Traduci

giovedì 31 maggio 2012

Contro i tamburi di guerra....

Nunzio apostolico: L'Onu guardi i frutti del dialogo interreligioso non solo le cannonate
Damasco (AsiaNews) - "Onu e Paesi occidentali guardino i frutti del dialogo fra sunniti, alawiti cristiani, non solo le cannonate, i massacri e le violenze compiuti da regime e ribelli". E' quanto afferma ad AsiaNews, mons. Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco. Il prelato invita ancora una volta i Paesi occidentali e i cosiddetti "amici della Siria" a sostenere le iniziative di dialogo che stanno avvenendo in modo spontaneo fra la popolazione che tenta di cambiare dal basso l'attuale situazione. "Le immagini delle violenze di Houla - spiega - hanno scioccato tutti e hanno spinto i siriani al dialogo, soprattutto nelle aree più colpite dalla guerra".
Oggi, a Homs più di 20 leader religiosi cattolici, ortodossi, sunniti e alawiti si sono incontrati insieme ai rappresentanti del governo locale e nazionale per discutere in modo pacifico i problemi che da oltre un anno affliggono il Paese. In attesa di un comunicato ufficiale, mons. Zenari spiega che i capi religiosi e politici hanno condannato i massacri, per evitare un conflitto fra fazioni religiose e politiche. Ogni delegato è consapevole che il Paese sta andando alla deriva. Alle violenze si aggiungono atti di banditismo, furti, omicidi, regolamenti di conti fra famiglie rivali. "Fra i problemi più gravi - continua - vi sono le continue sparizioni di persone, rapite per estorcere denaro e utilizzate come merce di scambio". Ieri, i leader si sono scambiati le liste dei rapiti, impegnandosi a fare di tutto per fermare questa piaga, che in più di un'occasione è sfociata in massacri con morti e feriti.
"I cattolici - aggiunge mons. Zenari - sostengono queste piccole iniziative positive e cercano di lavorare su tutti i fronti". Il prelato spiega che in ogni città vi sono gesti e iniziative di carità, per soccorrere intere famiglie rimaste senza casa e cibo con cui sfamarsi, la speranza è che tale positività prevalga sull'odio e la violenza.
http://www.asianews.it/notizie-it/Nunzio-apostolico:-L%27Onu-guardi-i-frutti-del-dialogo-interreligioso-non-solo-le-cannonate-24891.html

I rifugiati siriani accolti dai Gesuiti nel convento di San Vartan
Famiglie di sfollati siriani, fuggite dal conflitto che infuri nell'Ovest del paese, hanno trovato accoglienza e ospitalità nel Convento di San Vartan, gestito dai gesuiti nel quartiere di Midan, nel cuore di Aleppo. Il convento, dedicato al Santo armeno, era un secolo fa una scuola armena, poi servita ad accoglier i rifugiati armeni. Nel novembre 2008 i gesuiti, tramite il “Jesuit Refugees Service”, dopo averlo restaurato, vi hanno aperto un Centro di accoglienza per rifugiati, con attività di dopo scuola per ragazzi e attività sociali. A beneficiarne sono stati rifugiati iracheni e bambini di famiglie povere siriane. Il Centro ha continuato ad accogliere fino al 2010 nuove famiglie dall’Iraq, che si sono gradualmente inserite nel tessuto sociale della città, stabilendosi n Siria. Oggi il Centro è aperto a sfollati e bisognosi, senza alcuna discriminazione di religione, gruppo etnico, provenienza. Data la violenza che prosegue in Siria, alcuni sfollati interni siriani sono arrivati al Centro e hanno trovato un'oasi di accoglienza e soldiarietà.
Il dramma dei rifugiati siriani continua: secondo l'ultimo rapporto Unicef, sono oltre 54.000 i rifugiati siriani in Giordania, Libano, Iraq e Turchia. Il 50% sono bambini che hanno lasciato le scuole, soffrono la povertà e traumi causati dalla fuga.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39200&lan=ita

Il Gesuita p. Paolo Dall'Oglio in preghiera a Qusayr per fermare il conflitto confessionale
Il minareto lo sveglia nel cuore della notte ma, in tal modo, “lo aiuta nella preghiera prima dell’alba, quella dei monaci orientali”. Un'oasi di preghiera “nel bel mezzo della lotta, in una città circondata; un’orazione costante, turbata da colpi di mitragliatrice”. E’ il Gesuita padre Paolo Dall'Oglio il prete cattolico che si è stabilito a Qusayr, città a Sud di Homs, martoriata dalla violenza, per fare un'esperienza prolungata di digiuno e preghiera per la pace. Come rivelato nei giorni scorsi dall'Agenzia Fides, il suo vuol’essere “un segnale contro corrente”, un modo non violento di vivere e testimoniare la fede in Cristo nel bel mezzo del conflitto. “Ho scelto Qusayr perchè, con la mia presenza, voglio cercare di sanare la polarizzazione confessionale che si è verificata in città. Ho ascoltato la supplica di alcune famiglie cristiane che hanno visto i propri cari rapiti e vorrei fare del mio meglio, con la preghiera e con il dialogo, per ricomporre le fratture”, spiega a Fides p. Dall'Oglio. Nella città vi è stata crescente conflittualità fra musulmani e cristiani, con una lunga scia di rapimenti, vendette, omicidi.
Bande armate di miliziani fuori controllo, riconducibili alla galassia dell’opposizione siriana, hanno compiuto violenze sui cristiani. Il cristiano André Arbache, padre di famiglia di 30 anni, nel gennaio scorso è stato rapito e poi trovato morto. Molti altri cristiani sono vittime di sequestri. Qusayr è una città dove viveva un comunità greco-cattolica fra le maggiori della Siria, di circa 10mila persone, accanto a 15mila musulmani sunniti. “I cristiani – spiega p. Dall’Oglio – sono quasi tutti fuggiti dalla città, ne sono rimasti pochissimi”.
Il Gesuita è ospite di un famiglia cattolica, dato che la casa parrocchiale a Qusayr non è un luogo sicuro. “La mia preghiera e la mia presenza vuol'essere anche un segno di speranza, perchè questa primavera siriana possa sbocciare, verso un futuro di unità e dialogo all'insegna del pluralismo”, rimarca. Intorno alla sua persona si sta ricostruendo un tessuto di relazioni strappato dalle dinamiche della violenza, che facilmente sconfina in una spirale di odio e vendetta fra persone, famiglie, comunità di diversa religione. Le parole chiave sono “riconciliazione e perdono, fratellanza nel nome di Dio”. Nella speranza di costruire, anche con la preghiera, una Siria più umana, rispettosa della dignità e dei diritti di tutti. (PA) (Agenzia Fides 30/5/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39199&lan=ita


«La Siria rischia di diventare come l’Iraq. Per colpa dell’Occidente»
«L’Occidente rischia di farci diventare un nuovo Iraq» ha dichiarato ad Avvenire in un’intervista dell’11 maggio l’ex custode di Terra Santa e vicario apostolico di Aleppo, Giuseppe Nazzaro. Intervista di Luca Geronico
Ex custode di Terra Santa, Giuseppe Nazzaro è vicario apostolico di Aleppo dopo una vita intera spesa in Medio Oriente. Nessuna tentazione di fuga, ora che la violenza sembra dilagare: «Noi restiamo qui», afferma irremovibile.

Eccellenza, dopo il duplice attentato di Damasco siamo sull'orlo di una guerra civile?
No no. Non siamo sull'orlo di una guerra civile. Qui in Siria stiamo rischiando un'altra cosa.

Quale, eccellenza? Faccia attenzione a quello che le dico. In Iraq ora a cosa siamo arrivati? Me lo dica lei. Forse a una situazione di ingovernabilità?
Esatto. E chi l'ha causata?

Prego.
Devo dirlo io? È l'Occidente che ha portato a questo. E qui stiamo, più o meno, arrivando alla stessa situazione. È l'Occidente che vuole questo. Ma veramente l'Occidente, mi chiedo, vuole continuare un embargo contro un popolo che non ha alcuna responsabilità? Queste domande me le pongo io, ma anche tanti altri qui ad Aleppo. È stato l'Occidente a ridurre l'Iraq così, mentre ci sono tante altre strade per arrivare a discutere. I kanirkaze dove sono nati? In Giappone e poi in Palestina. E a chi facevano comodo?

Mi vuole dire che ci sono infiltrazioni terroristiche dall'estero funzionali a creare uno stato di tensione che giustifichi un intervento internazionale? Sarebbe tremendo se si verificasse un intervento internazionale?
Una coalizione internazionale in Iraq a che cosa ha portato? Ieri il capo della missione Onu qui ad Aleppo ha detto che, se si vuole discutere, gli attacchi non fanno bene a nessuno, né all'interno né all'esterno. Quindi cerchiamo di darci una regolata dall'esterno per poter intervenire anche dall'interno.

Una «regolata dall'esterno»? Più precisamente? I governi occidentali si chiedano in coscienza chi ha portato a questa situazione e perché si continua così.
L'Egitto, che il mondo ha tanto applaudito, ha ottenuto quello che voleva? Vediamo o non vediamo che gli interventi dell'Occidente, che con tutto il rispetto non capisce per nulla la psicologia di questi popoli, non portano a nulla? Chi pretende di portare la democrazia in Siria venga a vivere qua e allora si renderà conto con cosa hanno a che fare. Questo mi chiedo io, assieme a molta gente di buona volontà.

Per uscire da questa crisi sociale e politica, il piano Annan le sembra una buona possibilità o va contro il sentire profondo della Siria?  Ho già dichiarato che il piano Annan è buono, ma chi lo segue? L'Occidente colpevolizza solo una parte, i notiziari riportano solo i morti di una parte sola. Adesso si comincia a vedere che ci sono anche altri morti. Chi ha fatto questi 55 morti, il governo o l'esercito? E allora perché non si riesce a fare un discorso anche su chi ha provocato queste vittime? Chi li ha istigati, chi li sostiene? L'Occidente. E allora forti di questo appoggio si va avanti così. L'Occidente sta riducendo questo Paese come l'Iraq.

Quindi per lei bisogna dare credito al governo e alle riforme che Assad ha iniziato?
Certamente. Se non si prendono seriamente in considerazione entrambe le parti, non arriveremo a nulla. Se invece si impone una soluzione dall'esterno, l'effetto è controproducente. La minoranza cristiana teme che alla fine questo legittimi il fondamentalismo e riduca ulteriormente, la vostra libertà? Guardi, quanto a libertà qui io non ho alcuna restrizione. Qui nessuno ci costringe. Quale altro Paese vicino gode di tutta questa libertà? Invece c'è chi crede di sapere esattamente cosa avviene in tutti questi Paesi senza esserci mai stato.


martedì 29 maggio 2012

Da cristiani nell'inferno siriano

La solidarietà dei gesuiti verso tutte le vittime. Antidoto alle nuove divisioni create dal conflitto  di Giorgio Bernardelli 
DI FRONTE AL DRAMMA della Siria, che con il suo dolorosissimo carico di sangue va avanti ormai da mesi, c'è il rischio di fermarsi alle analisi. Perché effettivamente il contesto è complesso e le partite che si giocano sulla pelle di questo Paese sono molteplici (cfr. M.M. marzo 2012, p. 12). Ma non si capisce mai un conflitto fino in fondo se non si parte dalle sue storie. E una delle più emblematiche in questo senso è quella della comunità cristiani di Homs. Sì, proprio la città martire da tempo epicentro degli scontri tra l'artiglieria del presidente Bashar al Assad e le milizie sunnite è in realtà uno dei centri più importanti della storia cristiana della Siria. Nel secondo secolo ha addirittura donato un Papa alla Chiesa (Aniceto, il decimo successore di Pietro) e per alcuni secoli - secondo una tradizione antichissima - fu meta di pellegrinaggi perché qui sarebbe stata custodita la reliquia della testa di Giovanni il Battista. Ancora nel Novecento fu da Homs che la Chiesa siriaca si riorganizzò dopo gli anni durissimi del genocidio. Ma soprattutto si tratta di una città che fino a ieri - nei suoi quartieri di Bustan el-Diwan, Hamiddyyé e Arzoun - era abitata da oltre 90 mila cristiani.
Oggi invece a Homs non restano che una manciata di fedeli: prostrati dalle bombe che cadono su tutti, impauriti dalle minacce dei miliziani filo-qaedisti infiltratisi tra le file della «resistenza siriana», in decine di migliaia hanno abbandonato le loro case per cercare rifugio sulle montagne vicine, a Damasco o addirittura in Libano. Tra i pochi rimasti a Homs c'è la piccola comunità dei gesuiti, due padri olandesi e uno siriano, cui faceva capo la scuola di Bustan el-Diwan. «Nel quartiere non siamo rimasti che noi ad occuparci della nostra casa e di quelle di quanti sono partiti», hanno scritto qualche settimana fa in una lettera pubblicata dal quotidiano francese La Croix. Un messaggio in cui non hanno nascosto le difficoltà: i colpi di artiglieria non hanno risparmiato le loro mura. E poi ci sono state le tensioni create dallo spostamento di popolazioni da un quartiere all'altro: quando la battaglia infuriava più violenta dai quartieri sunniti molti musulmani si sono spostati nelle case lasciate vuote dai cristiani. E oggi non c'è più nessuno che a Homs sia in grado di ridare a ciascuno il suo. Il che sta creando nuove pericolosissime divisioni.

ANCHE IN UN CONTESTO così difficile, però, la comunità dei gesuiti di Homs ha scelto di spendersi al servizio di chiunque abbia bisogno. «All'inizio - hanno raccontato ancora - avevamo deciso di sostenere una sessantina di famiglie particolarmente bisognose. Ma sono diventate molto in fretta cinquecento. E adesso siamo a diverse migliaia». A sostenere questo impegno è l'Oeuvre d'O¬rient, storica ong francese attiva nell'aiuto alle Chiese d'Oriente; ma non è un compito facile: manca tutto e sotto i colpi dell'artiglieria le stesse comunicazioni diventano spesso impossibili. Del resto il volto della solidarietà è quello attraverso cui già da anni li conosceva la gente di Homs. Anche attraverso l'esperienza del progetto Al Ard, il centro realizzato negli anni Ottanta su una collina a qualche chilometro dalla città da padre Frans Van der Lugt, con l'obiettivo di far lavorare insieme cristiani e musulmani allo sviluppo rurale della zona. E dal 2000 si è affiancata anche un'opera ancora più significativa: un centro per ragazzi con handicap mentale, una quarantina provenienti dai villaggi vicini, anche loro coinvolti nelle attività agricole come attività di inserimento sociale. Luogo di incontro tra gli uomini e le donne delle diverse religioni, aperto alla voce dello spirito.
È chi ha vissuto come padre Frans questa esperienza che resta oggi sotto le bombe di Homs. Scommettendo su una fraternità più forte di ogni bagno di sangue. E provando ad ascoltare la voce di Dio anche dentro questa tragedia. Un racconto emblematico in questo senso la comunità lo ha affidato qualche giorno fa al sito dei gesuiti del Medio Oriente: la storia di un incontro con una famiglia di profughi, una quindicina di persone ferme a lato della strada, cariche delle loro borse. «Dove andate?», chiede loro uno dei padri. «A qualsiasi fermata dell'autobus verso Damasco». Il pulmino sarebbe omologato per otto persone, ma riesce comunque a ospitare tutti. «Da dove venite?». La risposta è quella più prevedibile: Bab Omar, uno dei quartieri più devastati dagli scontri. «Ci hanno cacciato via», precisa il capofamiglia. «Chi?», domanda il padre. Silenzio. La paura è ancora tanta, meglio non sbilanciarsi di fronte a uno sconosciuto.
«Avete parenti o amici a Damasco?». L'uomo scuote la testa. «E allora da chi andrete?», insiste il religioso. «Dovunque ci siano persone buone - risponde l'uomo -. Anche tu ti sei fermato e ci hai caricati sul pulmino senza che fossimo tuoi parenti». «"Dovunque ci siano persone buone": c'è rimasta nelle orecchie a lungo questa meta - hanno scritto i gesuiti di Homs -. Insieme alle parole del Vangelo di Giovanni: "Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati" (Gv 1,11-13)».
http://www.missionline.org/index.php?l=it&art=4667

Dopo l’ultimo grave attentato, al centro della scena ancora la violenza e non il bene comune
..... La realtà richiederebbe di essere raccontata con lealtà, invece nessun avvenimento sembra sia più sufficiente per portare gli uomini a riflettere, a pensare, a cambiare opinione. I paesi occidentali, in questa situazione, sembrano non sapere più che cosa sia la moralità, la pietà e il bene comune. E’ difficile comprendere come qualcuno possa ancora affermare che la pace si può costruire in questo modo. Pensare che il trionfo del bene e della giustizia possa solo avvenire sradicando il male identificato nel tiranno è un’illusione, e lo stiamo vedendo: si sta andando incontro a mali ben peggiori.....
Patrizio Ricci su http://www.laperfettaletizia.com/2012/05/quale-futuro-per-la-siria.html

lunedì 28 maggio 2012

La vérité sur Houlé

VOX CLAMANTIS – 26 maggio 2012
Traduzione dal francese a cura della Fraternità Maria Gabriella
Domandiamo agli nostri lettori di non lasciarsi impressionare dalla campagna mediatica a proposito del massacro di Houle. Contrariamente a quanto viene affermato dai media e dalle nostre prime informazioni raccolte, l’armata siriana regolare non si è posizionata e non ha bombardato Houlè.

Si tratta, da parte dei terroristi, di un colpo montato al quale l'opinione pubblica è già molto abituata e, da parte del governo di una dimissione inaccettabile, che lascia civili innocenti affidati alla sua protezione e forze dell'ordine in numero insignificante essere oggetto di impressionanti attacchi da parte di centinaia di miliziani feroci, pronti a tutto ed armati fino ai denti, con la pura missione di “creare” le  vittime per sfruttare mediaticamente il loro sangue.

Questo coincide con l'annuncio della prossima visita di Kofi Annan e lo scopo è quello di screditare questa missione, gettandone tutto il biasimo sulle legittime  autorità siriane. Le notizie che noi forniamo vengono da testimoni oculari che vivono sui luoghi. Essi non hanno per finalità quella di “proteggere” il regime ma di “proteggere” la popolazione civile, abbandonata dal governo e consegnata alla selvaggia furia dei terroristi.

La verità su Houle

Ecco ciò che noi abbiamo ricevuto da un testimone oculare di Kfar Laha, vicino a Houle:

“Le bande armate sono uscite da Rastan e da Saan, tra Homs e Hama verso le otto di sera. Hanno attaccato le barricate delle forze dell'ordine intorno all'ospedale e hanno ucciso e ferito circa 35 elementi tra le forze dell'ordine, poi sono penetrati nell'ospedale statale. All'interno dell'ospedale si trovavano i pazienti e le equipes sanitarie e alcuni familiari che accompagnavano i malati, circa 25 persone. Le bande armate hanno massacrato tutte le persone presenti poli hanno bruciato l'ospedale dopo aver trasportato i cadaveri. Sui canali video dei ribelli si vede che quelli che trasportano i cadaveri lo fanno su coperte sulle quali è scritto in arabo “ministero della salute”. Questo prova che essi sono gli autori del crimine. Le bande armate si sono in seguito dirette verso le case circostanti, hanno massacrato i loro abitanti, hanno bruciato cinque case dopo aver trasportato i cadaveri. Dei rinforzi sono arrivati da parte delle forze dell'ordine. Ci sono stati scambi di fuoco e nove terroristi sono stati uccisi.

Sulla via, essi si sono introdotti in una farmacia ed hanno fucilato il farmacista per punirlo di aver venduto dei medicinali a un membro del servizio dell'ordine ed hanno bruciato la sua farmacia.

Verso le 22 le bande armate si sono dirette verso il villaggio di Tel Do. Hanno investito il quartiere sud e hanno massacrato famiglie alauite, uomini, donne e bambini, poi hanno appiccato fuoco dopo aver trasportato i cadaveri.
I cadaveri raccolti sono stati ammassati  in una moschea per mostrarli agli osservatori dell'ONU come se fosse stato un massacro perpetuato dall'armata regolare.

Diverse notizie dalla regione di Homs e di Hama

A Salamiyeh, grosso villaggio a est di Hama, sulla strada di Aleppo, abitato da una maggioranza di ismaeliti di cui un gran numero sono oppositori ( comunisti e houranis) c'era un funerale e le persone venivano a presentare le loro condoglianze, bande armate vestite con degli “schmakhs”, copricapi dei beduini del deserto, senza dubbio per incitare gli abitanti di Salamiyeh a credere che questi fossero i loro vicini i beduini del deserto “badiyat” e fomentare la guerra civile. Le bande armate di PKC hanno aperto il fuoco sulla folla per cinque minuti, uccidendo sette persone e ferendone un gran numero.

Nel villaggio di Siphonyeh, presso Kattineh, a 15 km a nord di Homs, bande armate si sono introdotte in gran numero e hanno massacrato due famiglie: Abdallah Abdel Nabi e i suoi  6 bambini e anche il suo vicino e suo figlio. Hanno anche bruciato le case prima di ritirarsi,
Tutta la campagna di Kusayr è a ferro e  fuoco, in un vuoto di sicurezza spaventoso. Da due settimane  la guerra civile è cominciata tra i villaggi sunniti e i villaggi sciiti. E sunniti del villaggio di Saargi, contrabbandieri e banditi, hanno cominciato a uccidere e rapire civili dei villaggi sciiti di Safsafè, Zeytè, Hawik . Per proteggersi gli sciiti hanno dovuto prendere le armi perché i sunniti attaccavano con fucili, mitragliatrici e mortai e RPG. Gli sciiti sono stati presi di sorpresa perché essi non erano armati ma alcuni possedevano armi personali. Gli sciiti hanno rapito due sunniti della famiglia Hseykeh e fino ad oggi l'atmosfera è molto tesa. Un antico contenzioso opponeva questi due villaggi ma essi avevano celebrato una grande riconciliazione con la presenza dello Cheikh Naim Qassem, il vice presidente di Hezbollah. Erano stati invitati villaggi all'intorno e i notabili cristiani di Kusayr  erano stati invitati. Purtroppo la consegna delle bande armate è di accendere ad ogni costo il conflitto religioso e, nell'assenza di forze dell'ordine o davanti alla loro impotenza, non c'è altra alternativa per gli abitanti che proteggersi dalle bande armate prendendo essi stessi le armi.

Come abbiamo spiegato nel nostro articolo di ieri, le città e villaggi si organizzano verso un'autonomia di sicurezza a partire dalle alleanze e dagli equilibri tribali sottili e inimmaginabili, per esempio ,come noi dicevamo, l'accordo realizzato tra Nebek e Flitta: “non rapite più i nostri sennò noi interdiremo agli abitanti di Flitta di entrare a Nabek.”

Il regime sta per accettare la realtà di una disaffezione della sua presenza rispetto alla sicurezza, in virtù della quale il mosaico siriano si fratturi in una logica di affinità confessionali tribali o politiche, in base ad alleanze, a rifiuti, a tradimenti , per un riallineamento alla maniera libanese? Sinistra prospettiva….
Vox Clamantis
Vox Clamantis est un centre d’information du diocèse grec melkite catholique de Homs, Hama et Yabroud

AGGIORNAMENTO DA VOX CLAMANTIS 
31 maggio 2012 – Redatto da Frére Jean

 Il generale Suleiman, Presidente del tribunale militare, capo dell'investigazione sul massacro di Houlé (del 26 maggio 2012) ha dato questa sera i risultati preliminari, basati su dichiarazioni di testimoni oculari presenti sulla scena, ed anche sullo studio dei rilievi militari e penali:
Il Generale ha detto che dopo la preghiera del venerdì, 600-800 uomini armati hanno attaccato di sorpresa le 5 postazioni di controllo tenute dalle forze di sicurezza siriane nella regione di Taldo. Tutte le armi furono utilizzate in questo attacco, compresi cannoni di mortaio. Le forze di sicurezza hanno cercato di respingere questi attacchi. Allo stesso tempo delle bande armate si sono sparpagliate intorno alle posizioni del national hospital di Taldo e della piazza dell'orologio. Hanno massacrato famiglie parenti del Deputato Abdel Karim di Taldo che ha sfidato l'embargo dell'opposizione nelle ultime elezioni parlamentari. Le famiglie massacrate sono note per essere pacifiche e vicine al regime. I cadaveri sono stati trasportati su veicoli dei terroristi per essere riuniti nella moschea. Un altro gruppo armato si è diretto su Shumariyeh a pochi chilometri di distanza e ha massacrato famiglie appartenenti alla confessione di Sciita, anch’esse vicino al regime. Anche questi cadaveri sono stati anche ammassati nella moschea.
Il Generale Suleiman ha assicurato che l'osservazione dei morti mostra che essi furono tutti uccisi da vicino, o da arma da fuoco o da un strumento tagliente. Nessuno porta traccia di obus o schegge metalliche. Nessuno sembra essere stato colpito da un oggetto provocato da un bombardamento. Al momento del massacro di forze siriane stavano respingendo vari attacchi e non potevano disperdersi per un'altra missione. Più quartieri dove i massacri siano stati commessi sono sotto l'autorità dei miliziani ribelli ed è praticamente impossibile alle forze di ordine entrarvi.
 Mr Jihad Makdessi, portavoce del Ministero degli affari esteri ha segnalato che appena al  corrente degli eventi drammatici di Hula, le autorità siriane hanno contattato il Generale Mood, capo osservatore della Nazioni Unite, per chiedergli di recarsi sulla scena. I miliziani ribelli lo attendevano con i corpi delle vittime raccolte da loro.
 Mr Jihad Makdessi, dopo questo atto criminale gravemente condannato dal suo governo, sta cercando di dimostrare che la Siria soccombe a una guerra settaria.
 Anche Vox Clamantis i.D.D. ha saputo da un testimone oculare che il 29 maggio, h 5 del mattino, bande armate attaccarono la stazione di polizia nel villaggio di Dmeineh, sulla strada per Qusayr. Questo villaggio è interamente cristiano e conta circa 400 famiglie greco-cattoliche. Gli scontri sono durati più di due ore e due case hanno ricevuto tutta la forza di proiettili lanciati dai terroristi. La stazione di polizia ha respinto l'attacco in cui un ufficiale di polizia ha perso la vita, e molti sono rimasti feriti. Si sono registrati sette morti tra i miliziani.
 La città di Dmeineh, tagliata fuori come Kusayr del mondo esterno, vive difficili giorni e si prepara a sua volta a evacuare, come è avvenuto per Kusayr e i quartieri cristian di Homs.
 Vox Clamantis in Deserto Damasci è il centro di informazione delle diocesi greco-cattolica di Homs, Hama e Yabroud.


Syrien Eine Auslöschung
13.06.2012 · Das Massaker von Hula ist ein Wendepunkt im syrischen Konflikt. Die westliche Öffentlichkeit beschuldigt, gestützt auf die UN-Beobachter, die syrische Armee. Diese Version kann auf Grundlage von Augenzeugenberichten bezweifelt werden. Demnach wurden die Zivilisten von sunnitischen Aufständischen getötet.
Von Rainer Hermann
http://www.faz.net/aktuell/politik/arabische-welt/syrien-eine-ausloeschung-11784434.html


Ascolta il Messaggio del Nunzio Mons Zenari a Radio Vaticana
http://212.77.9.15/audiomp3/00317947.MP3
"Il massacro di bambini innocenti è un crimine insopportabile, che getta una nuova ombra su questa orribile guerra. Tuttavia, le reazioni indignate degli organi internazionali non bastano. L'Onu deve sostenere e dare voce alle iniziative delle comunità siriane, che tentano di reagire alle violenze in modo costruttivo e non con la vendetta". "Non importa chi sia l'autore di queste stragi - continua il prelato - la spirale di sangue e violenza deve cessare". "Gli osservatori Onu non stanno facendo molto - racconta mons. Zenari - e vi è poca fiducia fra la popolazione sui risultati concreti del piano di Kofi Annan. La popolazione sta tentando di organizzarsi da sola per trovare soluzioni alternative". In questi giorni a Homs, una delle città simbolo della rivolta contro il regime, i leader cristiani cattolici e ortodossi, alawiti, sunniti e rappresentanti della società civile, hanno organizzato una serie di incontri per cercare una soluzione non violente al conflitto. "L'idea - aggiunge il nunzio - è quella di dare un segno di speranza ai siriani e invitarli a mettersi in gioco e a reagire in modo costruttivo e pacifico, contro chi vuole distruggere il Paese". Tali iniziative continueranno nei prossimi giorni e saranno proposte anche in altre città della Siria.
http://www.asianews.it/notizie-it/Nunzio-apostolico:-contro-il-massacro-di-innocenti,-non-basta-la-condanna-dell'Onu-24866.html


Preghiera e digiuno nell’inferno della lotta: l’esperienza di un prete cattolico
Nel bel mezzo di massacri, violenze, spari, rapimenti, vendette, una piccola fiammella di fede e di amore si è accesa nella città di Qusayr (nei pressi di Homs), uno dei luoghi dove la guerra infuria più violentemente: come l’Agenzia Fides apprende da fonti locali, un prete cattolico, che per ora preferisce conservare l’anonimato, si è coraggiosamente stabilito in città, in una casa parrocchiale, con il solo scopo di fare un’esperienza di continua preghiera e digiuno, per implorare da Dio la pace e la riconciliazione.
Proprio laddove “si sta scatenando l’inferno”, la sua presenza, spiega il sacerdote, vuole essere un “segno forte di non violenza, una testimonianza di fede e di amore per il popolo siriano”. Il suo essere “segno di contraddizione”, sarà un’esperienza che i fedeli di tutte le religioni potranno comprendere, in quanto “le armi della preghiera e del digiuno sono importanti nel cristianesimo e nell’islam”. Vuole essere un modo, rimarca, “per ricordare a tutti gli uomini, a chi sta combattendo e uccidendo, che l’unica fonte di speranza è Dio: il Dio della vita, il Dio della pace, il Dio della riconciliazione, che ci rende fratelli e non nemici”.
Fonti di Fides non escludono che, mentre la sua esperienza si diffonde in città, fedeli cristiani e musulmani possano unirsi a lui, nonostante i pericoli, e che nella città martoriata dal conflitto possa accendersi un nuovo lume di speranza per la Siria, grazie a uomini e donne che rifiutano l’odio e scelgono la non violenza, in nome della loro fede. La religione e la fede – notano le fonti di Fides – sono infatti una componente importante della vita e dell’identità del popolo siriano e, in queste ore difficili di brutalità, occorre fare leva sulla componente spirituale, che restituisce all’uomo la sua vera dimensione, la sua autentica dignità. (PA) (Agenzia Fides 28/5/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39191&lan=ita


PATRIARCA GREGORIO III LAHAM, “FERMARE STRAGI, PIENO APPOGGIO AL PIANO ANNAN
“Fermare subito gli scontri e la violenza e dare pieno appoggio al piano di Kofi Annan”: dalla Germania, dove si trova in visita, a parlare è Gregorio III Laham, patriarca di Antiochia dei greco-melkiti. In una dichiarazione rilasciata al Sir il presule, commentando le ultime stragi a Hula, Hama, con molti bambini tra le vittime, torna ad invocare “la fine delle violenze che stanno gettando il Paese nel baratro. Con l’aiuto dello Spirito Santo prego che tutte le parti coinvolte possano trovare vie di dialogo. La comunità internazionale, l’Europa in testa, sappiano aiutare la Siria ad uscire da questa grave situazione. Il mondo aiuti tutti i siriani, Regime, militari, opposizione, donne e uomini a dialogare. Basta con le stragi, con la violenza - papa Benedetto XVI lo ricorda sempre - non si ottiene nulla. Come vescovi di Siria lo abbiamo detto più volte ed oggi lo ribadisco, diamo pieno appoggio al piano di pace di Kofi Annan”.
http://www.agensir.it/pls/sir/v4_s2doc_b.stampa_quotidiani_cons?id_oggetto=240632


DICHIARAZIONE DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA DELLA SANTA SEDE, P. FEDERICO LOMBARDI, A PROPOSITO DELLA STRAGE DI HULA
La recente strage di Hula, dove ha perso la vita un centinaio di persone, tra cui numerosi bambini, addolora e preoccupa profondamente il Santo Padre e l’intera comunità cattolica, nonché la comunità internazionale, che ha condannato unanimemente l’accaduto.
Nel rinnovare il suo appello alla cessazione di ogni forma di violenza, la Santa Sede esorta le parti interessate e tutta la comunità internazionale a non risparmiare alcuno sforzo per risolvere la crisi attraverso il dialogo e la riconciliazione. Anche i leaders e i credenti delle diverse religioni, con la preghiera e la collaborazione vicendevole, sono chiamati a promuovere con grande impegno l’auspicata pace, per il bene di tutta la popolazione.
http://www.news.va/it/news/71656

sabato 26 maggio 2012

Houla, esercito siriano contro ribelli: 88 morti, decine di feriti. E un'altra versione...

Asia News: Gruppi attivisti denunciano le violenze delle truppe fedeli ad Assad. In rete circolano filmati di bambini uccisi; ma non vi sono conferme indipendenti. Ieri decine di migliaia di persone hanno manifestato al termine della preghiera del venerdì. Ban Ki-moon: situazione “estremamente grave”. (AsiaNews/Agenzie) - È di almeno 88 morti - fra cui molti bambini - e decine di feriti il bilancio delle violenze avvenute ieri a Houla, nella provincia di Homs, fra ribelli siriani e forze governative fedeli al presidente Bashar al-Assad. Gruppi attivisti parlano di "massacro" e, se le cifre verranno confermate, si tratta di uno dei più sanguinosi attacchi dalla firma nell'aprile scorso di una tregua nominale. Intanto il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon afferma che l'opposizione controlla "parti significative di alcune città" e, in una missiva inviata al Consiglio di sicurezza, conferma che la situazione resta "estremamente grave" e invita gli Stati membri a non armare i due fronti in conflitto fra loro.
Fonti locali riferiscono di altri 20 morti in episodi di violenza divampati ieri in tutta la Siria, al termine della preghiera del venerdì dopo che decine di migliaia di manifestanti hanno invaso strade e piazze.
Attivisti a Houla sottolineano che alcuni vittime sarebbero state "macellate" dalle milizie governative, altri uccisi nei bombardamenti o in esecuzioni sommarie. Su internet circolano fotogrammi e filmati relativi a bambini massacrati. I Comitati di coordinamento locale (Lcc) parlano di 88 morti, fra cui "molte donne e bambini". Il Consiglio nazionale siriano chiede l'intervento del Consiglio di sicurezza Onu perché intervenga a fermare le violenze.
Tuttavia, non è al momento possibile verificare in modo indipendente le notizie che arrivano dal Paese e nemmeno accertare l'autenticità dei video relativi ai massacri rilanciati dal web.
http://www.asianews.it/notizie-it/Houla,-esercito-siriano-contro-ribelli:-88-morti,-decine-di-feriti.-Attivisti:-un-“massacro”-24859.html

Damasco (Agenzia Fides)  Fonti di Fides raccontano un’altra versione: l’esercito regolare avrebbe colpito Houla, dove si sono rifugiati molti militanti salafisti e terroristi che avevano bruciato l’ospedale nazionale nella città, provocando molte vittime, e hanno poi usato i civili come scudi umani.
Il Nunzio Apostolico in Siria, S. Ecc. Mons. Mario Zenari, interpellato dall’Agenzia Fides, lancia un appello: “Questo massacro non è l’unico, speriamo sia l’ultimo. Chiediamo la fine di tali atrocità. Tutti i credenti, cristiani e musulmani, oggi sono chiamati a riscoprire le armi della preghiera e del digiuno, per riaccendere la speranza di un futuro di pace in Siria”.
Secondo fonti di Fides nella comunità cristiana,  bande armate fuori controllo continuano a imperversare e colpire civili innocenti. Terroristi hanno fatto saltare in aria la casa di un alawita nel quartiere meridionale di Rableh, nei pressi di Qusayr, sempre nell’area di Homs. L'esplosione ha causato la morte di Youssef Airouti, il ferimento di sua moglie e di suo figlio, ma anche di Shibli Hallaq e di sua moglie Niamat Saadiyet, una coppia di cristiani di Qusayr, rifugiati a Rableh. Intanto a Homs la chiesa armena apostolica e la scuola annessa nel quartiere di Hamidia sono state sequestrate e occupate dai militari dell’Esercito di Liberazione Siriano, che usa gli edifici come alloggi e ospedali.
P. Romualdo Fernandez, frate francescano del Santuario di Tabbaleh, dedicato a San Paolo, a Damasco, commenta all’Agenzia Fides: “La gente è confusa e disorientata. Notizie di massacri si susseguono ma i responsabili non sono certi. C'è pessimismo perchè non si sa qual sarà il futuro. Vi sono critiche al regime ma anche ai ribelli dell'opposizione . Come cristiani partecipiamo alle sofferenza del popolo, provato dal conflitto. Operiamo per la pace e la giustizia, senza aderire ad alcuna fazione politica”. (PA) (Agenzia Fides, 26/05/2012)
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39181&lan=ita

venerdì 25 maggio 2012

“Come aiutare i cristiani in Siria?”: si attendono le parole del Papa in Libano

Agenzia Fides 25/5/2012
 “Come aiutare i cristiani della Siria e i cristiani d'Oriente? Aspettiamo parole profetiche dall’Esortazione postsinodale che Papa Benedetto XVI consegnerà ufficialmente in Libano, nel settembre prossimo” spiega all’Agenzia Fides, p. Jules Baghdassarian, Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Siria. P. Baghdassarian, che intende sensibilizzare gli altri Direttori nazionali delle Pontificie Opere Missionarie nel mondo, afferma: “I cristiani in Medio Oriente sperano che il messaggio del Papa abbia un impatto sia in Oriente che in Occidente e che possa aprire nuove strade senza rompere con il passato”. Infatti, nota, “è tempo che la Chiesa torni a respirare con entrambi i polmoni”, riferendosi ad una nota espressione di Giovanni Paolo II. I cristiani d’Oriente, continua, “sono cittadini di paesi in cui la maggioranza della popolazione professa l'islam. Il loro destino è legato al paese e al ‘tipo’ di islam, che governa il paese. L’islam dovrebbe riconoscere ai credenti di altre fedi il loro ruolo e la piena cittadinanza, e non appoggiare regimi in cui i cristiani sono, come nel Medioevo, dhimmi, cioè con diritti limitati”.
“Quello che ci aspettiamo dai nostri fratelli in Occidente non è tanto aiuto materiale, ma comprensione, rispetto, simpatia, preghiera” spiega p. Baghdassarian, soffermandosi poi sulla situazione che vivono i cristiani in Siria. “Qui i cristiani hanno la loro dignità e sono cittadini uguali ai cittadini musulmani, che sono la maggioranza. La Siria, insieme con il Libano, è il paese arabo dove i cristiani sono trattati meglio” dice, auspicando un futuro di pace per il paese.
Sulla sorte dei cristiani siriani, p. Baghdassarian è convinto che essi non abbandoneranno il paese, nonostante conflitti e difficoltà, presenti o future. Anche se alcuni potrebbero essere indotti a fuggire, se in Siria subentrasse un governo islamista, la soluzione di accoglierli all’estero, spiega, non è pensabile, poiché “priverebbe il paese della loro storica presenza e di una testimonianza di convivenza tra islam e cristianesimo. Questa soluzione sarebbe il colpo di grazia per i cristiani d'Oriente” ammonisce. Intanto oggi, conclude, “le sanzioni economiche e l'embargo ricadono sulla popolazione innocente”, di ogni religione e gruppo etnico.
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39166&lan=ita

giovedì 24 maggio 2012

Padre Gheddo: e' in corso la pulizia etnica dei cristiani

Padre Gheddo, contattato da IlSussidiario.net, non ha dubbi quando gli si chiede come giudica la situazione dei cristiani in Siria: "Posso solo ripetere quello che ha detto la chiesa ortodossa: ha definito la persecuzione dei cristiani in Siria una pulizia etnica in corso". Parole forti, che colpiscono ancora di più perché raramente i media occidentali parlano di questa situazione: "La comunità internazionale, sia europea che americana, fa ben poco per i cristiani non solo della Siria ma dell'intero Medio Oriente" dice Padre Gheddo. "Questo succede perché decenni di ateismo militante hanno fiaccato e spazzato via gli ideali che tenevano in piedi l'occidente stesso. Il mondo cristiano non è più unito perché manca quella cosa che dovrebbe unirlo, la fede in Cristo". A pagarne il conto, in definitiva, le comunità cristiane del Medio Oriente, là dove la fede cristiana è nata e ha mosso i suoi primi passi.

Padre Gheddo, altri cristiani uccisi in Siria. Come giudica la situazione?
La giudico con le stesse parole che ha espresso la chiesa ortodossa. Ha definito la persecuzione contro i cristiani in Siria una pulizia etnica in corso. Una pulizia etnica da parte dei militanti musulmani legati ad Al Qaeda. Il problema della rivolta in Siria, esattamente come successo in Libia, è che in essa sussistono due componenti. Una laica, indipendente e tollerante, e una corrente estremista musulmana tenuta a freno da Assad padre e Assad figlio fino a oggi.
I cristiani infatti hanno sempre goduto di libertà religiosa in Siria.
I dittatori che si sono succeduti in Siria appartengono alla setta dei musulmani alauiti, che è una setta islamica considerata non ortodossa ma che ha sempre difeso i cristiani perché erano anche loro perseguitati e non ben visti dalla maggioranza dei musulmani. Si pensi che i cristiani fuggivano dal Libano, dall'Iraq, a volte anche dalla Turchia per trovare rifugio proprio in Siria.
Oggi però è tutto il Medio Oriente a vivere una situazione del genere, i cristiani diminuiscono continuamente.
Ma per forza. In tutti i Paesi del Medio Oriente con l'esclusione forse del Libano dove i cristiani numericamente sono abbastanza, circa il 40% della popolazione, e hanno la fortuna di vivere nello stesso posto geografico, il nord del Paese, i cristiani si sentono minacciati e se possono fuggono. Non solo in Medio Oriente, ma anche in Egitto e in Libia.
Cosa ha portato storicamente a questa persecuzione, in Paesi dove prima si viveva in un clima di tolleranza?
Il problema dell'Islam in Medio Oriente è questo: dalla fondazione dei Fratelli musulmani in Egitto nel 1928 e poi dopo il trionfo di Khomeini nel 1979 i cristiani sono diventati vittima di persecuzione perché ha preso il sopravvento una visione intollerante ed estremista dell'Islam.
Secondo lei la comunità internazionale, l'occidente, cosa sta facendo per la Siria e per tutti i cristiani del Medio Oriente?
Sta facendo molto poco perché questa situazione di persecuzione dei cristiani è esplosa quando la comunità politica americana ed europea sono entrate in una crisi tremenda non solo economica, ma anche di ideali.
Cioè?
E' venuta a mancare quella unità del mondo cristiano che prima permetteva anche una reazione, una presenza a livello internazionale in difesa delle minoranze. Il mondo occidentale non è più unito perché manca quella cosa che dovrebbe unirlo: la fede in Cristo.
Quali le ragioni di tutto ciò?
L'ateismo militante e la secolarizzazione hanno fatto in modo che le società europee non sentissero più l'esigenza di difendere i cristiani.
Si può dire che le colpe dell'occidente ricadono sui cristiani della Siria e del Medio Oriente?
La colpa storica dell'occidente è quella di aver abbandonato Cristo e la vita cristiana lasciando che si affermasse un movimento di ateismo militante che ha tolto ai cristiani una unità di fede che invece hanno i musulmani.
Ci spieghi meglio questo passaggio.
Bisogna riconoscere che la fede islamica tiene uniti i musulmani, anche se poi hanno anche loro le loro divisioni interne, ma sul Corano sono tutti d'accordo. Dunque la colpa non è di questo e di quello, ma esiste una colpa storica dell'occidente.
La Chiesa continua a sostenere i cristiani perseguitati ovviamente. I missionari riescono ancora a raggiungere la Siria?
Senza dubbio, la chiesa continua a sostenere i fedeli, il Papa continua a richiamare alla difesa dei cristiani. Oggi in Siria c'è già una guerra civile reale mai dichiarata tanto che assistiamo continuamente a intere città prima liberate dai partigiani, poi riconquistate dall'esercito. I missionari ovviamente non possono neanche avvicinarsi alla Siria. Eppure in Siria c'è davvero una forte comunità cristiana. Ho visitato questo Paese per due volte e rimasi stupito nel vedere quale radicata presenza dei cristiani era presente: scuole, ospedali, chiese, case di riposo Ricordo che al confine con l'Iraq sull'Eufrate trovammo una chiesa ortodossa e il parroco ci spiegò che era normale: i cristiani, ci disse, sono ovunque in Siria.
Questi sono i luoghi dove il cristianesimo è nato, ma adesso rischiano di trovarsi senza più i cristiani.
Il problema dell'Islam che si sta operando per far sparire la presenza cristiana è che quella evoluzione verso una società moderna che era stata avviata è stata bloccata. Il problema vero infatti è l'educazione. In quei Paesi non esiste una vera scuola che prepara i bambini al mondo moderno. Ho visto in Pakistan, in Indonesia, in Malesia, in Egitto e anche in Libia testi scolastici che dicevano che i nemici sono bianchi, cristiani, europei e americani. Questa è una educazione che viene da lontano, da quando l'Islam si sentì perseguitato dalla colonizzazione europea, addirittura dall'arrivo di Napoleone in Egitto. Fu così che nacquero organizzazioni come i Fratelli musulmani. La conseguenza è la mancanza di un sistema educativo, non esiste una èlite di intellettuali in grado di confrontarsi con il mondo occidentale, ma c'è una popolazione povera e diseducata su cui è facile far presa per introdurre il terrorismo. Anche i governi che proteggevano i cristiani in Siria o in Egitto non hanno cambiato la mentalità della gente perché non hanno creato un sistema educativo moderno.

mercoledì 23 maggio 2012

Tre civili cristiani uccisi nell’area di Homs

I civili cristiani innocenti sono vittime del conflitto in corso in Siria.
Homs (Agenzia Fides) 23/5/2012 –
Nella cruenta zona di Homs, dove il conflitto armato prosegue, alcune famiglie cristiane hanno abbandonato il villaggio di Dmeyneh, interamente cristiano, che si trova sulla strada fra Qusayr e Homs. Come appreso dall’Agenzia Fides, il villaggio è presidiato dalle forze dell’esercito siriano ma nei giorni scorsi colpi di mortaio di milizie ribelli lo hanno colpito, uccidendo tre civili cristiani: Hanna Skandafi, 60 anni; suo nipote George Skandafi, 14 anni, e Jessica Layyous, di 13 anni. Dopo i bombardamenti, una ventina di famiglie cristiane sono fuggite da Dmeyneh, sono attualmente sfollate e non sanno dove andare.
Intanto alcune famiglie cristiane, che erano state cacciate dal villaggio Al Borj Al Qastal, nella provincia di Hama (vedi Fides 12/5/2012), sono tornate nel loro villaggio. Le forze dell’esercito siriano, infatti, hanno preso possesso della zona e gli abitanti cristiani del villaggio sono potuti rientrare nelle loro case. Lo riferiscono a Fides fonti nella comunità greco-cattolica locale. Come riferito a Fides, padre George Hosh, sacerdote greco-ortodosso, ha detto che “i fedeli hanno ripreso a pregare”, mentre “fedeli musulmani sunniti e alawiti dei villaggi circostanti hanno espresso la loro solidarietà, condannando tale incidente”. Abitanti locali affermano che “gli occupanti erano stranieri ed erano radicali islamici armati, che hanno sequestrato case in tutto il villaggio e requisito la chiesa per renderla il loro quartier generale”. Secondo p. George Hosh “erano militanti armati venuti dalla Turchia, ed altri estremisti islamici di Tunisia, Libia e Pakistan”
http://www.fides.org/aree/news/newsdet.php?idnews=39153&lan=ita


Vicario apostolico di Aleppo: forze straniere non vogliono la pace in Siria

Aleppo (AsiaNews) - "Ci sono forze straniere che non vogliono la pace in Siria. Il Paese è ormai preda di guerriglieri provenienti da Tunisia, Libia, Turchia, Pakistan e altri Stati islamici. Armi e denaro passano attraverso i confini e alimentano questa spirale di violenza". È quanto afferma ad AsiaNews mons. Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico di Aleppo. "I Paesi occidentali non fanno nulla di concreto per fermare il conflitto - sottolinea - essi non hanno a cuore il destino del popolo siriano, che oltre alla guerra fra esercito e ribelli subisce anche l'embargo economico". Mons. Nazzaro racconta che in tutto il Paese iniziano a scarseggiare medicinali, carburante, gas. Nelle province più colpite dagli scontri, manca tutto ed è difficile per la popolazione sopravvivere, soprattutto se si protrarrà ancora questa situazione di tensione.
Il vescovo spiega che gli estremisti islamici continuano a sparare e compiere attacchi e non hanno alcun interesse a cercare una via d'uscita dal conflitto. "Chi finanzia queste milizie? - si chiede il prelato - dopo l'imposizione del cessate il fuoco lo scorso 12 aprile, vi sono stati continui attacchi mirati contro l'esercito che purtroppo risponde con altrettanta crudeltà".
http://www.asianews.it/notizie-it/Vicario-apostolico-di-Aleppo:-forze-straniere-non-vogliono-la-pace-in-Siria-24841.html

 

martedì 22 maggio 2012

Gruppi radicali islamici soffiano sul conflitto che contagia il Libano

Beirut; Gruppi radicali islamici soffiano sul conflitto siriano e vogliono contagiare il Libano:
 è l’allarme lanciato all’Agenzia Fides da p. Paul Karam, Direttore Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Libano. P. Karam, commentando i recenti scontri fra alawiti e sunniti in Libano, afferma: “Siamo molto preoccupati per due motivi: il flusso di rifugiati siriani continua nel Nord del Libano, inoltre il conflitto si sta propagando in Libano. Accade per interessi politici che calpestano i diritti umani, e per la fragilità del nostro paese, composito mosaico etnico-religioso. Si trova qui la componente determinante di movimenti fanatici islamici che soffiano sull’aspetto religioso, fomentando l’odio fra comunità”. P. Karam ribadisce che “la violenza non ha mai risolto nulla: la strada per la riconciliazione è il dialogo, il rispetto dell’altro, il tenere a mente il bene del paese”.
Sul conflitto in Siria, p. Karam dice: “L’invio di Osservatori Onu è un atto di responsabilità della comunità internazionale. Ma occorre che non siano strumentalizzati a livello politico da nessuna delle parti in lotta. Speriamo sia una missione all’insegna della verità, della credibilità e della trasparenza. Solo così può contribuire alla pace”.La situazione dei cristiani “resta molto preoccupante” afferma il sacerdote. “In Siria – ricorda – i fedeli hanno libertà di fede e di testimonianza pubblica non garantite in altri stati del Medio Oriente. Siamo preoccupati perchè i cristiani, in quanto minoranza, sono il bersaglio più facile. Confratelli sacerdoti siriani ci dicono che la situazione è drammatica: vi sono in campo forze che vogliono trasformare il conflitto in guerra di religione, e questo sarebbe una tragedia”.
http://www.news.va/it/news/asiasiria-gruppi-radicali-islamici-soffiano-sul-co

Dove Dio piange: Libano
Il 13 aprile 1975, degli uomini armati cercarono di uccidere il leader falangista cristiano maronita Pierre Gemayel. Come segno di rappresaglia, uomini armati falangisti attaccarono un pullman che trasportava dei palestinesi, uccidendone 27. Gli scontri che ne risultarono segnarono l'inizio della guerra civile del Libano, durata 15 anni e terminata solo con gli Accordi di Ta'if il 13 ottobre 1990.Anche se l'esatto costo umano della guerra non sarà mai noto, si stima che siano morte tra le 150.000 e le 200.000 persone, per la maggior parte civili. I feriti sono stati centinaia di migliaia, e ancor di più gli sfollati o i senzatetto. Gran parte di Beirut è stata distrutta, e la città è stata divisa in settori musulmani e settori cristiani, separati dalla cosiddetta Linea Verde.Da allora il Libano è rimasto ai margini e a volte al centro del conflitto mediorientale – una zona cuscinetto sul cui suolo sono stati giocati conflitti brutali tra poteri regionali come Israele e la Siria. Come ha affermato il Ministro per la Cooperazione Andrea Riccardi, tuttavia, “la forza e la resistenza del Libano è importante per i cristiani, che sono una garanzia di pluralismo”.Benedetto XVI visiterà il Libano dal 14 al 16 settembre 2012. La notizia è stata annunciata lo stesso giorno in cui il papa ha rivolto un appello per la pace in Medio Oriente e in Terra Santa. Il coordinatore della visita papale in Libano, p. Marwan Tabet, ha dichiarato che “questa parte del mondo sta attraversando un momento molto critico, davvero molto critico... ciò che sta accadendo in Siria, quello che sta accadendo in Israele – da entrambe le parti, il Libano non è felice”. Il viaggio del pontefice vuole essere un segno di fiducia e incoraggiamento per la popolazione sofferente del Libano e per tutti i cristiani del Medio Oriente.-Aid to the Church in Need Italiawww.acs-italia.glauco.it-Aid to the Church in Need Switzerlandwww.aiuto-chiesa-che-soffre.ch
http://www.h2onews.org/italiano/1-Eventi/224450881-dove-dio-piange-libano.html?cat=&maincat=#

domenica 20 maggio 2012

Ban ki-Moon ammette: La mano di al-Qaeda dietro il duplice attentato di Damasco

Damasco (AsiaNews/ Agenzie) - Vi è al-Qaeda dietro gli attentati che lo scorso 10 maggio hanno colpito Damasco facendo 55 morti e 372 feriti. Lo ha affermato Ban Ki-moon, segretario generale dell'Onu durante. "Alcuni giorni fa - ha sottolineato - è avvenuto un potente e pericoloso attacco terroristico a Damasco. Credo che debba esserci al-Qaeda dietro questi fatti. E questo è un serio problema". Ban ha anche espresso preoccupazione per i due attacchi in cui sono stati coinvolti nei giorni scorsi due convogli delle Nazioni Unite, che mostrano la volontà di fomentare la violenza nel Paese.
La conferma dell'attività degli estremisti di al-Qaeda in Siria, dà peso alle dichiarazioni fatte nei mesi scorsi dal presidente Bashar al- Assad sulla presenza di jihadisti fra le fila delle varie armate ribelli. A inizio maggio il leader siriano ha presentato all'Onu una lista di 26 cittadini stranieri sospettati di avere contatti con l'organizzazione terrorista islamica. Secondo il governo, almeno 20 sono entrati in Siria varcando il confine con la Turchia.
Dopo un anno di scontri, il bilancio della guerra fra regime siriano e Free Syrian Army è di 9mila vittime e decine di migliaia di sfollati, secondo dati Onu. Il governo Assad sostiene invece che i morti sono 3.838: 2.493 civili e 1.345 fra militari e forze di sicurezza.

Oggi, il gen. Robert Mood, responsabile del team di osservatori Onu, ha fatto notare che il peso della forza di pace scende di giorni in giorno. Ribelli ed esercito continuano a non rispettare il cessate il fuoco in vigore dallo scorso 12 aprile. Mood ha sottolineato che senza la volontà delle due parti, i 372 osservatori non possono fare nulla di concreto per migliorare la situazione, soprattutto se vi sono Paesi stranieri contrari al dialogo.
Nei giorni scorsi il Washington Post ha pubblicato un'analisi in cui accusa Qatar, Arabia Saudita e Stati Uniti di fornire ai ribelli armi molto sofisticate che nel tempo potrebbero portare a una sconfitta delle forze di Assad sul campo. A tutt'oggi gli Stati Uniti rifiutano le accuse, mentre i due Stati arabi, principali interlocutori del mondo musulmano sunnita, hanno ridimensionato il loro ruolo guida dell'opposizione armata siriana. In risposta alle accuse del Washington Post, al- Jazeera, nota emittente di proprietà dell'emiro del Qatar, ha pubblicato ieri un servizio dove accusa l'Iran di finanziare il continuo traffico di armi verso il regime di Assad attraverso il confine con il Libano. L'articolo cita un rapporto di alcuni funzionari Onu incaricati di verificare il rispetto delle sanzioni da parte della repubblica islamica.
http://www.asianews.it/notizie-it/Ban-ki-Moon:-La-mano-di-al-Qaeda-dietro-il-duplice-attentato-di-Damasco-24792.html

Altro articolo : In Siria la “terza forza” è la più pericolosa
I recenti sanguinosi attentati nelle principali città siriane indicano che una terza forza si sta insinuando in Siria, forse dall’Iraq, dal Libano o dalla Giordania; essa è probabilmente armata dagli Stati del Golfo – sostiene il giornalista palestinese Abdel Bari Atwan
Mentre l’opposizione siriana è attraversata da differenze profonde, che rischiano di minarne la tenuta e di distruggere l’idea che essa rappresenti la maggioranza del popolo siriano e che costituisca un’alternativa al regime o quanto meno un suo interlocutore, sul terreno inizia a comparire una terza forza, armata, che forse porterà a rimescolare le carte e ci farà riconsiderare molti postulati che hanno dominato la scena politica dallo scoppio della rivolta siriana.
continua su: http://www.medarabnews.com/2012/05/21/in-siria-la-%e2%80%9cterza-corrente%e2%80%9d-e-la-piu-pericolosa/

Altro articolo: KOSOVO: Ecco dove si addestrano i ribelli siriani
 I miliziani del Consiglio Nazionale Siriano, in arabo al-Majlis al-Watani al-Suri, che si oppongono al regime di Bashar al Assad verranno addestrati in Kosovo. Rivela l’Associated Press che il giorno 26 aprile, di ritorno dagli Stati Uniti, una delegazione del CNS ha fatto tappa a Pristina per prendere accordi in merito col governo kosovaro. Fulcro delle consultazioni è come impiegare in Siria le conoscenze apprese dall’Esercito di Liberazione del Kosovo, più noto come UCK, durante la guerra contro la Serbia negli anni dal ’96 al ’99. Afferma in proposito Ammar Abdulhamid, nato in Siria ma in esilio negli USA dal 2005, “attivista dei diritti umani” e capo delegazione “Siamo venuti qui per imparare. Il Kosovo ha già compiuto questo cammino e possiede un’esperienza che potrebbe esserci molto utile, soprattutto vorremmo sapere in che modo gruppi armati sparsi si sono infine organizzati nell’UCK. Abbiamo un bisogno vitale di azioni congiunte come coalizione di opposizione”.
..... http://eastjournal.net/2012/05/23/kosovo-ecco-dove-si-addestrano-i-ribelli-siriani/

mercoledì 16 maggio 2012

Una risposta a Padre Samir Khalil

Sul numero di domenica del quotidiano cattolico Avvenire è apparso un articolo sulla cosiddetta “primavera araba” a firma del celebre studioso Padre Samir Khalil S.J.
Mario Villani risponde all'intervento, per quanto riguarda la Siria.

Egregio Direttore,
mi permetto di scrivere al Suo giornale dopo aver letto l'articolo sulle Primavere arabe a firma del Padre Samir Khalil. Non ho sufficienti elementi per valutare quanto affermato dal noto studioso a proposito di paesi come l'Egitto o la Tunisia, ma quanto ho letto sulla situazione siriana mi ha lasciato a dir poco sconcertato. Padre Samir pare accettare in maniera del tutto acritica lo stereotipo offerto dai media occidentali (nonché dalla qatariota Al Jazeera): un popolo intero che reclama il suo diritto alla libertà viene represso con inaudita violenza (fucilazioni e torture) da un regime che non vuole cedere perchè questo significherebbe la fine del clan oggi al potere. E' un'immagine sicuramente fedele al politically correct, ma molto, molto meno alla realtà dei fatti. Intendiamoci bene, il regime siriano è sicuramente autoritario e non particolarmente attento ai diritti umani (dettaglio che non ha scandalizzato la più grande potenza Occidentale quando ha ritenuto utile inviarvi alcuni veri o presunti integralisti islamici per farli interrogare senza tanti complimenti). Aggiungerò che vi è anche una diffusa corruzione e che la minoranza alauita riserva per sè molte delle più importanti cariche pubbliche (peraltro meno che in passato). Un merito però al regime siriano deve essere riconosciuto, in particolare da quando alla sua testa vi è l'attuale Presidente Bashar Al Assad. In Siria non vi sono mai state persecuzioni per motivi religiosi ed ogni attenzione è stata sempre usata per proteggere le minoranze, in particolare i Cristiani, e favorire corretti e pacifici rapporti tra le comunità.

Sono stato in Siria nel novembre 2011 ed il clima che vi ho trovato è completamente diverso da quello che lascerebbe intravedere Padre Samir. La popolazione, in particolare la comunità cristiana, è sicuramente terrorizzata, ma non dalla repressione del regime. E' terrorizzata da bande criminali e terroristiche che uccidono, rapiscono, mutilano, incendiano e saccheggiano case, si abbandonano ad ogni forma di violenza con il deliberato scopo di spingere il Paese vero uno scontro confessionale. Questo quadro mi è stato descritto da persone di ogni confessione religiosa e di ogni ceto sociale: “i servizi segreti fanno paura, ma i terroristi fanno ancora più paura” è stato il concetto che mi sono sentito ripetere un numero infinito di volte. Sono bande composte da integralisti islamici di fede salafita e wahabita, armate e supportate da paesi esteri e robustamente rinforzate da mercenari stranieri (molti sono stati arrestati o uccisi dalle autorità siriane) nonchè da elementi della criminalità organizzata. Non che non esista un'opposizione pacifica e contraria alla lotta armata, ma oggi la sua voce è soffocata dal fragore delle autobombe e delle raffiche di kalashnikov. Gli oppositori che ho incontrato io, benchè tutt'altro che teneri verso il regime baathista, erano anch'essi convinti che la prima cosa da fare fosse quella di porre termine alle attività delle bande armate. Subito, prima che il paese possa scivolare verso la pericolosa china di uno scontro confessionale.

Sono stato forse plagiato da Madre Maria Agnese Della Croce, una delle persone che ho incontrato nel mio viaggio e definita dai media occidentali come “vicina” al regime di Assad? Tutto al contrario. E' doveroso riferire come Madre Agnese non faccia altro che ripetere ad alta voce quanto altri esponenti delle chiese cristiane in Siria e Libano dichiarano, magari con toni più sommessi. E quando parlo di esponenti mi riferisco ad ogni livello gerarchico delle comunità cristiane, dal semplice fedele ai Patriarchi. Pochi sanno però che, a differenza di altri, la religiosa di Qara ha usato gli stessi toni durissimi anche quando ha attaccato il regime baathista, condannando le irruzioni della polizia negli ospedali o quando ha protestato con i militari per i maltrattamenti subiti da alcune persone arrestate dall'esercito proprio nel villaggio dove sorge il suo convento. Comunque, al di là di queste valutazioni sulla persona di Madre Agnese, posso tranquillamente affermare che è stato tanto vasto e variegato il campionario delle persone con cui ho potuto parlare (religiosi, taxisti, militari, oppositori, giornalisti, funzionari pubblici, famigliari di rapiti...) da non avere oggi alcun dubbio su quale sia la reale situazione in Siria. E, vi posso assicurare, non è quella descritta da Padre Samir Khalil.

Mario Villani





domenica 13 maggio 2012

QUELLO CHE SUCCEDE IN SIRIA: Madre Marie Agnes de la Croix ci scrive

Qara, provincia di Damasco, 11 maggio 2012
traduzione dal francese di Mario Villani

I Cristiani di Qara sono tra i fondatori del paese e sono circa 500 su una popolazione di 25.000 (gli altri sono sunniti). Malgrado siano una minoranza godono di notevole rispetto ed hanno sempre vissuto in armonia con i loro fratelli musulmani anche in forza del fatto che molte famiglie musulmane derivano da famiglie cristiane che hanno abbracciato l'Islam ai tempi dei Mamelucchi.

Dopo la caduta di Bab Amro e di altri quartieri di Homs e della sua provincia, molte famiglie di confessione sunnita si sono rifugiate a Qara dove gli elementi rivoluzionari le hanno alloggiate nei locali pubblici (scuole, moschee o centri culturali) o in abitazioni private. L'Igumena del Monastero di San Giacomo il Mutilato ha visitato queste famiglie e ne ha censite almeno seicento, almeno un terzo delle quali conta dei combattenti all'interno dell'“ Esercito Libero siriano”.

La presenza di queste famiglie “combattenti” ha rapidamente cambiato la gradevole quotidianità del villaggio di Qara. Sono stati commessi furti ed addirittura rapimenti per ottenere un riscatto, una “moda” che si sta diffondendo in tutta la Siria sia per rimpinguare le casse vuote della “rivoluzione” si per riempire le tasche di ex contrabbandieri che attualmente non possono proseguire i loro traffici illeciti a causa della vigilanza dell'esercito regolare. Questo è il caso dei villaggi che circondano quello dove ci troviamo: Yabrud, Nebek, Deir Attieh. Bande armate rapiscono i cittadini e voglio un riscatto per liberarli. Sono i capi dell'opposizione locale che fanno da intermediari tra i rapitori ed i famigliari delle vittime. Il riscatto varia da molti milioni di lire siriane (tra i venti e i quarantamila dollari) per i cristiani ad alcune centinaia di migliaia di lire siriane (tra i mille e i cinquemila dollari) per i musulmani. I rapitori appartengono a tribù bellicose dei villaggi di Flitta, Baqaa, Maret Yabrud o Yabrud. Spesso scoppiano risse armate tra di loro per la divisione del bottino o per conquistare la supremazia nella zona.

Noi abbiamo inoltre rilevato la presenza di persone straniere con un comportamento sospetto a Qara. Automobili con i vetri oscurati e senza targa circolano sia di notte che di giorno. I responsabili dell'opposizione sono divenuti più autoritari. Sembrano ormai armati ed hanno ricevuto divise nuove fiammanti dell'”Esercito Libero siriano”. Fanno il bello ed il brutto tempo. Dichiarano scioperi, decidono il coprifuoco o l'organizzazione di manifestazioni. Guai a quelli che non collaborano. Possono decidere di ucciderli come è successo ad un colonnello sunnita che è stato abbattuto a sangue freddo e di cui hanno proibito i funerali. Dicono che agiscono per proteggere la popolazione civile, come se fossero forze dell'ordine. In realtà creano un vuoto nella sicurezza che lascia spazio a banditi e terroristi.

Nonostante le dichiarazioni tranquillizzanti dei capi dell'opposizione locale abbiamo dovuto fronteggiare più volte dei tentativi di rubare i nostri raccolti o di far penetrare abusivamente delle mandrie nei terreni del convento per approfittare dei nostri pascoli. Ogni volta le risposte fornite dagli autori di queste prepotenze erano: “le cose non sono più come prima” o “le forze dell'ordine non possono darvi alcun aiuto, noi possiamo fare quello che vogliamo”. Molte discussioni sono state necessarie per dissuaderli dalle loro velleità. Un giorno però è arrivata la vendetta messa in atto per dispetto.  La nostra coltivazione di pioppi è stata completamente distrutta. Una mattina queste grandi e belle piante erano a terra tagliate. Dopo qualche mese la stessa sorte è stata riservata agli alberi della riserva naturale di cui noi ci occupiamo con il Ministero dell'Agricoltura. La ragione di questi gesti fornita dall'opposizione è stata: “il popolo non vuole che piantiate alberi dove deve portare a pascolare le greggi. Ora, la pianura intorno al paese ha milioni di ettari liberi per tutti.

Non abbiamo detto niente ed abbiamo pensato: “altri soffrono ben peggio di noi” .

Tuttavia la confusione in materia di sicurezza è arrivata al colmo proprio oggi. Appena ripresi dalla notizia dell'orribile attentato del 10 maggio che è costata la vita a decine di cittadini ed ha fatto centinaia di feriti ( il nostro fratello Jean Badouin che si recava proprio quel giorno all'aeroporto è passato sul posto appena prima dell'attentato e l'autobus della scuola greco-cattolica qualche minuto dopo) ecco che ci è arrivata la grave notizia dell'aggressione al caro Padre Georges Luis, parroco della Parrocchia greco cattolica di san Michele, nel centro di Qara.

All'alba dell'11 maggio uomini armati con il volto coperto sono entrati dal Padre Louis che dormiva in parrocchia. lo hanno minacciato con le pistole ed hanno chiesto le chiavi per ispezionare il luogo. Temendo che volessero introdursi nella chiesa il sacerdote ha cercato di negoziare pacificamente. Lo hanno legato e gli hanno ordinato di consegnare le chiavi. Di fronte alle sue esitazioni uno degli aggressori lo ha colpito alla testa con una bottiglia di vetro che si è rotta provocando a Padre Louis un grande taglio che sanguinava copiosamente. Uno degli aggressori lo ha deriso dicendo: “ti abbiamo impresso una croce sulla testa!”. La ferita infatti aveva la forma di una croce. Il sacerdote ha cercato di ragionare, ma ha ottenuto solo un violento pugno che gli ha spezzato un dente. Dopo aver rubato la cassa della Chiesa e il portafogli del prete, i banditi lo hanno obbligato con disprezzo a entrare nella stanza da bagno dove lo hanno bloccato sulla tavola del WC, gli hanno chiuso la bocca con nastro adesivo ed hanno cercato di strangolarlo con una canna per l'acqua, ma, come rispondendo ad un segnale, si sono allontanati prima di terminare l'opera. Il Padre ha impiegato più di due ore a liberarsi, poi, con le mani ancora legate ha potuto chiamare in aiuto uno dei parrocchiani. Questo lo ha portato da un chirurgo che ha suturato la ferita con cinque punti.

Un simile incidente sarebbe stato impensabile qualche mese prima. Gli slogan confessionali lanciati dalle catene televisive saudite e qatariote hanno finito con il trasformare i Cristiani – prima rispettati in forza del diritto alla protezione delle minoranze- in facili bersagli. Povera Siria. Gruppuscoli compaiono un poco dappertutto sapendo che, in forza della congiuntura attuale, le loro azioni resteranno impunite. Quando la notizia dell'aggressione si è diffusa il villaggio si è stretto intorno al Parroco. I responsabili religiosi e civili, cristiani e musulmani, hanno condannato l'aggressione. I capi dell'opposizione sono attesi domani in municipio per un incontro con l'Igumena del monastero. E' necessario evitare la rottura confessionale.

Sua Beatitudine Gregorio III Laham, Patriarca greco melchita d'Antiochia e dell'Oriente ci ha telefonato per esprimerci la sua profonda tristezza e paterna solidarietà. Dopo gli attentati criminali della vigilia che a Damasco hanno fatto una sessantina di morti e quattrocento feriti, sua Beatitudine, già scosso, si è molto emozionato informandosi dei dettagli dell'aggressione subita da Padre Louis. In questa occasione il nostro Patriarca ha dichiarato che “ il dramma nella nostra amata Siria è la dissoluzione della società, il banditismo e la mancanza totale di sicurezza. Questo è il sentimento della grande maggioranza dei cittadini siriani che non sanno più quale è un luogo sicuro per rifugiarsi. La violenza cieca e selvaggia colpisce ovunque. Gli elementi che costituiscono un pericolo per tutti, ma specialmente per i Cristiani e per le altre minoranza, sono il caos insidioso, l'opposizione incontrollabile ed armata fino ai denti e il banditismo. Sono tutti elementi che indeboliscono lo Stato e creano una situazione di paura e di terrore, condizioni psicologiche gravissime,  nella popolazione. In qualunque momento siamo nell'insicurezza totale. Oggi in Siria non è più una questione di rottura tra governo e popolazione. C'è anche un terzo elemento: il banditismo che regna e approfitta della situazione, che si nasconde dietro l'opposizione e sfrutta l'assenza delle forze dell'ordine e degli osservatori delle Nazioni Unite.”

Commentando il dettaglio della croce fatta dai malfattori, Sua Beatitudine ha detto: “Devo dirvi francamente che non ho paura dei musulmani, non ho paura degli islamisti, non ho paura del salafismo. Me la posso cavare con loro perchè so cosa devo fare. Ma davanti al banditismo sono completamente privo di ogni difesa”.

Abbiamo rivelato al Patriarca che le Forze dell'Ordine, contattate da dignitari sia cristiani che musulmani, esitano a venire a Qara perchè, come ogni venerdì c'è una manifestazione davanti alla grande moschea (situata a qualche metro dalla parrocchia), manifestazione inquadrata da uomini armati. Le Forze dell'Ordine non vogliono venire per non provocare uno spargimento di sangue tra la popolazione civile affrontando i miliziani.

Sua Beatitudine ha risposto: “Fin che il governo c'è deve governare: c'è una regola internazionale. Non si può impedire ad un governo di governare. Non si può impedire ad un governo di proteggere i cittadini. E il governo non può rinunciare a questa incombenza. La rivoluzione, mettendo l'opposizione contro il governo lo ha paralizzato. Si dirà che non c'è più un governo. Il governo siriano è legato e imbavagliato a causa della politica internazionale a causa di accuse continue, formulate senza alcuna inchiesta seria, di perpetrare massacri e bombardare la popolazione civile, quando invece gli atti barbari commessi dagli insorti sono passati sotto silenzio. Per questa ragione la gente chiede soccorso. Domandano che qualcuno l'aiuti. C'è un governo, un governo legittimo e deve governare. Si deve aiutare il governo. Se un giorno cadesse il governo non ci sarebbe niente da fare. In quel vuoto ci sarebbe un'alternativa vivibile? Sfortunatamente noi vediamo una volontà internazionale di esacerbare le differenze e provocare conflitti in Siria. Armando e appoggiando in diversi modi delle forze incontrollabili si spinge il paese verso una ancor maggiore violenza, ancor maggiore terrorismo, ancor maggiore spargimento di sangue. Io mi rivolgo alla comunità internazionale: salvate la Siria. Salvate questo esempio di convivenza tra Cristiani e Musulmani. Per quelli a cui essa è preziosa io grido: salvate la presenza cristiana in Siria. I drammatici avvenimenti spingono i Cristiani all'esodo per la paura del caos e del banditismo.”

Sua Beatitudine ha terminato con una preghiera: “Damasco, la più antica capitale del mondo, ha accolto il persecutore Saulo. Tra le sue mura si è trasformato in Paolo, Apostolo delle Nazioni. Damasco è il luogo dell'incontro con la Persecuzione. Con l'aiuto del Cielo, di Colui che è risuscitato dai morti e non ha mai accettato la nostra rovina, Damasco può ridivenire il luogo della conversione, della trasformazione interiore e della grande riconciliazione. Signore guardaci dal Cielo è agisci spinto dalla Misericordia. Tu, l'Amico degli uomini

Questi avvenimenti devono far riflettere tutti gli uomini di buona volontà: un Paese è destabilizzato da insorti che accettano tra le loro fila banditi e terroristi. Essi instaureranno uno Stato di non diritto con conseguenze disastrose e drammatiche per la popolazione civile. Come restare a braccia conserte?

 Centro Cattolico d'Informazione Vox Clamantis Diocesi greco-cattolica di Homs