviare le sofferenze e le difficoltà del popolo: “noi rimaniamo qui - ripete l'Arcivescovo Marayati - e cerchiamo di sostenere tutti per fare in modo che rimangano qui, che non vadano via, finchè è possibile. C'è acqua solo due ore al giorno, sui nostri quartieri cadono ogni giorno i missili dei ribelli, manca il cibo. Tanti vanno via. Ma c'è anche chi è tornato dal Libano e dall'area costiera di Lattakia, quando sono ricominciate le scuole. Il nostro unico compito, in questa situazione, è cercare di far vivere i germogli di speranza che fioriscono tra le macerie”.

venerdì 26 settembre 2014

Il Vescovo di Aleppo: l'intervento armato contro l'ISIS porterà altro caos



Intervista a padre Georges Abou Khazen

di Davide Malacaria

Ormai il 60% della popolazione ha abbandonato Aleppo, la città siriana che sta diventando il simbolo di questa guerra che dura tempo e che molti si ostinano a chiamare civile, ma che di civile non ha nulla. Simbolo perché la presenza cristiana è più numerosa che altrove in Siria, anche se ora è ridotta a un piccolo gregge. E perché ormai da anni resta in un tragico stallo che vede metà città occupata dai tagliagole anti-Assad che rendono impossibile la vita nei quartieri non occupati. I cosiddetti ribelli vi imperversano con bombardamenti continui, giorno e notte, e nei mesi scorsi hanno tagliato per ben due volte le tubature che rifornivano di acqua l’intera popolazione civile. Il vescovo di Aleppo, padre Georges Abou Khazen, racconta di quei giorni, quando flussi continui di gente si affollavano presso le fontane edificate vicino a chiese e moschee per tentare di limitare i danni di quell’atto terroristico che ha prostrato la città. Una penuria di acqua che ancora continua, nonostante il ripristino della rete idrica, aumentando i disagi di una popolazione stremata dai bombardamenti continui.

È a Roma il vescovo, come altri nuovi vescovi di fresca nomina riuniti in Vaticano. E lo incontriamo alla Delegazione di Terra Santa, sua dimora provvisoria prima di tornare alla sua città che da poco, rivela, sta conoscendo un nuovo orrore: i cannoni dell’inferno, come gli jihadisti chiamano il loro ultimo ritrovato balistico. Si tratta di bombole di gas che i cosiddetti ribelli anti-Assad lanciano a grande distanza e fanno esplodere contro civili inermi, spesso modificati applicando sulla bomba artigianale pezzi si ferro e altro che, nell’esplosione, spandono all’intorno schegge, aumentandone la portata letale. Una sorta di bombe a frammentazione fatte in casa, vietate dalle convenzioni internazionali. Bombole di gas che probabilmente arrivano in Siria sotto forma di aiuti umanitari alla popolazione…

Inoltre, prosegue il presule, i miliziani hanno iniziato a usare i tunnel sotterranei che partono dalla cittadella, l’antica fortezza di Aleppo, per raggiungere le varie zone della città: in particolare per piazzare i loro ordigni esplosivi sotto gli edifici storici; ormai il suk, dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco, è un cumulo di macerie.

A monsignore chiediamo dell’Isis, che incombe a 20 chilometri da Aleppo. «Ora si parla tanto di Isis – risponde – e americani e altri vogliono intervenire per fermarlo. Ma temo che si stia ripetendo un tragico errore: ogni volta che gli americani sono intervenuti militarmente in una regione hanno solo alimentato il caos e le divisioni. A proposito di questo Isis c’è poi da ricordare che Hillary Clinton di recente ha detto che gli Usa si trovano a combattere ciò che hanno creato loro stessi. Già perché l’Isis fu creato per andare contro Assad… ».
Non che non serva intervenire, specifica monsignore, ma per fermare questo mostro serve ben altro che le bombe: «Anzitutto occorre fermare i finanziamenti e il flusso di armi verso questi miliziani: hanno armi sofisticatissime, chi gliele dà?». Gli diciamo che sui giornali italiani scrivono che questi armamenti sono stati saccheggiati dall’Isis all’esercito iracheno. Sorride ironico: vero in parte, spiega, e in parte no. «Poi bisogna smettere di comprare il petrolio dall’Isis», continua. Anche qui accenniamo a quanto riferiscono i giornali, secondo i quali sarebbe venduto ad Assad e agli iracheni. Sorride di nuovo: «Lo comprano le grandi compagnie petrolifere, a dieci dollari al barile invece che a cento…», afferma con sicurezza, come di cosa che in Siria sanno anche i sassi.

E invece continuano a rullare i tamburi di guerra. «Un intervento militare – prosegue il presule – aumenterà la destabilizzazione e renderà ancora più difficile la convivenza tra islamici e cristiani. E dire che questa è andata avanti per secoli, nonostante episodi critici. La Siria era esemplare in questo: c’era convivenza, pluralismo, rispetto. Una caratteristica che ancora dura, anche sotto le bombe cristiani e musulmani si sostengono a vicenda, si aiutano come possono. Questo anche perché per secoli il punto di riferimento degli islamici è stata l’Università di Al Azar, al Cairo, che propugnava un islam moderato. Oggi si sta diffondendo un islam più intransigente, quello wahabita dell’Arabia Saudita: i miliziani apportatori di morte e distruzione vengono da queste scuole, sono formati da muftì e imam di questo ramo islamico. Anche in Siria, quando arrivano, cacciano le autorità religiose locali e mettono le loro. E istituiscono i loro tribunali. Sono cose ignote all’islam della regione. E dire che l’Arabia Saudita sembra sia l’asse portante dell’alleanza che si sta formando contro l’Isis… ». Chiosa monsignore. Lo incalziamo, spiegando che in Occidente si pensa che siamo di fronte a una guerra tra islam e cristianesimo. Non è così, ripete: gli jihadisti ammazzano anche gli islamici che non la pensano come loro, buttano giù le loro moschee. Non è così, ripete.

Gli Stati Uniti, oltre a programmare l’intervento militare, hanno deciso di armare i ribelli moderati siriani. Chiediamo a monsignore cosa ne pensa di questa decisione. «Moderati? E quali sono? Ce lo dicano, noi in Siria non ne vediamo. Tutto il mondo ora parla dell’Isis, ma tutti i gruppi armati che stanno insanguinando la Siria fanno barbarie simili a quelle dell’Isis. Un tempo c’erano anche siriani tra i cosiddetti ribelli, ma oggi l’80% di questi sono stranieri. Non ci sono moderati in Siria. Tra l’altro lo stesso Obama ha detto solo un mese fa che parlare di ribelli moderati in Siria è solo “fantasia”… non ne verrà nulla di buono da questa decisione. Sono armi che vanno in mano a terroristi, ad Al Qaeda». Tra l’altro racconta dei tanti siriani che sono fuoriusciti dalle fila dei ribelli per tornare con Damasco. Un fenomeno carsico che ha interessato centinaia, se non migliaia di persone, del quale l’Occidente ignora l’esistenza.

Resta che Assad è dipinto come un tiranno sanguinario da tutti i media nostrani… «Non sarà la Regina d’Inghilterra, ma ci sono tanti regimi dispotici nel mondo arabo – risponde monsignore -. Parlano delle violazioni dei diritti dell’uomo da parte di Assad… guardino l’Arabia Saudita, dove alle donne è proibito praticamente tutto. Dove a chi non è wahabita è proibito anche pregare in pubblico… Avevano chiesto che il regime si aprisse: Assad ha aperto al pluralismo e nelle ultime elezioni c’erano diversi partiti. Nonostante la guerra sono state abolite le leggi d’emergenza. Ha dato vita a una nuova Costituzione. Alle elezioni il popolo lo ha votato in massa. Certo, non si tratta di una democrazia occidentale, ma ci sono regimi molto peggiori in Medio Oriente…», conclude. E aggiunge che dei cristiani non c’è più traccia nelle zone cadute in mano ai ribelli: le chiese sono state distrutte e non ci sono più sacerdoti né suore né fedeli. Una situazione particolarmente dolorosa per il vescovo.

Già, la Chiesa, come vive in questa tempesta? Monsignor Abou Khazen non fa discorsi teorici, parla di cose. E racconta dei 25.000 pasti che i gesuiti preparano ogni giorno per gli abitanti di Aleppo, cristiani e islamici. Un’opera sostenuta anche grazie alle donazioni di musulmani in quello che appare un ecumenismo della carità. Come tanta è la carità dispiegata nei quartieri cristiani verso i profughi musulmani che vi si affollano. Racconta dell’ospitalità delle famiglie cristiane, della loro sollecitudine verso questa gente che ha perso tutto. «Ci sono tanti ragazzi volontari che portano assistenza a queste persone, sia a livello umanitario, sia a livello psicologico, con particolare riguardo ai bambini». Ma cose analoghe capitano anche all’inverso, nei quartieri islamici dove trovano rifugio i cristiani.


Quindi racconta degli anziani e dei portatori di handicap ospitati in un locale del Vicariato: «Si trovavano in una struttura islamica che è stata bombardata dai miliziani, così li abbiamo ospitati noi. All’inizio c’erano anche dei bambini di un orfanotrofio, ma questi ultimi abbiamo dovuto spostarli in un’altra struttura, dal momento che era un po’ ingestibile. Questi locali appartenevano a uno studentato tenuto dalle suore. Pieni di crocifissi e immagini religiose. Immagini e crocifissi sono ancora tutti lì, insieme ai nostri ospiti che li hanno rispettati in maniera commovente». Il volto di monsignore si illumina mentre parla dei suoi “ospiti”, e rallegra il cuore.

Lo studentato è dedicato a “Gesù operaio”, specifica il presule. Quel titolo umile sta ancora lì, scolpito sulla pietra all’ingresso di questa struttura che ospita gli ultimi degli ultimi. Stride questa umiltà con il mostro feroce che ruggisce d’attorno.. Ma da queste parti è così da duemila anni. Dalla strage degli innocenti. Quella compiuta da Erode: non un truce islamista, ma uno scaltro funzionario dell’Impero.



Le ferite di Aleppo. Parla il vescovo Abou Khazen

«Mi viene da piangere confrontando quello che Aleppo e la Siria hanno rappresentato per secoli nella cultura, nell’arte e nella religione con lo scempio a cui siamo sottoposti in questi mesi. Ma sono convinto che siamo ancora in tempo per salvare questo tesoro dell’umanità»
............

mercoledì 24 settembre 2014

E' tempo di una nuova alleanza per fermare chi vuole distruggere il nostro Paese ...



Lettera di Padre Daniel



Mar Yakub , 
venerdì 19 settembre 2014








14 settembre

Oggi è una giornata particolare per diverse ragioni: il 14 settembre del 2000 questa comunità è stata fondata , dopo la ricostruzione delle rovine dell’antico monastero del VI secolo, sotto la supervisione di Madre Agnes-Mariam e due sorelle. 
Oggi si festeggia anche – in Oriente e Occidente – la festa della Esaltazione della Croce. Nella liturgia Bizantina, questa festa è accompagnata con una adorazione della croce. Ci ricorda l’inaugurazione della Chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme il 13 settembre 335: secondo un’antica tradizione, Sant' Elena avrebbe ritrovato un pezzo della Santa Croce e l’avrebbe portata a Roma. Il papa siriano “Sergio” (687-701) istituì un’adorazione adeguata per il popolo.
Oggi viene il nostro prete bizantino, che celebra le appropriate preghiere e canti dopo l’eucaristia e nel frattempo facciamo la processione con la croce e con le candele accese. Dopo, adoriamo la croce, come si fa il venerdì santo nella liturgia Latina. La cena è come una festa popolare con alcune famiglie nell'atrio vicino al giardino. Nel giardino abbiamo raccolto un po’ di legna per fare dei fuochi d’ artificio in onore della Santa Croce.
Oggi era anche il primo giorno di scuola per i bambini: sono ritornati con le loro uniformi color celeste come piccoli soldati orgogliosi.

Una cecità maliziosa

Nella stampa occidentale non manca l’informazione sui diversi gruppi di terroristi in Medio-Oriente, sulle loro atrocità , la loro diffusione e sul modo in cui i diversi Paesi vogliono combatterlo. Si suggerisce anche che i popoli del Medio-Oriente possono ancora imparare dalle democrazie occidentali e dalla loro libertà, soprattutto dalla loro separazione fondamentale di stato e fede. Essi speravano  che questa separazione sarebbe stata conquistata con la “primavera araba”.
Quello che manca nella stampa occidentale, è che tutta la confusione attuale nel Medio-Oriente è stato provocata dallo stesso Occidente solo per motivi di potere e avidità. Naturalmente, questa realtà è stata subito negata con l’argomento di una teoria di complotto, senza fondamenti. 
La distruzione di una delle più antiche civilizzazioni e di una cristianità di 2000 anni, con centinaia di migliaia di morti, nel 2003 non era fatta da musulmani fanatici, ma da cristiani occidentali,  americani e inglesi, con il pretesto di “libertà per l’Iraq” e con il pretesto di eliminare le armi di distruzione di massa.  Infatti, quello che succede oggi  è la conseguenza logica e la conclusione consapevole dell’azione in Iraq. L'Iraq è da dividere in 3 parti per dominarlo meglio. Se l’Occidente volesse vedere la realtà, allora i colpevoli sarebbero già stati giudicati dalla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità e non ci sarebbe stata l’odierna avanzata dell’IS (Stato Islamico).
Grazie ad identiche menzogne, la Libia è stata massacrata e distrutta, mentre Gheddafi aveva sollevato il suo paese poverissimo fino al 21° posto dei più ricchi stati del mondo e al più prospero stato dell’ Africa. Per attaccare la Siria, non hanno avuto bisogno dell’autorizzazione del Consiglio Europeo. Un incontro tra America, Inghilterra, Francia e Turchia in Italia bastava. No, i dominatori mondiali volevano anche l’ oro, le banche ed il petrolio di questo paese. Apparentemente, Gheddafi voleva  dividere la ricchezza del paese con la sua popolazione e non con l’America. Gheddafi voleva anche costruire una sorta di “Stati Uniti di Africa” e pensava di avere la Francia come amico. Sarkozy non potrà mai più negare di aver ricevuto un mucchio di soldi da Gheddafi per la sua campagna elettorale. Era veramente il compito della NATO di bombardare la Libia  e ributtare quel paese fino all’età della pietra in una miseria senza speranza,  solo per servire i dominatori anglosassoni? Tutto questo indica rispetto per il compito delle Nazione Unite e per le leggi internazionali? Tutto questo costituisce il sostegno europeo e occidentale ad un popolo in via di sviluppo?
Ugualmente, questi stessi dominatori mondiali hanno organizzato la guerra contro la Siria, con il pretesto che dovevano proteggere il popolo siriano contro un dittatore, mentre la Siria era una delle società più armoniose del Medio-Oriente. Nonostante il fatto che oggi tutti sappiano che sono i gruppi terroristi che assassinano e distruggono la popolazione siriana , l’Occidente continua comunque ad addestrare, armare e inviare questi gruppi verso la Siria. Nel frattempo, in tutta la Siria e nell’estero, ogni giorno e già da 3 anni, musulmani e cristiani riuniti come una grande famiglia siriana unica, continuano a protestare e manifestare contro questo ipocrisia occidentale.
Finché l’Occidente continua a diffondere questo inganno, popoli e paesi innocenti saranno  preda di questi dominatori mondiali con la loro sete di potere e avidità. 
E i nostri giornalisti scrivano – ciechi alla realtà – che la battaglia tra gruppi musulmani  si estende da Siria fino al Libano e all’ Iraq. E così, i veri colpevoli rimangano fuori tiro e si possano anche presentare come i salvatori...

Un' alleanza per l’autodifesa?

Secondo l'articolo 5, il compito fondamentale della NATO è l’autodifesa collettiva. Questo compito sembra molto eufemistico, come abbiamo visto con la distruzione della Libia  e oggi con la guerra in Siria. Primo, non è un alleanza di partner equivalenti, che promuovono mutualmente la propria sovranità e benessere. E difatti, il comando supremo è nelle mani di un generale americano, che è il capo delle forze armate.  L’alleanza della NATO non ha solo scopo di difesa. La NATO è stata fondata nel 1949 come difesa contro l’espansione Sovietica, mentre il patto di Varsavia è stato costruito solo nel 1955. Dopo la caduta del USSR, l’ Europa - contro gli accordi – ha inserito i Paesi del patto di Varsavia forzatamente e adesso vuole a tutti costi anche inserire l’Ucraina nell’alleanza militare della NATO. La verità è che la NATO è un vassallo di America e Inghilterra che mira a dividere l'Europa in 2 blocchi e danneggiare la Russia il più possibile. La NATO è  anche economicamente orientata. Ma non è più produttivo  dialogare in modo sincero invece di provocare continuamente pretesti per fare guerre altrove?
No, noi qui non facciamo politica e noi qui non facciamo parte di nessun partito politico. Tuttavia, è nostro compito di cercare la verità – anche se la verità è molto complessa. Dobbiamo smascherare l’inganno attuale ed estirpare il veleno malizioso della propaganda di guerra a servizio dei tiranni mondiali. Verità e giustizia sono valori per tutta la famiglia dell’umanità.

Il futuro ?

Ma ci sono anche forze controcorrente. Lunedì scorso, nella conferenza di pace e sicurezza, Sergei Lavrov ha denunciato il comportamento ambiguo dell’ Occidente e ha dichiarato apertamente che la Russia sosterrà militarmente l’Iraq e la Siria per combattere IS (Stato Islamico). Lavrov ha anche aggiunto che la Russia dispone di mezzi e anche dei motivi necessari per ragioni comuni. I Siriani – e anche altre potenze mondiali – sanno il valore di una parola data dalla Russia. Se le potenze mondiali vogliono, possono anche dividersi i compiti in modo diplomatico: USA si occupa dell’ Iraq e la Russia si occupa della Siria.

Nel frattempo, la popolazione Siriana continua insieme la sua Via Crucis, ma fermamente decisa a resistere contro le forze internazionali che vogliono ancora distruggere il suo paese. Il grande Mufti dr. Ahmad Badr-Eddin Hassoun ha fatto ancora una volta un appello in Tartous per creare un movimento ampio di solidarietà, affinché ogni siriano assista il suo concittadino, soprattutto le famiglie dei “martiri” e le famiglie senza padre, senza tetto o senza stipendio. E quello è il vero spirito per il quale il popolo siriano resisterà. L’esercito siriano continua di eliminare  gruppi di ribelli nel suo paese e continua a ricuperare il suo territorio, nonostante il fatto che gli attentati non smettono. Hanno scoperto una galleria in Adra (un borgo di operai e impiegati 20 chilometri a nord di Damasco. L'11 dicembre dello scorso anno 80 civili vi furono trucidati perché appartenenti alle minoranze religiose e dipendenti pubblici . NDR)  di 11 m di profondità e 500 m di lunghezza. Ogni giorno l’esercito confisca grande quantità di armi e esplosivi. Tanti gruppi di ribelli si arrendono.

Noi stessi continuiamo a lavorare, sperare e pregare affinché un giorno ritorni la pace in questo bel paese per questa coraggiosa e ospitale popolazione. Nel frattempo il piccolo atrio ci dà un' immagine dell’intenzione di Dio per la sua creazione e per la salvezza dell’uomo: vita e fertilità in abbondanza. Ogni giorno la nostra speranza è alimentata e colorata da pomodori, zucchine, melograni, meloni, uve,…. ma nello stesso tempo dobbiamo eliminare l’erbaccia mortale dello Stato Islamico. 
Le manifestazioni non bastano. Una politica adeguata deve arrestare il Califfo e i suoi aiutanti, e condannarli per le loro atrocità, tagliare i loro redditi e impedire il flusso di combattenti. Se le organizzazioni internazionali non lo faranno, allora i politici delle Nazioni devono prendere iniziative e fare pressioni. C’è molto lavoro da fare e  anche urgentemente.

con affetto,  padre Daniel

(Traduzione fiammingo/italiano- A. Wilking)



MAWTINI (Patria mia):
My homeland My homeland...
Glory and beauty, Sublimity and splendor
Are in your hills, Are in your hills
Life and deliverance, Pleasure and hope
Are in your air, Are in your Air
Will I see you? Will I see you?
Safe and comforted, Sound and honored
Will I see you in your eminence?
Reaching to the stars, Reaching to the stars
My homeland, My homeland ...

lunedì 22 settembre 2014

La vera ragione della guerra alla Siria : intervento del Vescovo Nazzaro

Il 16 settembre 2014, i capi delle Chiese del Medio Oriente, riunitisi a Ginevra, hanno fatto appello alle Nazioni Unite affinché vengano tutelate le minoranze in Iraq e in Siria, denunciando i «massacri e le atrocità, insieme ai crimini contro l'umanità» commessi dallo Stato islamico che «sta rovinando l’intero sistema dei diritti umani».
Qui il testo dell'intervento di Monsignor Giuseppe Nazzaro , Vicario Apostolico emerito di Aleppo , relativo alla situazione siriana




Sulla guerra in Siria è stato detto e scritto molto, anzi moltissimo. Mai nessuno, a mio avviso, ha detto o scritto circa il perché di questa guerra fratricida. Sono stati gettati fiumi di inchiostro dicendo che si doveva 'eliminare un dittatore', il che, sempre a mio avviso, è tutto da provare, perché, guardandomi attorno onestamente, faccio molta fatica a trovare nello scacchiere medio orientale un paese dove non esista dittatura. Chiamateli con tutti i nomi che volete e, alla fine, siete costretti ad ammettere che, in quello scacchiere, tutti a modo loro sono dei dittatori.
La ragione di questa guerra è da ricercarsi nell’interpretazione della legge predominante in quei paesi. Il Signor Bashar El Assad aveva instaurato nel suo paese un governo a carattere laico, che è in netto contrasto con il sistema di quelle regioni.
Una guerra la si fa almeno per due motivi: difensiva od offensiva. In Siria non è stato così perché il paese viveva in pace, il progresso economico era in continuo aumento, il rispetto dei valori umani esisteva. Certo, vi saranno anche state cose che forse sfuggono ad un comune schema sociale-politico, ma in quale paese di questo mondo tutto fila liscio come l’olio? Ogni paese ha i propri scheletri nascosti. È inutile proclamarsi fautori di 'libertà' e di tante belle cose che si attribuiscono a questo termine e che, nella maggior parte dei casi, stridono col profondo senso della libertà stessa.
La guerra in Siria è stata iniziata, sostenuta e finanziata, non in nome di una libertà che, proprio con la guerra, è stata tolta al paese ed ai suoi cittadini; non in nome di un benessere che già esisteva e si espandeva continuamente. Guardiamo per esempio: quante sono state le fabbriche saccheggiate dei loro macchinari dalla regione di Aleppo e trasportate in Turchia, e non dai padroni siriani perché magari volevano evadere le tasse locali, come avviene altrove. (Le stime parlano di circa 2.000 fabbriche saccheggiate e svuotate dei propri macchinari). Il turismo era in continuo aumento, sia quello religioso che veniva per scoprire, conoscere e venerare le vestigia del primo cristianesimo, sia il semplice turismo a carattere culturale o, se vogliamo, di curiosità, per conoscere altri popoli, usi e costume locali ecc…. La guerra in Siria ha avuto ed ha un solo scopo: il commercio di armi per l’Occidente e  l' ideologia religiosa per i fautori locali. E così siamo finiti nelle mani di un terrorismo di carattere internazionale, ma sempre pagato e sostenuto da chi ha soffiato sul fuoco della cosiddetta 'dittatura' (gli stessi terroristi hanno fatto il nome dei paesi medio orientali che li finanziavano), dei cosiddetti 'diritti umani' e tutti hanno seguito questo coro. 
Nessuno s’è posto il problema: ma questi che puntano il dito contro la Siria con la scusa che è governata da una dittatura, che non rispetta i diritti umani, chi sono?: come governano i loro paesi, presso di loro i diritti umani sono rispettati? Un attimo di riflessione signore e signori, è d’obbligo! Questi che puntano il dito contro la Siria ed il suo governo: cosa intendono per diritti umani? Veramente loro intendono i diritti umani di cui ci parla la “Carta delle Nazioni Unite?” Oppure, loro parlano di “diritti umani” che corrispondono soltanto al loro credo religioso?
La conseguenza di tutto ciò è che siamo caduti in mano a varie categorie di terroristi che si potrebbero semplicemente definire mercenari seminatori di morte. Perché la presenza di giovani occidentali in mezzo alle bande armate dell’ISIS non si può spiegare soltanto per le loro convinzioni religiose. Ormai è risaputo che nell’ISIS vi sono anche individui annoiati della vita in Occidente e che sotto l’effetto della droga vanno per il mondo a sperimentare altri stimoli alla loro bestialità. L’ISIS tagliando la testa ai malcapitati che non la pensano come loro, fornisce a questi sbandati un senso di ebbrezza.
L’Occidente s’è svegliato soltanto ora dal proprio letargo perché quei banditi hanno eseguito in diretta due decapitazioni di due occidentali. E le migliaia di morti degli ultimi due anni, appartenenti a qualsiasi credo religioso, compresi sunniti? perché "non erano abbastanza feroci da uccidere un loro fratello, non sono dei duri, quindi non meritano di vivere e noi li eliminiamo" ?
L’Occidente ha mai saputo che da due anni ISIS recluta ragazzini ed impartisce loro lezioni pratiche come si deve tagliare la testa ad un infedele? L’Occidente ha mai saputo che le mamme profughe in Giordania hanno venduto e vendono le proprie bambine agli sceicchi del golfo? Sono cose che accadono alla luce del giorno da qualche anno. Noi dinanzi a queste terribili situazioni rispondiamo con noncuranza: non ci interessa. E perché? perché non sono toccati i nostri interessi. I due decapitati che il mondo intero ha visto tramite la TV erano dei nostri; perciò, dobbiamo intervenire! Altrimenti che fine faremo? .. . E, tutti gli altri decapitati? Iniziando dai 120 poliziotti siriani che furono decapitati a Gisser Choughour il 2 giugno 2012? Chi sono? Cosa sono? Sono esseri umani come noi o noi li consideriamo semplicemente come animali che non hanno valore e non ci interessano? Non erano pure quelli uomini come noi? Perché abbiamo permesso tutto questo? Quale è stato il motivo? Il motivo è stato ed è sempre lo stesso: vendere armi, sfruttare i più deboli, portando via ciò che possiedono. Per fortuna non si riesce a portare via la loro dignità di uomini, di esseri umani, di creature figli di Dio.
L’assedio alla città di Aleppo, ha privato milioni di persone di acqua potabile per mesi, e questa situazione continua ancora oggi; lo sa l’Occidente che la maggior parte degli aleppini si disseta con acque inquinate o dai pozzi che esistono nelle moschee e nelle chiese. L’aver interrotto l’erogazione dell’elettricità, del gas da cucina, ha costretto gli aleppini a spogliare i loro bei giardini pubblici. Aleppo aveva degli splendidi giardini, oggi sono quasi tutti spogli di alberi, la gente li taglia per cuocere il cibo, per riscaldarsi d’inverno, il gasolio da riscaldamento non esiste più e se si trova costa enormemente e non tutti possono acquistarne.
Aleppo, una volta città opulenta per le sue fabbriche e per il suo commercio, oggi è prostrata, ridotta ad un cumulo di macerie. La gente è affamata. Gli unici che dispongono di qualche soldo sono coloro che ancora lavorano impiegati dal Governo, tutto il settore privato è morto.
Tutto ciò perché l’asino dal minareto tiene tutti sotto tiro. Chi si muove è passibile di morte.

Chi ha portato l’asino sul minareto conosce il modo per farlo scendere”.
È un proverbio della sapienza popolare orientale. Esso ci insegna che: l’uomo è capace di fare tante cose: le buone e le meno buone, e qualche volta, le seconde si trasformano in pessime.
Chi ha creato ISIS? Un personaggio che fino ad un paio d’anni addietro era l’incontrastato dominatore in Medio Oriente oggi ha il coraggio di scrivere che: purtroppo la creatura che abbiamo messo al mondo ci è sfuggita di mano e la dobbiamo combattere...   E chi aspettano a far scendere l’asino dal minareto? Questa persona col suo governo assieme agli sceicchi l’hanno fatto salire, che lo facciano scendere immediatamente, se vogliono realmente fare del bene all’umanità.
"Sì, l’asino deve scendere dal minareto, ma non saremo noi a farlo. Noi creeremo un' altra creatura che farà scendere l’asino".   Poveri illusi! Non si vuole comprendere che non siamo all’altezza di nulla. Siamo capaci soltanto di creare altri guai. Si vuol far credere al mondo che armando la cosiddetta opposizione moderata siriana, questa farà scendere l’asino dal minareto? Niente di più stupido. Anche un ragazzino comprende che ISIS fa tutto questo non solo per crearsi il proprio califfato, ma anche per spodestare il presidente Assad, e questo è l’obiettivo della cosiddetta opposizione al Regime (che la chiamiate opposizione moderata o fondamentalista, tutti vogliono la stessa cosa), e in conseguenza di tutto ciò avremo che le file di Isis si ingrosseranno anche degli ultimi arrivati, preparati ed armati da 40 Stati della cosiddetta Coalizione. 
(Eppure la storia del Medio Oriente degli ultimi 20 anni ci dovrebbe illuminare, perché già vi è stato qualche altro che ha creato un asino simile per combattere una sigla nella zona, ed ora questo asino combatte chi l’ha creato). Siamo troppo intelligenti per impegolarci in una guerriglia in Medio Oriente. Perciò, in barba a tutti gli appelli di persone di buona volontà e raziocinio, continuiamo ad armarli pur di star bene noi e sfruttare, poi, i poveri malcapitati che furbescamente abbiamo armati...

 + Giuseppe Nazzaro 




I leader religiosi del Medio Oriente alle Nazioni Unite

Traduzione del testo integrale dell’Appello presentato alle Nazioni Unite a Ginevra
Noi, Patriarchi e Vescovi delle Chiese del Medio Oriente, compreso l’Iraq e la Siria, invitati dalla Missione permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra, siamo venuti a testimoniare la drammatica situazione di questi paesi, che colpisce le nostre comunità e l’intera popolazione.
Per quasi 2.000 anni, le comunità cristiane hanno vissuto nella zona con continuità. Ma ora, soprattutto in Iraq e in Siria, siamo il bersaglio dei criminali dello Stato islamico che ci perseguita “in nome di Dio” per il nostro credo religioso: una flagrante violazione del diritto fondamentale alla libertà religiosa. L’ideologia sulla quale lo Stato islamico giustifica la sua aggressività è fondamentalmente contraria ai diritti umani, perché conduce al genocidio, alla morte di persone innocenti, e ad altri abusi gravi.
Così, lo Stato islamico è una minaccia non solo per i cristiani e per gli altri gruppi etnici e religiosi, ma per l’intera società, in Medio Oriente, e verso tutta la comunità internazionale. Se non viene fermamente condannato ed efficacemente spazzato via, questa ideologia porterà alla rovina dell’intero sistema dei diritti umani, creando un pericoloso precedente di indifferenza per la protezione delle persone vulnerabili.
I massacri e le atrocità commesse dallo Stato Islamico in Iraq e Siria, che attualmente restano impuniti, costituiscono anche crimini contro l’umanità.
Di conseguenza, sulla base del diritto umanitario internazionale, la comunità internazionale ha il dovere di intervenire e la responsabilità di proteggere le comunità  e gli individui colpiti, come indicato nelle definizioni stabilite dall’Assemblea Generale nel corso degli ultimi anni. La responsabilità di proteggere si applica quando lo Stato – come è il caso dell’Iraq – non è in grado di proteggere i propri cittadini.
I cristiani in Iraq non dovrebbero essere privati ​​dei loro diritti in quanto comunità religiosa, come definito nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. I cristiani devono essere riconosciuti e trattati come cittadini uguali. Loro hanno il diritto di rimanere in sicurezza nel loro paese d’origine ed essere protetti dal loro governo secondo un sistema giuridico conforme ai Diritti dell’Uomo.
Chiediamo fortemente che sia fornito alle nostre comunità un sostegno umanitario, finanziario e sociale e sia garantita la loro sicurezza. È urgente, soprattutto con l’arrivo dell’inverno, che si garantisca un riparo per gli sfollati, insieme a delle adeguate condizioni di vita, ad appropriate cure mediche, e alla scolarizzazione per i bambini.
Se tali disposizioni sono necessarie e molto urgenti, il giusto ritorno di queste persone nelle loro case e nelle loro proprietà dovrebbe essere agevolato dalla comunità internazionale e garantito dall’azione delle Nazioni Unite, fino a quando le autorità nazionali potranno esercitare la loro responsabilità su tutto il territorio del paese.
La priorità è ora la necessità di sconfiggere lo Stato islamico e di ripristinare la possibilità di coesistenza pacifica, in cui la dignità e i diritti e i doveri di ogni cittadino siano applicati e rispettati.

Ginevra, 16 settembre 2014

S.B. Louis Raphael I Sako, Patriarca della Chiesa cattolica caldea
S.B. Ignace III Yousif Yunan, Patriarca della Chiesa siro-cattolica d’Antiochia
S.E. mons. Nicodemo Daoud Sharaf, Arcivescovo di Mosul (Chiesa siro-ortodossa d’Antiochia e di tutto l’Oriente)
S.E. Ignazio Alhoshi, Metropolita di Francia e dell’Europa meridionale e occidentale (Arcidiocesi di Francia ortodossa d’Antiochia, Chiesa greco-ortodossa)
Mons. Cyrille Salim Bustros, Arcivescovo di Beirut (Chiesa melkita greco-cattolica)
S.E. Anba Louka E-Baramoussi, Arcivescovo della Svizzera occidentale e della Francia meridionale (Chiesa copto-ortodossa)
S.E. Giuseppe Nazzaro, Custode di Terra Santa emerito, vicario apostolico emerito di Aleppo (Chiesa cattolica romana)
Mons. Ghossan Aljanian, Luogotenente della diocesi della Svizzera (Chiesa armena ortodossa)

Traduzione italiana del Patriarcato latino di Gerusalemme

Fonte: Radio Vaticana

giovedì 18 settembre 2014

INTERVISTA A MONS. ANTOINE AUDO: FERMATEVI NELLA DISTRUZIONE DELLA SIRIA!



A colloquio con il vescovo caldeo di Aleppo, il gesuita Antoine Audo, a margine dell’incontro di ‘Caritas internationalis’ sulla situazione in Medio Oriente – La minaccia incombente dello’ Stato islamico’ – Le differenze tra Iraq e Siria – L’azione della ‘Caritas’ per cristiani e musulmani – L’ ‘orchestrazione mediatica’ contro la Siria 




www.rossoporpora.org – 17 settembre 2014
di Giuseppe Rusconi

Il sessantanovenne Antoine Audo, gesuita e dal 1992 vescovo caldeo di Aleppo, è tra le figure più note del cristianesimo medio-orientale ed è molto impegnato sul fronte dell’aiuto ad Aleppo e in tutta la Siria a chiunque ne abbia bisogno, senza distinzione di religione, seguendo la stella polare della dottrina sociale della Chiesa. L’avevamo intervistato per “Il Consulente RE” 4/2008  e in quell’occasione ci aveva delineato con chiarezza significato e pratica della ‘dhimmitudine’ (condizione di sottomissione ad Allah che i musulmani poi chiedono, per loro stessi, ai cristiani). Proprio da quell’intervista siamo partiti per il colloquio odierno a San Calisto, a margine dell’incontro di Caritas internationalis sulla drammatica situazione dei cristiani in Medio Oriente…

Monsignor Audo, partiamo da una domanda dell’intervista del 2008: in Siria i cristiani oggi vivono o sopravvivono? 
Noi vogliamo sempre essere vivi. Molti tra noi sono attaccati al nostro Paese, alla sua bellezza, al vivere insieme… un sentimento profondo che ancora esiste malgrado tutto. Tuttavia devo aggiungere, per essere franco, che dopo quello che è successo due mesi fa in Iraq, soprattutto a Mosul e nella Piana di Ninive,  è come se a noi cristiani di Siria avessero dato il colpo di grazia: Ma è possibile che succeda questo?  Siamo storditi, sentiamo sempre di più la vicinanza del Daech, dello ‘Stato islamico’, di questo gruppo armato che può conquistare Aleppo, anche Damasco… intanto attacca villaggi cristiani nella regione di Hamah, tra Aleppo e Homs, con forte presenza greco-ortodossa. E’ una minaccia diretta che ci inquieta molto.

Sempre riferendoci all’intervista del 2008, a proposito della situazione dei cristiani in Iraq, Lei aveva detto: “Temo che tutto questo possa capitare anche a noi…. Allora  mi difendo cercando di trovare delle soluzioni preventive”. Un timore purtroppo giustificato… 
Credo che sia questione un po’ del mio modo di analizzare le cose che succedono. Conosco bene l’Iraq, i cristiani dell’Iraq… la mia famiglia è originaria dell’Iraq, sono un vescovo caldeo e conosco la mia Chiesa, i suoi fedeli e i suoi pastori… Vedevo la vicinanza tra Iraq e Siria… sono due Paesi che si somigliano per tanti versi… Dicevo dei miei presentimenti ai vescovi e patriarchi in Siria che mi consideravano un po’ pessimista. Ora invece hanno dovuto, purtroppo, ricredersi.

Però tra Iraq e Siria resta anche qualche differenza importante… 
Le somiglianze sono tante, ma è vero che la Siria non è l’Iraq. Da una parte i cristiani siriani hanno un radicamento storico, culturale, politico diverso da quello dei loro fratelli iracheni. In Siria i cristiani hanno inciso culturalmente e politicamente molto di più nel tessuto nazionale e hanno assimilato maggiormente tutto ciò che è arabo: cultura, nazionalismo, soprattutto tra i greco-ortodossi. D’altra parte è tre anni e mezzo  che in Siria c’è la guerra e, nonostante tutto, lo Stato siriano tiene, l’esercito tiene… la situazione è differente da quella irachena.

Ancora nell’intervista del 2008 aveva aggiunto di difendersi dalla prospettiva peggiore “cercando delle soluzioni preventive”… Le ha cercate e concretizzate? 
Ho cercato di accrescere l’impegno dei cristiani come tali e come cittadini del Paese, trovando ragioni di speranza: costruzione di chiese, creazione di sale parrocchiali, formazione dei sacerdoti… ora purtroppo ho un po’ l’impressione che tutto questo si stia sbriciolando… 

Molti cristiani hanno già abbandonato Aleppo, forse la metà di quelli che c’erano agli inizi del XXI secolo. Anche tra i ‘suoi’ caldei si registra il medesimo fenomeno? 
Soprattutto nel nord-est della Siria si sentono molto isolati e minacciati… per esempio in un villaggio su 150 famiglie caldee ne sono restate una cinquantina. Pensano ormai solo a partire. Ad Aleppo se ne sono andati soprattutto i più ricchi, circa un terzo. L’insicurezza è grande, la disoccupazione altissima… ci sono persone che lottano ogni giorno per non morire di fame… tante altre famiglie che sono costrette a vendere quel poco oro che hanno, i loro tappeti… la situazione è drammatica!

Tra il 2008 e il 2014 sono cambiati i rapporti con i musulmani? 
Non sostanzialmente. I cristiani sanno fare la differenza tra i musulmani estremisti e no. Sanno che in Siria è feroce la lotta per il potere tra sunniti e alawiti (cui appartiene Bashar Assad), una variante della lotta interregionale tra sunniti e sciiti, che si odiano. In genere i musulmani in Siria rispettano ancora i cristiani in quanto tali. Ne sono sicuro. Li considerano un esempio di ‘buoni cittadini’, soprattutto quando constatano l’attività della Caritas… 

Caritas, di cui Lei è presidente nazionale, aiuta anche i musulmani… 
Non si fanno distinzioni di religioni. Tutti i nostri programmi, pur se lavoriamo come Chiesa cattolica, sono al servizio dell’essere umano e della sua dignità. Ecco la novità fondamentale. Lavoriamo con donne col velo, con studenti musulmani, che vengono ai centri perché ne hanno bisogno: abbiamo programmi alimentari, sanitari, scolastici, per gli sfrattati che non riescono a pagare l’affitto, per gli anziani isolati e in difficoltà. Noi includiamo in questi programmi tutti quelli che ne hanno necessità… a volte ciò non è ben compreso dai nostri cristiani poveri che ci dicono: “Perché dare ai musulmani, considerato che loro non ci danno niente di niente?”..

Che cosa risponde monsignor Audo? 
Noi cristiani abbiamo una stella polare che è la dottrina sociale della Chiesa, che ci impone di dare dignità alla vita di ogni uomo, di essere solidali e di praticare la sussidiarietà quando lo Stato non ci arriva. Non è facile da far capire. Perfino alcuni vescovi non riescono a capire.

Ma come si è giunti a tale drammatica situazione? 
Da una parte vediamo la grande lotta tra sunniti e sciiti a livello interregionale, impersonati da Arabia Saudita e Iran. E’ un odio tenace che muove gli uni contro gli altri… penso che sia la ragione più profonda, il motore di quanto succede oggi… in Iraq, in Siria, nel Libano, anche negli Emirati come nel Bahrein. Dall’altra non saremmo in una Siria in guerra se essa non fosse stata nutrita dall’estero, con il denaro, con le armi, con l’aiuto dei media…

Certamente anche di molti media che hanno presentato la situazione in modo semplicistico, volutamente – si può pensare – semplicistico: di qua i presunti buoni, di là i presunti cattivi… 
Ero a Roma, alla Radio Vaticana, quando in Siria tutto è incominciato. Spontaneamente ho utilizzato l’espressione: “orchestrazione mediatica”… si diceva “Bashar Assad è un mostro, uccide i bambini, massacra le donne….”. Ero sorpreso… il regime di Bashar è un regime militare, certo non è un angelo, ma sarebbe meglio studiare seriamente una situazione molto complessa in un contesto storico altrettanto complesso…

Del resto l’ex-segretario di Stato americano Hillary Clinton, in un’intervista del 10 agosto a ‘The Atlantic’, ha definito “fallimentare” la politica estera statunitense in Siria, rilevando che ha finito per dare un aiuto importante alla crescita dello ‘Stato islamico’… 
E’ così. Il mostro si è ingrandito e si ritorce contro di loro.  Sono anche profondamente convinto che lo Stato islamico non ha alcun avvenire; secondo me lo Stato islamico (Isis, Daech) è un’altra delle invenzioni con l’obiettivo finale di abbattere Bashar Assad, ampliando il potere dei sunniti contro gli sciiti. Guardi la Turchia sunnita come strumentalizza l’Islam per i suoi fini, così come altre potenze ben note.

Chiudiamo con un appello… 
Bisogna prima di tutto cessare di armare lo ‘Stato islamico’, non strumentalizzare più la religione islamica indegnamente posta al servizio di obiettivi politici, distruzioni, violenze. E’ veramente un crimine distruggere un Paese così bello e così nobile come la Siria… una storia intensa, un’ammirevole convivenza tra etnie e religioni diverse, una presenza cristiana preziosissima e di grande valore storico-culturale. Basta con finanziamenti e forniture di armi dall’estero per obiettivi di potere: fermatevi nella distruzione della Siria! Se la Siria fosse distrutta, sarebbe un perdita gravissima per i cristiani del Medio Oriente, per la Chiesa universale, anche per l’Islam e il mondo arabo, che non avrebbe più al suo interno un’alterità di presenza ricca e portata al dialogo.
Come una certa volontà internazionale ha voluto puntare sulla distruzione della Siria, è ora fondamentale che ce ne sia un’altra che non permetta più di continuare il massacro e trovi urgentemente una soluzione politica adeguata. In caso contrario la violenza avrebbe partita vinta.

http://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/411-intervista-a-mons-antoine-audo-fermatevi-nella-distruzione-della-siria.html



SYRIE : « nous vivons dans la hantise de l’arrivée des islamistes »



AED ,Le 16 septembre 2014

Un extrait du discours de Mgr Audo, évêque chadéen d’Alep en Syrie, prononcé ce dimanche 14 septembre à Ausburg (Allemagne) lors d’une manifestation de soutien aux chrétiens persécutés organisée avec l’AED. L’évêque a notamment attiré l’attention sur la situation des deux grandesVILLES irakienne et syrienne; Mossoul et Alep.
icihttp://www.aed-france.org/actualite/syrie-nous-vivons-dans-la-hantise-de-larrivee-des-islamistes/

martedì 16 settembre 2014

Salesiani di Siria: “ Non c’è più speranza ? ”



Lettera di  Abuna Munir El Rai
Visita alla Siria
dal 2 luglio – 4 agosto

Introduzione
In Siria, dopo ormai tre anni di conflitto armato, le persone e i giovani sono rassegnati e hanno perso molta della loro speranza e fiducia, ma non hanno perso la fede pur essendo provata. È molto difficile andare avanti perchè è quasi impossibile prevedere quando la guerra finirà e soprattutto è difficile capire cosa succederà dopo, e quanto tempo ci vorrà per ricostruire tutto. E, come se non bastasse, si ha grande paura degli estremisti islamici e di quello che potrebbe accadere.
Per questo motivo moltissime persone, senza alcuna distinzione religiosa, stanno emigrando. La percentuale di cristiani che è partita è molto elevata e questo fenomeno ha gettato nello sconforto le persone che hanno deciso di rimanere. Pur di partire, intere famiglie sono pronte a vendere tutti i loro averi e a correre rischi enormi.
La perdita del lavoro, il caro-vita e una situazione politica molto complessa sono sicuramente tra le cause di questo fenomeno migratorio massiccio.
Non dobbiamo poi dimenticare tutto ciò che sta accadendo attorno alla Siria. Si pensi alla situazione dei Cristiani in Iraq, o a ciò che sta accadendo in Libano.
Il problema dell’emigrazione è un dramma da conoscere e da affrontare e tutti, a partire dalla Comunità Internazionale e dalle Nazioni Unite, dovrebbero contribuire a risolvere questa grande catastrofe.

È difficile continuare a mantenere viva la speranza, ma ci sono segnali positivi che fanno capire che le persone che restano in Siria fanno affidamento sul loro grandissimo coraggio. La vita continua, ci si sposa, si organizzano feste. I giovani continuano ad andare a scuola e all’università e chi può si inventa un nuovo lavoro, svolgendo anche attività molto umili. C’è forte spirito di adattamento e ogni occasione è buona per poter festeggiare. Chi rimane, non ha alcun timore a mettersi in gioco, ma fino a quando questa forza di volontà durerà?

Queste considerazioni e riflessioni sono come una premessa e un risultato della mia recente visita alle presenze Salesiane in Siria e al vicino Libano. Questa mia comunicazione è come un resoconto di tale mia visita, e in essa vorrei presentare sia l’aspetto umano e sociale, sia le opere salesiane e le loro attività in tali frangenti.

Salesiani di Kafroun
Mercoledì 2 luglio 2014 sono entrato in Siria dal Libano e ho immediatamente visitato la comunità di Kafroun. La strada che ho percorso era relativamente tranquilla, ma sono rimasto impressionato dalle numerose foto, poste ai lati della strada, che sono lì a ricordare i tanti caduti di questa guerra che dura ormai da tre anni.
La comunità di Kafroun accoglie gli sfollati provenienti soprattutto dalla famiglia Salesiana di Aleppo. Gli sfollati sono prevalentemente familiari dei cooperatori, parenti dei Salesiani o familiari di qualche collaboratore.
La casa è meravigliosamente diretta da un unico missionario italiano, Don Luciano Buratti, che può contare sul prezioso aiuto dei cooperatori salesiani, tutti laici che portano avanti le attività presso l’oratorio e il Centro Giovanile.
Per la prima volta, all’interno dell’Ispettoria del Medio Oriente (MOR), l’amministrazione della casa è stata affidata a un economo laico, il Sig. Johnny Ghazi.
Durante la mia visita ho avuto il piacere di partecipare alle attività dell’oratorio e, in particolare, all’inizio dell’Estate Ragazzi che ha visto la partecipazione di almeno 300/350 ragazzi di cui molti sono sfollati. La zona di Kafroun è una delle più tranquille della Siria. Per questo motivo molte famiglie provenienti da Homs, Damasco e Aleppo sono venute a vivere in questa vallata.
Mi hanno chiesto di inaugurare le attività e di fare un discorso di apertura. Ho voluto parlare ai ragazzi della vera gioia, quella che nasce dal cuore grazie al nostro incontro con Cristo. Ho detto loro che nelle situazioni di grande sofferenza dobbiamo affidarci a Cristo che sicuramente ci darà conforto.
In oratorio sono stati aperti anche corsi di preparazione alla scuola media e di preparazione agli esami di maturità. I Salesiani sono riusciti a coinvolgere un buon numero di professori che ora insegnano ai ragazzi.
Dobbiamo ringraziare la Provvidenza che, tramite parecchi benefattori, negli ultimi due anni ci è venuta incontro e ci ha permesso di accogliere e ospitare gratuitamente una cinquantina di famiglie. Dobbiamo, inoltre, ringraziare i tanti collaboratori e benefattori che ci hanno aiutato e sostenuto nel portare avanti le attività dell’oratorio.

Salesiani di Aleppo
Sabato 5 luglio 2014, accompagnato da una famiglia, siamo partiti in auto per raggiungere Aleppo. Abbiamo percorso una strada relativamente sicura, ma che mi ha permesso di vedere la grande distruzione che questa lunga guerra ha provocato. Ho pensato a quante persone hanno combattuto, hanno sofferto e sono morte. Ho visto i segni di una guerra feroce un po' dappertutto. Ho visto villaggi completamente vuoti, case diroccate o completamente distrutte. La distruzione fa piangere il cuore e la brutalità della guerra ha profondamente colpito la vita quotidiana delle persone.
Dopo quasi 7 ore di viaggio e diversi posti di blocco superati, siamo arrivati ad Aleppo utilizzando una strada secondaria. Non venivo qui da almeno un anno e mi ha davvero impressionato vedere una città sofferente, interamente colpita e fiaccata dalla guerra. Si nota chiaramente che in città regna il caos, come si capisce benissimo che Aleppo è stata una delle città più colpite dal conflitto.
È sempre molto emozionante arrivare al Centro Salesiano dove io sono nato, sono cresciuto e ho vissuto da Salesiano. Ho gioito molto nel vedere i Salesiani, i ragazzi e giovani. Sono stato accolto molto calorosamente da tutti. Mi hanno abbracciato, baciato e gettato addosso dell’acqua, ovvero il loro bene più prezioso. È da almeno quattro mesi che manca l’acqua potabile!
Abbiamo cantato, abbiamo gioito e ci siamo abbracciati. Il centro salesiano è veramente un’oasi di pace e di speranza!
Prima di andare a dormire sono rimasto colpito dal cartello che ho trovato affisso sulla porta di camera mia. C’era scritto: “Benvenuto ad Aleppo che resiste pur essendo considerata una delle città più pericolose al mondo”.
La domenica mattina ho celebrato una messa in ricordo di Jacques, un ragazzo di 11 anni morto mentre veniva da noi al catechismo nel gennaio 2014.
Durante la mia permanenza ad Aleppo ho cercato di visitare diverse zone della città e ho visto solamente distruzione e dolore. La quotidianità è caratterizzata dai combattimenti e dalla mancanza di elettricità e acqua. Si è cercato di sopperire alla mancanza d’acqua scavando alcuni pozzi, ma parte della popolazione si è ammalata perché l’acqua è infetta. In alcuni casi è possibile comprare acqua di pessima qualità a prezzi molto alti e questo fa soffrire molto le persone.
Ogni famiglia ha un parente ferito, morto o rapito. I giovani non ce la fanno più e vorrebbero partire, sarebbe disposti ad andare ovunque. I giovani hanno perso la speranza. Negli ultimi due anni non sono mai usciti dalla città e ogni giorno convivono con la morte, uscendo di casa senza sapere se saranno in grado di tornarci a causa delle continue esplosioni.
Le persone sono stanche, stressate e depresse. Ecco perché molti di loro hanno lasciato Aleppo per spostarsi in altre zone o per emigrare all’estero.

I Salesiani, assieme alla chiesa locale e a tutti gli uomini di buona volontà non cristiani stanno facendo veri e propri miracoli per sostenere in tutti i modi la popolazione. All’estate ragazzi si sono iscritti più di 600 ragazzi e giovani. La popolazione ha ringraziato i Salesiani per tutto ciò che stanno facendo attraverso il sostegno economico alle famiglie e l’organizzazione di attività spirituali e ricreative per tutti. Il direttore Don Georges Fattal, assieme a Don Simon Zakarian e il diacono Pierre, che li ha aiutati nel periodo estivo, hanno dato una grande testimonianza di generosità, amore e dedizione per i giovani.
Ho avuto un bell’incontro con gli animatori che, nonostante tutte le varie difficoltà, danno gratuitamente il loro tempo per stare con i ragazzi e trasmettere loro gioia e un pò di serenità. Ho incontrato anche i Salesiani cooperatori, che sono indispensabili, e ho infine avuto modo di incontrare singolarmente alcune famiglie e alcuni giovani. È molto importante ascoltare le loro sofferenze: hanno bisogno di condividere spiritualmente e umanamente ciò che stanno provando. Avevano bisogno di sfogarsi e io ho fatto del mio meglio per confortarli.
Il Signore poi ci ha benedetti e ci ha donato una nuova vocazione, l’unica di tutta l’ispettoria MOR (Medio Oriente)  proviene da un luogo di grande sofferenza.

Salesiani di Damasco
Da Aleppo sono dapprima tornato a Kafroun e poi mi sono diretto a Damasco, accompagnato da una famiglia. Sulla strada che abbiamo percorso si vedevano chiaramente le conseguenza della guerra in corso.
Arrivato alla Casa di Damasco ho avuto la gioia di incontrare i confratelli, ovvero il Direttore Don Alejandro Leon, il suo vicario Don Munir Hanasci e Don Felice Cantele. I tre confratelli sono stati coadiuvati dal prenovizio siriano Mehràn, delle zone della Mesopotamia, che quest’anno parte per il suo periodo di noviziato a Genzano di Roma.
Ho avuto il piacere di partecipare alle attività dell’Estate Ragazzi che hanno visto l’afflusso di più di 350 ragazzi e giovani provenienti da zone abbastanza lontane dal centro, a circa un’ora di macchina. È stato bello vedere come i ragazzi abbiano voluto partecipare alle attività, pur dovendo rischiare a causa dei molteplici posti di blocco sulla strada. Per aiutarli i Salesiani li vanno a prendere e li riportano a casa in pullman e garantiscono loro almeno un pasto presso il Centro.
I ragazzi partecipano con gioia alle tante attività preparate dagli animatori e sono entusiasti di poter vivere qualche momento di tranquillità, pace e spensieratezza.
Abbiamo celebrato una Messa in cortile perchè la chiesa non riusciva a contenere tutti i presenti e l’abbiamo terminata con una processione e l’ostensione del Santissimo a cui abbiamo affidato la pace in Siria.
Ho discusso con i ragazzi di quello che sta accadendo nel loro Paese e di come la Siria sia stata colpita dal Maligno. Nessuno di loro riusciva ad accettare che fosse possibile compiere così tante atrocità.
Ho poi incontrato entrambe le comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Nella prima le suore gestiscono una scuola per l’infanzia e organizzano corsi di tagli e cucito per le donne, mentre l’altra comunità gestisce l’ospedale italiano di Damasco.
Anche qui a Damasco, come succede a Kafroun e ad Aleppo, i nostri Salesiani portano avanti attività di supporto socio-economico per alcune famiglie. Ho incontrato alcune di loro in diversi quartieri della città. Una di queste famiglie, che vive in una zona di frontiera e il cui padre è appena morto per malattia, mi ha fatto capire cosa sia la rassegnazione. Pur essendo in zona di guerra nessuno di loro vuole lasciare la propria casa, perché con la morte del loro padre per loro la vita è finita. Continuavano a ripetermi Inte u hàzzak, dipende tutto da quanto sarai fortunato. Perciò, biddna na’ìsh, vogliamo vivere! Nonostante tutto, anche se solamente in alcuni quartieri, la vita quotidiana continua e negozi e ristoranti sono aperti.
I Salesiani, infine, sono riusciti a organizzare un bel campeggio e hanno portato i ragazzi e i giovani nel nostro centro di accoglienza di Maarra e hanno passato diversi giorni tutti insieme in un clima di fraternità e di serenità.
Da Damasco sono tornato nuovamente in Libano per visitare e incontrare i nostri confratelli Salesiani a Al Houssoun dove abbiamo un oratorio/centro giovanile e a Al Fidàr dove c’è invece una scuola tecnica. Anche in questa comunità i Salesiani, insieme con i cooperatori, portano conforto e assistenza ai nostri profughi siriani che vivono in situazioni difficili e possono contare su un sostegno spirituale e socio-economico.

Conclusione
Ciò che sta capitando in Siria è molto complesso, poichè operano varie componenti e potenze interne ed esterne, ed è difficile capire quale sarà la soluzione di tutto ciò. Ad oggi non c’è alcun segnale che faccia percepire la volontà di arrivare a una pace duratura. Ci sono molti interessi in gioco e a pagarne le conseguenze sono le persone comuni e i ragazzi e giovani, e in modo speciale anche le minoranze cristiane.
È un momento particolare per tutto il Medio Oriente, è un momento delicato e di grande trasformazione storico-politica. Le conseguenze di queste guerre porteranno alla costruzione di un altro Medio Oriente che sarà ferito, debole e diviso, dove sono a rischio le comunità cristiane ed altre minoranze.
Per questo motivo chiediamo al Signore di darci la vera pace e di purificare il cuore degli uomini, affinché ne possano capire il senso e ambire a una convivenza il più possibile pacifica. Che il Signore conceda forza, coraggio, costanza ai nostri fratelli cristiani in questi momenti drammatici della nostra storia, e a tutto il popolo “dell’amata Siria”.

Abuna Munir El Rai
SDBMOR