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martedì 29 gennaio 2013

Mère Agnès-Mariam, una testimonianza contro la barbarie

Dire la verità senza compromessi

Intervista apparsa sul  numero di Dicembre di “Monde et Vie”  a cura dell'Abate Guillaume De Tanouarn


Madre Lei vive nel cuore del deserto di Siria ma la sua voce risuona, attraverso tutti  i moderni mezzi di comunicazione, fuori dal vostro monastero di San Giacomo l'Interciso. Tanto è vero che le si rimprovera, in questa Siria incendiata e sanguinante, di “fare politica”  
 La mia  non  è una presa di posizione politica ma etica, a fronte di una situazione che vede una flagrante aggressione nei confronti della popolazione civile. Mentre i media “mainstream” mettono in luce solo una porzione del quadro, io penso che sia buona cosa completare questo quadro con un punto di vista che aiuti l’opinione pubblica a farsi una idea, il più possibile equilibrata,  sugli annessi e connessi del conflitto siriano. Sicuramente io non voglio spazzare via con un colpo di spugna tutto quello che i media riportano. Ma chiaramente ci troviamo di fronte a un discorso dominante tendenzioso. Si difendono unilateralmente  tesi che si vogliono favorire in ogni modo, ma lo si fa malgrado l’evidenza dei fatti.

I coraggiosi studenti dell'Università di Aleppo rifiutano le intimidazioni

Quali tesi?
 La tesi che si vuole difendere è che  il regime  è l’unico responsabile della morte di innocenti e delle distruzioni di massa che si possono constatare adesso. A fronte di questa tesi  “ufficiale” la realtà è che i metodi adottati dalle bande armate affiliate alla opposizione sono altrettanto se non ancor più in contrasto con la protezione dei civili. Sono loro che senza motivo distruggono le infrastrutture pubbliche e i siti del patrimonio storico. Sono loro che destabilizzano la società civile, nella quale, quali che siano le confessioni religiose, vige ancora attualmente un largo consenso per la convivenza pacifica. Per molto tempo la grande stampa ha voluto ignorare l’esistenza sempre più grande  di gruppi estremisti, che per mezzo di una guerra a carattere settario  e promuovendo la guerra civile vogliono realizzare una redistribuzione della popolazione sul territorio su base confessionale. Questi gruppi, la cui presenza è stata dapprima ignorata e poi bellamente occultata, sono stati identificati da diversi reporter come affiliati ad Al Quaeda  o come mercenari composti in una proporzione significativa da individui provenienti dai più diversi paesi fra i quali l’Inghilterra, la Francia, l’Irlanda, l’Australia e anche dalla Svezia. Si tratta di una operazione di riciclaggio di terroristi per l’occasione travestiti da difensori della libertà e della democrazia?  Porsi la domanda equivale a darsi la risposta…

Lei quindi è a fianco del regime di Bachar el Assad contro questi terroristi?
 Il regime di Bachar è un regime totalitario socialista e stalinista. Non è per amore del Regime ma per amore del popolo siriano e per la Chiesa che perderebbe di autorevolezza se si astenesse dall’affermare la verità dei fatti, occultata per considerazioni politiche. Credo che la società siriana non debba essere studiata attraverso il filtro di uno schema binario: Pro regime – Anti regime. La assoluta maggioranza del popolo siriano non è politicizzata. Esiste una immensa maggioranza silenziosa che rifiuta di essere strumentalizzata, di essere destabilizzata e di veder affondare lo Stato (che non va confuso col Regime). La situazione attuale non resiste ad una analisi anche se elementare. La signora Clinton ha avuto la reazione istintiva di rammaricarsi , sottolineando pubblicamente che la rivoluzione legittima del popolo siriano è stata distorta a favore di movimenti estremisti e settari. Lo stesso Laurent Fabius, il vostro Ministro degli Esteri, ha evocato l’insorgere di “una guerra eteroclita e disordinata”.

Ma siete in accordo con la Chiesa Cattolica quando sostenete queste tesi  non conformiste?
 Qui in occidente si tenta di far credere che io non lo sia. Ma è falso. Sua Beatitudine Gregorio III Laham, Patriarca dei Melchiti Greco-Cattolici ha recentemente esposto 24 osservazioni sulla crisi in Siria che vanno completamente in questa direzione. E’ stato lui a dichiarare che : “In Siria non c’è più una rivoluzione, non ci sono più delle manifestazioni. C’è soltanto del banditismo e il mondo intero si rifiuta di ammetterlo”  Parla anche di “un complotto internazionale contro la Siria.
Tutto questo  richiama l’appello urgente dei vescovi di Hassake nella Mesopotamia siriana, nel quale i prelati delle chiese locali di qualsiasi rito, fanno stato di una incontrovertibile aggressione subita dalla popolazione civile da parte dei ribelli. Quegli stessi ribelli che la stampa mainstream giustifica nella loro resistenza armata con la scusa della protezione dei civili. E’ veramente la ragione del più forte che trionfa!  Quanto alle società occidentali, queste arrivano ad una giustificazione ideologica della violenza: un vizio inquietante.

Secondo lei c’è speranza per la Siria attualmente?
 Ciò che viene completamente nascosto oggi è la presenza di una maggioranza silenziosa che non si è polarizzata , che ama il suo Paese conoscendone i pregi e i difetti. Diverse iniziative sono nate per consolidare l’unità civile e fermare l’effetto devastante che si è prodotto con l’apertura del vaso di Pandora delle Rivoluzioni arabe. Il Forum delle famiglie si è tenuto 15 mesi fa. I delegati e gli attivisti appartenevano alle  molteplici componenti del ricco tessuto sociale siriano, così diversificato dal punto di vista etnico, religioso e culturale. Questo Forum ha fatto emergere una iniziativa di riconciliazione nazionale , con alla testa il capo di una delle più prestigiose tribù arabe, i Naims (che rappresenta in Siria circa tre milioni di persone). L’autorità naturale di Cheikh Saaleh Naim ha permesso che sorgessero un po’ ovunque nel paese gruppi di riconciliazione nazionale (in arabo: Musalaha)  che si  mobilitano mediante la realizzazione in situ di iniziative per prevenire la guerra civile, fermare le violenze, pagare i riscatti e occuparsi della vita quotidiana dei siriani servendosi della vasta rete di relazioni che esiste tra i capi tribù, fra i quali si annoverano i leader più influenti delle diverse confessioni, sunnite, alauite, sciite, cristiane, druse , ismailite  e yezidi e sabbee per i profughi dall’Iraq. A fronte di una tale organizzazione,  mi domando cosa intenda fare la Francia per decidere chi veramente rappresenti il popolo siriano.? Io lo chiamerei una deviazione. Il conflitto in Siria sta mostrando il vero volto della Democrazia occidentale.

Perchè il movimento “Musalaha” , questo movimento per la riconciliazione dei Siriani è così poco conosciuto?
 Attualmente la comunità internazionale cerca di prendere in contropiede la maggioranza del popolo siriano che non ha preso le armi. Mentre il movimento Musalaha  si adopera per il mantenimento della pace civile, pacificando le popolazioni ed aiutandole materialmente,  sia che siano schierate dalla parte del regime che della rivoluzione, si cercano soprattutto motivi per intervenire armando i ribelli.
Ci dicono che in Siria è in corso una guerra civile. Si contano circa 500.000 morti dall’inizio delle ostilità. Ma non è una guerra civile, non è una guerra tra le componenti civili del Paese, è la repressione da parte dell’esercito del regime dell’insurrezione di una parte del Paese assistita da volontari internazionali. E’ una guerra tra l’Esercito Libero Siriano (miliziani o mercenari) e le Forze Armate regolari. In questa guerra i civili di tutte le confessioni sono degli ostaggi; succede che nei quartieri residenziali infiltrati le persone vengano sequestrate e ricattate.
Bisogna dire che questo conflitto ha avuto una preparazione di anni. Non si sono forse trovati i sotterranei che hanno permesso all’ ELS di occupare questi quartieri senza colpo ferire?


E il Regime…
 Il Regime è morto dall’inizio del 2012, da quando ha rinunciato ufficialmente al principio del partito unico . Certo è un regime durissimo con gli oppositori. Ma allora il Paese non aveva debiti e soprattutto sino all’inizio della guerra era autosufficiente, con abbondanti riserve attualmente distrutte sistematicamente dai mercenari jihadisti. Lo Stato inoltre garantiva l’istruzione scolastica, la sanità gratuita, la gratuità dei medicinali con una vera industria farmaceutica nazionale. Per noi la vera questione non è cosa sopravviverà  del Regime di Bashar , ma cosa sopravviverà dello Stato siriano che sino ad ora assicurava la pace civile con veri mezzi economici?

Dichiarazioni raccolte dall’Abate Guillaume De Tanouarn
 Traduzione dal francese di M. Granata

I media tra informazione e propaganda

La posizione timorosa dei media sulla guerra in Siria mi ricorda un incidente significativo. Una delle nostre fondatrici ebbe un giorno un malessere cardiaco e venne trasportata in ospedale dove l’elettrocardiogramma non registrò alcuna anomalia. I medici ci rassicurarono ma, non appena arrivammo al monastero, ebbe un attacco fatale e soccombette sotto i nostri occhi. Richiamato d’urgenza, il medico che l’aveva appena dimessa brandiva l’elettrocardiogramma per assicurarci che la religiosa non aveva niente. Malgrado il responso fornito dal suo apparato diagnostico, la nostra sorella è deceduta. Io temo che il medesimo scenario si stia ripetendo oggi in ambito sociopolitico. A forza di essere sottoposti ad un sistema di disinformazione si lascia che ci imbrogli sino ad un punto di non ritorno. La mancanza di informazione, si dice, ricade sul regime siriano che impedisce il libero accesso ai media. E’ vero. Ma per questo si deve punire la popolazione bloccando le sue testimonianze rifiutando di diffonderle? Le versioni delle televisioni siriane pro-regime sono più verosimili. Abbiamo tentato di documentarci in tempo reale telefonando a dei conoscenti che si trovavano sul luogo degli incidenti descritti : la situazione concordava più con ciò che diceva la televisione siriana che a quello che propagandavano Al Jazzirah, BBC, France 24, Al Hurra o Al Arabia con dei montaggi e altri spezzoni audiovisivi fallaci o di cattiva qualità.

Madre Agnes- Mariam


Soeur Marie Agnès "Les Syriens sont unanimes à rejeter l'ingérence étrangère"





Soeur Marie Agnès : Les Syriens sont unanimes à... di Super_Resistence

Mons. Zenari : siamo al centro di un "regolamento di conti" più grande di noi


da "IL SUSSIDIARIO" - 21 gennaio 2013
Intervista di Pietro Vernizzi  a Mons. Mario Zenari

Nell’università affollata per gli esami semestrali, una bomba ha provocato la morte di 87 studenti. E’ successo ad Aleppo la settimana scorsa, in una zona della città ritenuta fino a quel momento sicura. “Si tratta di un vile atto terroristico nei confronti degli studenti che sedevano nelle aule per gli esami di metà anno”, è stato il commento di Bashar Jaafari, inviato del governo siriano durante una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
Il Sussidiario.net ha raggiunto telefonicamente Mons. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, che si trova nella zona centrale di Damasco dove sono ospitate anche le altre ambasciate.

Che cosa ne pensa dell’attacco contro l’università di Aleppo?

E’ difficile sapere chi ci sia dietro, purtroppo le violenze di questo tipo ultimamente in Siria sono frequenti. E’ un atto di violenza molto triste che ha causato 87 vittime e suscitato compassione e indignazione in tutto il mondo.
Sempre martedì si sono contati 216 morti in tutta la Siria. Significa che anche senza considerare l’attacco all’università si sono registrate 129 persone dilaniate dalle bombe. E ogni giorno assistiamo ad atrocità di questo tipo.

Lei ritiene che siano state esplorate tutte le strade per mettere fine alle violenze?

Difficile rispondere, quello che so è che quello a cui stiamo assistendo è la conseguenza del fatto che si sono sovrapposte due questioni. C’è un problema interno, in quanto la Siria da tempo sentiva il bisogno di andare verso una maggiore democrazia e una maggiore libertà. Nello stesso tempo, ci sono dei conflitti regionali o mondiali. Quanto sta avvenendo in Siria quindi non può più essere risolto con un grado maggiore di democrazia e con delle elezioni libere, perché qualcuno ha scelto il Paese come campo per regolare dei conti che riguardano ben altre potenze.

I cristiani come si inseriscono in questo conflitto?

I cristiani non hanno armi ed essendo sparsi in tutto il Paese non formano un unico gruppo politico né singoli gruppi schierati da una parte o dall’altra.
Bisogna però riconoscere che la situazione per i cristiani sotto questo regime non era così negativa. C’era una discreta libertà religiosa, seconda soltanto a quella di cui godono i cristiani libanesi. Anche se non era una libertà assoluta, per esempio un musulmano non poteva diventare cristiano.

Qualcuno ha cercato di fare pagare ai cristiani questa scelta di non schierarsi?

Fino a questo momento, per i fatti di cui sono a conoscenza, i cristiani hanno  sofferto come tutti. Abbiamo avuto delle chiese abbattute, ma queste distruzioni  non erano volute. Le bombe degli uni e degli altri spesso finiscono nei centri  abitati e dove prendono prendono. I missili non fanno distinzioni tra cristiani,  sunniti e alawiti, quando un villaggio è preso di mira tutti devono scappare a  prescindere dalla loro religione.

 Quale contributo possono dare i cristiani in questo momento drammatico della  vita del Paese?

 Ho sentito diverse dichiarazioni di persone che mi dicono: “Noi cristiani siamo  qui per il bene del Paese, ma non ci schieriamo”. Anche se non possono tirare le pietre contro questo governo, perché prima dell’inizio del conflitto le cose per loro non andavano male. La tendenza dei cristiani è quindi quella di non prendere le armi, e di operare secondo i principi del Vangelo, della dottrina sociale della Chiesa, della solidarietà, della riconciliazione e della giustizia sociale. E’ questa la sola bandiera dei cristiani.

 La dittatura è veramente compatibile con la dottrina sociale della Chiesa?

 No, la dottrina sociale della Chiesa parla di libertà fondamentali e di giustizia sociale. Questo regime andava e va riformato secondo principi universali di democrazia, di libertà e di giustizia sociale, di espressione non sottoposta a restrizioni. 
Il punto però è che questa riforma del regime non andava attuata in maniera violenta.

 Infine, com’è la situazione nella zona di Damasco dove si trova lei?

 Dal quartiere Malki, dove si trovano le principali ambasciate, sentiamo le cannonate e vediamo gli aerei che si levano in volo. Dobbiamo sempre stare attenti, perché anche la situazione nella zona dell’università di Aleppo fino a martedì sembrava calma, ma ormai il conflitto è dappertutto e non ci sono più isole sicure, o quelle che sono sicure oggi domani non lo saranno più. Resta il fatto che a Damasco le zone periferiche sono le più martoriate. Il centro è stato abbastanza preservato, ma ogni tanto qualche bomba esplode anche qui. Ormai la situazione della Siria è come quella di un corpo nel quale le cellule malate si sono diffuse in tutti gli organi.

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